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Il viaggio

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altamarea
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Viandante Affezionato
Viandante Affezionato
In pochi anni il viaggio si è trasformato. Le nuove tecnologie digitali ci permettono una migliore raccolta di informazioni e migliori strumenti per raccontare. Con lo smartphone possiamo scrivere, fotografare, filmare e registrare i suoni.

Con Google Earth l’ignoto è ad un click di distanza, non c’è più bisogno delle riviste di viaggio che permettevano di scoprire città e luoghi in altre nazioni. Il racconto di viaggio come descrizione è superato.

Ora il viaggio è diventato creativo, il turista non è più un inerte spettatore che accumula informazioni ed immagini nelle memorie digitali, ma cerca di rielaborarle in forme originali.
Già durante il viaggio raccontare i luoghi attraverso la scrittura, la fotografia, il video ci aiuta a comprendere quel che vediamo. E’ uno sforzo di osservazione, di attenzione. L’educazione del nostro sguardo. L’incontro con altri, gli abitanti di una località.

La rappresentazione mentale del viaggio.

Nel testo cinese “Tao Te Ching”  (=Libro della Via e della Virtù”), redatto tra il IV ed il III sec. a.C.  con aforismi, massime e precetti, ci sono anche “detti” riguardanti il viaggio. Uno di questi avverte che:  "Senza uscire dalla porta di casa puoi conoscere il mondo, / senza guardare dalla finestra puoi scorgere il Dao del cielo. / Più si va lontano, meno si conosce. / Per questo il saggio senza viaggiare conosce, / senza vedere nomina, senza agire compie”.

C’è chi pensa che un viaggio per allontanarsi dal luogo in cui si vive possa  giovare psicologicamente se  i motivi delle proprie insoddisfazioni  derivano dall’esterno, dagli altri. Presume che cambiando luoghi e persone possa mutare il proprio stato d’animo.

Un esempio fu Lucilio, un cittadino romano del primo secolo, amico di Seneca. Il giovane scrive a questo filosofo e si dice stupito che i suoi viaggi non gli siano serviti per eliminare la tristezza che lo affligge. Seneca gli risponde:  ‘Lucilio, devi cambiare d’animo, non di cielo’, poi cita Socrate: ‘Perchè ti stupisci se i lunghi viaggi non ti servono, dal momento che porti in giro te stesso?  Il motivo d’insoddisfazione che ti ha spinto al viaggio rimane con te".  A che serve cambiare posto e vedere persone nuove se non curiamo prima i nostri mali?

Questo è il testo della 28/esima epistola di Seneca nelle “Lettere morali a Lucilio”.

“Seneca saluta il suo Lucilio.
Credi che questo sia capitato solo a te e consideri con meraviglia, come situazione strana, il fatto che il lungo viaggio che hai compiuto  e le varietà di luoghi non sei riuscito a ritrovare la serenità.  Devi cambiare d’animo, non di cielo. Puoi anche attraversare il mare,  ‘allontanarti da terre e città’, come dice il nostro Virgilio, ma i tuoi problemi  ti seguiranno ovunque andrai.

Ad un tale che si lamentava di questa stessa cosa Socrate disse, ‘perché ti meravigli che i lunghi viaggi non ti giovano dal momento che porti in giro te stesso? Ti incalza lo stesso motivo che ti ha spinto lontano’.
A cosa può giovare vedere nuove località ?  A che serve conoscere città e luoghi diversi ? La tua ansia è dannosa. Domandi perché la fuga non ti è utile ? Tu fuggi da te stesso. Devi deporre il fardello che grava sul tuo animo, altrimenti non ti piacerà nessun luogo. Ora il tuo stato d’animo è identico a quello della veggente che Virgilio ci presenta sconvolta, stimolata da un pungolo e invasa da uno spirito estraneo: ‘la profetessa si dimena per scacciare dal petto /  il grande dio’.
Tu vai qua e la per scuotere via il peso che ti affligge , e che diventa più fastidioso come conseguenza della tua agitazione; su una nave i pesi ben stabili gravano meno, mentre i carichi che si spostano, rotolano in modo irregolare e immergono rapidamente la fiancata sulla quale gravano.  

Qualunque cosa tu faccia, la fai contro di te e con lo stesso movimento ti arrechi un danno: infatti stai scuotendo un ammalato. Ma quando ti sarai liberato da questo male, qualsiasi cambiamento di località diverrà un piacere. Ti releghino pure nelle terre più lontane, in qualsiasi località in cui ti troverai per forza ad abitare, quella sede, quale che sia, ti sarà ospitale. Più che la meta del tuo viaggio importa lo spirito con cui l’hai raggiunta, pertanto non dobbiamo subordinare il nostro animo ad alcun luogo.
Bisogna vivere con questa convinzione: “Non sono nato per un solo luogo,  la mia patria è l’universo intero”. Se questo concetto ti fosse chiaro non ti meraviglieresti di non trovare alcun conforto nella varietà delle regioni in cui  ti rechi per la noia delle precedenti. Infatti ti sarebbe piaciuta la prima in cui saresti capitato, e poi anche di volta in volta avresti gradito le successive, se avessi considerato ciascuna come interamente tua. Ora non viaggi, ma erri e ti lasci trasportare, passi da una località all’altra, benché ciò che cerchi, il vivere secondo virtù, si trovi in altro luogo.

Ci può essere qualcosa di più caotico del Foro? Eppure persino qui si potrebbe vivere in pace, se questa scelta fosse assolutamente necessaria. Ma se ci fosse consentito di  vivere dove si vuole, io fuggirei anche la vista e le vicinanze del Foro. Infatti, come i luoghi con un clima pestilenziale intaccano  perfino la salute più solida, così anche per una sana disposizione mentale – tuttavia non ancora perfetta e in fase di rinvigorimento – alcune situazioni producono effetti poco salutari.

Non sono d’accordo con quelli che si gettano in mezzo ai marosi e con quelli che, apprezzando una vita agitata,  lottano ogni giorno con grande coraggio contro difficoltà concrete. Il saggio sopporterà questa situazione, non la sceglierà, e preferirà essere in pace piuttosto che in battaglia: non si ricava granché dall’avere liquidato i propri vizi, se poi ci si vede costretti a scontrarsi con quelli degli altri.
‘Trenta tiranni’  tu dici  ‘si piazzarono intorno a Socrate, ma non riuscirono a spezzare il suo animo’. Che importa quanti sono i padroni. La schiavitù è una sola: chi ha saputo disprezzarla è libero, per quanto grande sia lo stuolo dei tiranni.

E’ il momento di finire.  ‘Inizio di salute è la consapevolezza dell’errore commesso’. Mi sembra che Epicuro abbia espresso bene questo pensiero; infatti, chi non sa di sbagliare, non vuole neppure correggersi; conviene dunque che tu capisca il tuo errore per correggerti. Alcuni si vantano dei propri difetti: pensi che abbia in mente qualche rimedio chi annovera i suoi difetti tra le virtù? Per quanto tu puoi, metti te stesso in stato di accusa, inquisisciti, sostieni prima il ruolo di accusatore, poi di giudice, e da ultimo, di difensore. Talvolta sii duro con te stesso. Stammi bene”.
(tratto dalle Epistulae morales ad Lucilium, Liber Tertius, epistula XXVIII, Seneca)

Nelle “Epistole” del poeta romano Orazio c’è questo noto aforisma: “Caelum. non animum mutant qui trans mare currunt”: "non mutano il loro animo, ma solo il cielo (sopra la loro testa) coloro che attraversano il mare" (Quintus Horatius Flaccus: ‘Epistulae’, I, 11, v. 27). Il poeta evidenzia che non si può fuggire da noi stessi;  la serenità psicologica non è acquisibile con un viaggio in mare per andare lontano.

L’aforisma di Orazio lo ripropose in modo simile Seneca: “Animum debes mutare non caelum”, nelle “Epistole a Lucilio”.

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Constantin
Constantin
Viandante Ad Honorem
Viandante Ad Honorem
“Ogni qual volta smettiamo di parlarci di noi e del nostro mondo, il mondo rimane sempre come dovrebbe essere. Con questo nostro dialogo lo rinnoviamo, gli infondiamo vita, lo puntelliamo. Non solo: è mentre parliamo a noi stessi che scegliamo le nostre strade. Ripetiamo quindi le stesse scelte fino al giorno della morte, perché fino a quel giorno continuiamo a ripeterci le stesse cose: un guerriero è consapevole di questo atteggiamento e si sforza di fermare il suo dialogo interiore. Questa è l’ultima cosa che devi sapere se vuoi vivere come un guerriero.”  (C. Castaneda)

Friedrich Nietzsche: filosofo del disincanto e della ricerca. Il suo pensiero esplode come dinamite e i suoi fragori si possono udire ancora oggi, forse perché rimasti ancora inascoltati o forse perché fraintesi e mal interpretati.
Friedrich Nietzsche e la sua scrittura: un viaggio inesauribile e affascinante, nascosto e misterioso a volte, limpido e chiaro altre ancora, un viaggio ai confini tra verità apollinee e misteri dionisiaci, alla ricerca del Senso fondamentale di una storia del tutto speciale, quella dell’uomo.Nietzsche compone molte delle sue opere in aforismi: un pensiero in viaggio non può esprimersi, infatti, se non per tappe brevi e feconde, per strati di esperienze e sensazioni dentro le quali bisogna addentrarsi lentamente, con occhi attenti e orecchio acuto ed allenato ad ascoltare anche i silenzi.
Da viaggiatore egli pretende lettori in grado di mettersi in gioco, capaci di rischiare per vedere ed osservare ciò che per loro lui stesso ha cercato e scoperto, un paesaggio sotterraneo e sconosciuto, accessibile a tutti e a nessuno. Chi viaggia, osserva, ascolta, si inoltra, si perde, diventa così: pretende per sé persone capaci di essere come lui, alla sua altezza, come se esistesse una scontata corrispondenza tra come si viaggia e come si è. Da viaggiatore della parola Nietzsche riesce ad esprimere come nessun altro questo concetto in un aforisma di una sua celebre opera, UMANO TROPPO UMANO II, nell’aforisma dal titolo Viaggiatori e loro gradi:
«Si distinguano i viaggiatori in cinque gradi: quelli del primo e più basso grado sono coloro che viaggiano e vengono visti viaggiare – essi propriamente vengono viaggiati e sono per così dire ciechi; i secondi sono essi a vedere realmente il mondo; i terzi fanno delle esperienze in conseguenza del vedere; i quarti rivivono dentro di sé le esperienze fatte e le portano via con sé; infine ci sono alcuni uomini di massima forza che devono da ultimo necessariamente anche rivivere fuori di sé, in azioni e opere, tutto ciò che hanno visto, dopo averlo sperimentato ed internamente vissuto, non appena siano tornati a casa. Simili a queste cinque categorie di viaggiatori vanno in genere gli uomini tutti per l’intero pellegrinaggio della vita, i più bassi come mere passività, i più elevati come coloro che agiscono e muoiono senza alcun residuo inutilizzato di fatti intimi.»
Potremmo forse affermare una verità contraria a questa? Non è forse vero che ognuno di noi ha occhi diversi per paesaggi all’apparenza identici?
Non è forse vero che ognuno di noi ne coglie diversi colori, particolari nascosti, ne sente profumi e odori, che invece altri non sentono? È proprio vero che ognuno di noi, nel viaggiare,mette in gioco tutta la propria personalità, senza veli, nascondimenti. Così allora il viaggio, per terre, che non conosciamo ci mette a nudo e ci fa sentire diversi o forse semplicemente autentici. Il viaggio, come puro occhio sull’identità, smaschera pregi e difetti di chi ci accompagna, illuminandone all’improvviso tratti del carattere, gesti, modi che prima ignoravamo del tutto.
Il viaggio è un’esperienza per tutti e per nessuno, direbbe Nietzsche.
Tutti possono farsi viaggiatori di terre, di luoghi, pensieri, per pochi o molti giorni, ma quanti sono poi in grado di rimanerlo anche dopo, quando il tempo dell’estraneamento è finito e si torna alla vita normale?
Riusciamo forse ad assaporare ogni giorno come se non fosse scontato, senza lasciarne inutilizzato nessun istante o singolo momento?
***************************************************


Viaggia come ti pare : per divertimento, per conoscenza, per inserirti in qualcosa di diverso, farne parte se ne senti la necessità. Io viaggio per amore, per annusare l'aria che ha un altro sapore, e le stelle se le guardi non sono allo stesso posto e viaggio per i suoni, per le parole che io non ho mai detto ma sento, e i colori di ogni cosa, diversi, come gli occhi o la pelle. Per questo viaggio per sentirmi parte di questo grande progetto che è l'umanità intera. Per aver sempre qualcosa da dirmi e da dire.

(Constantin)

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altamarea
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Viandante Affezionato
Viandante Affezionato
Nel film del 1985 "Ritorno al Futuro" il protagonista immagina di poter considerare il tempo come un continuum e di poter viaggiare in esso avanti e indietro,  di tornare nel passato (dagli anni ‘80 agli anni ‘50) per modificare la propria storia personale e quella dei suoi genitori.

Ma il tempo è solo un utile  strumento concettuale, chiedersi se è possibile viaggiare dentro un artificio non ha senso. Però lo scienziato Ben Tippett, fisico della Columbia University,  dice che da un punto di vista matematico  il viaggio nel tempo è possibile, utilizzando la curvatura spazio-temporale dell'universo per piegare il tempo in un circolo e consentire a dei passeggeri di viaggiare a piacimento.

La teoria della relatività di Einstein teoricamente consente il viaggi nel tempo. Il fisico  Tippett afferma che la quarta dimensione, il tempo, se viene calcolata simultaneamente alle altre tre dimensioni dell’universo (le tre dello spazio: lunghezza, larghezza e profondità) tra spazio e tempo ci sarebbe un continuum che permette alle differenti direzioni di spazio e tempo di essere connesse con la curva dell’universo.

Secondo la teoria di Einstein, gli effetti gravitazionali nel cosmo sarebbero congiunti proprio con la curvatura spaziotemporale, la quale è anche alla base del movimento ellittico dei pianeti e delle stelle: se spazio e tempo fossero piatti e non curvi, i pianeti si muoverebbero su linee dritte.

"Anche la direzione del tempo sulla superficie spazio-temporale mostra una curvatura e questo risulta evidente quando ci avviciniamo a un buco nero, perché il tempo scorre più lentamente lì" spiega Tippett. "Il mio modello di macchina del tempo usa tale curvatura per piegare il tempo in un circolo che ci porti indietro".

Nel 1926 Albert Einstein scrisse un articolo  sullo spazio-tempo, nel quale fra l’altro dice che "Tutti i nostri pensieri ed i concetti vengono richiamati dalle esperienze sensoriali ed hanno un significato solamente in riferimento a tali esperienze correlate ai nostri sensi. D’altra parte, questi sono prodotti dalla spontanea attività della nostra mente; non sempre questi hanno una logica correlazione a queste esperienze legate ai sensi. Se, comunque, noi vogliamo spremere l’essenza di un complesso di nozioni astratte, dobbiamo da un lato investigare le mutue relazioni tra i concetti e le asserzioni che facciamo a loro riguardo; dall’altro dobbiamo investigare come questi concetti siano legati alle esperienze”.

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tiziana
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Viandante Affezionato
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Constantin ha scritto:“Ogni qual volta smettiamo di parlarci di noi e del nostro mondo, il mondo rimane sempre come dovrebbe essere. Con questo nostro dialogo lo rinnoviamo, gli infondiamo vita, lo puntelliamo. Non solo: è mentre parliamo a noi stessi che scegliamo le nostre strade. Ripetiamo quindi le stesse scelte fino al giorno della morte, perché fino a quel giorno continuiamo a ripeterci le stesse cose: un guerriero è consapevole di questo atteggiamento e si sforza di fermare il suo dialogo interiore. Questa è l’ultima cosa che devi sapere se vuoi vivere come un guerriero.”  (C. Castaneda)

Friedrich Nietzsche: filosofo del disincanto e della ricerca. Il suo pensiero esplode come dinamite e i suoi fragori si possono udire ancora oggi, forse perché rimasti ancora inascoltati o forse perché fraintesi e mal interpretati.
Friedrich Nietzsche e la sua scrittura: un viaggio inesauribile e affascinante, nascosto e misterioso a volte, limpido e chiaro altre ancora, un viaggio ai confini tra verità apollinee e misteri dionisiaci, alla ricerca del Senso fondamentale di una storia del tutto speciale, quella dell’uomo.Nietzsche compone molte delle sue opere in aforismi: un pensiero in viaggio non può esprimersi, infatti, se non per tappe brevi e feconde, per strati di esperienze e sensazioni dentro le quali bisogna addentrarsi lentamente, con occhi attenti e orecchio acuto ed allenato ad ascoltare anche i silenzi.
Da viaggiatore egli pretende lettori in grado di mettersi in gioco, capaci di rischiare per vedere ed osservare ciò che per loro lui stesso ha cercato e scoperto, un paesaggio sotterraneo e sconosciuto, accessibile a tutti e a nessuno. Chi viaggia, osserva, ascolta, si inoltra, si perde, diventa così: pretende per sé persone capaci di essere come lui, alla sua altezza, come se esistesse una scontata corrispondenza tra come si viaggia e come si è. Da viaggiatore della parola Nietzsche riesce ad esprimere come nessun altro questo concetto in un aforisma di una sua celebre opera, UMANO TROPPO UMANO II, nell’aforisma dal titolo Viaggiatori e loro gradi:
«Si distinguano i viaggiatori in cinque gradi: quelli del primo e più basso grado sono coloro che viaggiano e vengono visti viaggiare – essi propriamente vengono viaggiati e sono per così dire ciechi; i secondi sono essi a vedere realmente il mondo; i terzi fanno delle esperienze in conseguenza del vedere; i quarti rivivono dentro di sé le esperienze fatte e le portano via con sé; infine ci sono alcuni uomini di massima forza che devono da ultimo necessariamente anche rivivere fuori di sé, in azioni e opere, tutto ciò che hanno visto, dopo averlo sperimentato ed internamente vissuto, non appena siano tornati a casa. Simili a queste cinque categorie di viaggiatori vanno in genere gli uomini tutti per l’intero pellegrinaggio della vita, i più bassi come mere passività, i più elevati come coloro che agiscono e muoiono senza alcun residuo inutilizzato di fatti intimi.»
Potremmo forse affermare una verità contraria a questa? Non è forse vero che ognuno di noi ha occhi diversi per paesaggi all’apparenza identici?
Non è forse vero che ognuno di noi ne coglie diversi colori, particolari nascosti, ne sente profumi e odori, che invece altri non sentono? È proprio vero che ognuno di noi, nel viaggiare,mette in gioco tutta la propria personalità, senza veli, nascondimenti. Così allora il viaggio, per terre, che non conosciamo ci mette a nudo e ci fa sentire diversi o forse semplicemente autentici. Il viaggio, come puro occhio sull’identità, smaschera pregi e difetti di chi ci accompagna, illuminandone all’improvviso tratti del carattere, gesti, modi che prima ignoravamo del tutto.
Il viaggio è un’esperienza per tutti e per nessuno, direbbe Nietzsche.
Tutti possono farsi viaggiatori di terre, di luoghi, pensieri, per pochi o molti giorni, ma quanti sono poi in grado di rimanerlo anche dopo, quando il tempo dell’estraneamento è finito e si torna alla vita normale?
Riusciamo forse ad assaporare ogni giorno come se non fosse scontato, senza lasciarne inutilizzato nessun istante o singolo momento?
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Viaggia come ti pare : per divertimento, per conoscenza, per inserirti in qualcosa di diverso, farne parte se ne senti la necessità. Io viaggio per amore, per annusare l'aria che ha un altro sapore, e le stelle se le guardi non sono allo stesso posto e viaggio per i suoni, per le parole che io non ho mai detto ma sento, e i colori di ogni cosa, diversi, come gli occhi o la pelle. Per questo viaggio per sentirmi parte di questo grande progetto che è l'umanità intera. Per aver sempre qualcosa da dirmi e da dire.

(Constantin)

@ Constantin.
E'difficile commentare tutto ciò che hai scritto, penso che ciascuno si deve collegare a ciò che dice l'utente cui fa riferimento. Una tua frase mi ha colpito, su cui però non sono d'accordo, scrivi;" Quello di Nietzsche è un viaggio ai confini tra verità apollinee e misteri dionisiaci"... E, ma scusa, e che significa? Ma quando mai? Nietzsche ha scritto un bellissimo
libro: La nascita della tragedia, e parla dell'importanza del dionisiaco in essa, inteso come elemento orgiastico, sfrenato, scomposto,
in antitesi quasi con l'apollineo dell'epos ( che significa verità apollinea di cui parli?), inteso come elemento rasserenatore, però non sempre questa suddivisione è possibile. Vediamo spesso che l'epos con i suoi esametri dattilici catalettici ci porta
spesso in un mondo orgiastico e truce, basti pensare alle
pugne sanguinose sotto Ilio, mentre i tetrametri trocaici della
tragedia non sono sempre scomposti, sfrenati, guardiamo l'Agamennone o il Prometeo.
I misteri dionisiaci sono un'altra cosa, chiamati più propriamente Misteri Orfici
in cui un dio, Dioniso, si immola e risuscita al 3^giorno per la salvazione dell'umanità.
Ciao.

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Constantin
Constantin
Viandante Ad Honorem
Viandante Ad Honorem

tiziana ha scritto:
Constantin ha scritto:“Ogni qual volta smettiamo di parlarci di noi e del nostro mondo, il mondo rimane sempre come dovrebbe essere. Con questo nostro dialogo lo rinnoviamo, gli infondiamo vita, lo puntelliamo. Non solo: è mentre parliamo a noi stessi che scegliamo le nostre strade. Ripetiamo quindi le stesse scelte fino al giorno della morte, perché fino a quel giorno continuiamo a ripeterci le stesse cose: un guerriero è consapevole di questo atteggiamento e si sforza di fermare il suo dialogo interiore. Questa è l’ultima cosa che devi sapere se vuoi vivere come un guerriero.”  (C. Castaneda)

Friedrich Nietzsche: filosofo del disincanto e della ricerca. Il suo pensiero esplode come dinamite e i suoi fragori si possono udire ancora oggi, forse perché rimasti ancora inascoltati o forse perché fraintesi e mal interpretati.
Friedrich Nietzsche e la sua scrittura: un viaggio inesauribile e affascinante, nascosto e misterioso a volte, limpido e chiaro altre ancora, un viaggio ai confini tra verità apollinee e misteri dionisiaci, alla ricerca del Senso fondamentale di una storia del tutto speciale, quella dell’uomo.Nietzsche compone molte delle sue opere in aforismi: un pensiero in viaggio non può esprimersi, infatti, se non per tappe brevi e feconde, per strati di esperienze e sensazioni dentro le quali bisogna addentrarsi lentamente, con occhi attenti e orecchio acuto ed allenato ad ascoltare anche i silenzi.
Da viaggiatore egli pretende lettori in grado di mettersi in gioco, capaci di rischiare per vedere ed osservare ciò che per loro lui stesso ha cercato e scoperto, un paesaggio sotterraneo e sconosciuto, accessibile a tutti e a nessuno. Chi viaggia, osserva, ascolta, si inoltra, si perde, diventa così: pretende per sé persone capaci di essere come lui, alla sua altezza, come se esistesse una scontata corrispondenza tra come si viaggia e come si è. Da viaggiatore della parola Nietzsche riesce ad esprimere come nessun altro questo concetto in un aforisma di una sua celebre opera, UMANO TROPPO UMANO II, nell’aforisma dal titolo Viaggiatori e loro gradi:
«Si distinguano i viaggiatori in cinque gradi: quelli del primo e più basso grado sono coloro che viaggiano e vengono visti viaggiare – essi propriamente vengono viaggiati e sono per così dire ciechi; i secondi sono essi a vedere realmente il mondo; i terzi fanno delle esperienze in conseguenza del vedere; i quarti rivivono dentro di sé le esperienze fatte e le portano via con sé; infine ci sono alcuni uomini di massima forza che devono da ultimo necessariamente anche rivivere fuori di sé, in azioni e opere, tutto ciò che hanno visto, dopo averlo sperimentato ed internamente vissuto, non appena siano tornati a casa. Simili a queste cinque categorie di viaggiatori vanno in genere gli uomini tutti per l’intero pellegrinaggio della vita, i più bassi come mere passività, i più elevati come coloro che agiscono e muoiono senza alcun residuo inutilizzato di fatti intimi.»
Potremmo forse affermare una verità contraria a questa? Non è forse vero che ognuno di noi ha occhi diversi per paesaggi all’apparenza identici?
Non è forse vero che ognuno di noi ne coglie diversi colori, particolari nascosti, ne sente profumi e odori, che invece altri non sentono? È proprio vero che ognuno di noi, nel viaggiare,mette in gioco tutta la propria personalità, senza veli, nascondimenti. Così allora il viaggio, per terre, che non conosciamo ci mette a nudo e ci fa sentire diversi o forse semplicemente autentici. Il viaggio, come puro occhio sull’identità, smaschera pregi e difetti di chi ci accompagna, illuminandone all’improvviso tratti del carattere, gesti, modi che prima ignoravamo del tutto.
Il viaggio è un’esperienza per tutti e per nessuno, direbbe Nietzsche.
Tutti possono farsi viaggiatori di terre, di luoghi, pensieri, per pochi o molti giorni, ma quanti sono poi in grado di rimanerlo anche dopo, quando il tempo dell’estraneamento è finito e si torna alla vita normale?
Riusciamo forse ad assaporare ogni giorno come se non fosse scontato, senza lasciarne inutilizzato nessun istante o singolo momento?
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Viaggia come ti pare : per divertimento, per conoscenza, per inserirti in qualcosa di diverso, farne parte se ne senti la necessità. Io viaggio per amore, per annusare l'aria che ha un altro sapore, e le stelle se le guardi non sono allo stesso posto e viaggio per i suoni, per le parole che io non ho mai detto ma sento, e i colori di ogni cosa, diversi, come gli occhi o la pelle. Per questo viaggio per sentirmi parte di questo grande progetto che è l'umanità intera. Per aver sempre qualcosa da dirmi e da dire.

(Constantin)

@ Constantin.
E'difficile commentare tutto ciò che hai scritto, penso che ciascuno si deve collegare a ciò che dice l'utente cui fa riferimento. Una tua frase mi ha colpito, su cui però non sono d'accordo, scrivi;" Quello di Nietzsche è un viaggio ai confini tra verità apollinee e misteri dionisiaci"... E, ma scusa, e che significa? Ma quando mai? Nietzsche ha scritto un bellissimo
libro: La nascita della tragedia, e parla dell'importanza del dionisiaco in essa, inteso come elemento orgiastico, sfrenato, scomposto,
in antitesi quasi con l'apollineo dell'epos ( che significa verità apollinea di cui parli?), inteso come elemento rasserenatore, però non sempre questa suddivisione è possibile. Vediamo spesso che l'epos con i suoi esametri dattilici catalettici ci porta
spesso in un mondo orgiastico e truce, basti pensare alle
pugne sanguinose sotto Ilio, mentre i tetrametri trocaici della
tragedia non sono sempre scomposti, sfrenati, guardiamo l'Agamennone o il Prometeo.
I misteri dionisiaci sono un'altra cosa, chiamati più propriamente Misteri Orfici
in cui un dio, Dioniso, si immola e risuscita al 3^giorno per la salvazione dell'umanità.
Ciao.

Ciao.
Credo che alla fine abbiamo detto le stesse cose. Non capisco perchè tu mi abbia contestato la frase, si parla di viaggio ( ovvio il simbolismo) . C'è qualcosa nell'arte, come nella letteratura e nella natura(per il resto) che ci rassicura e qualcosa che invece ci turba.
Ci rassicura un prato verde pieno di fiori, un cielo terso, ci turba la violenza di una tempesta o l'immobilità di un lago. Ci placa la bellezza di una statua del greco Fidia,  ci sgomenta la condizione umana in Leopardi.
Due sentimenti eterni in perenne lotta: la ricerca dell'ordine e il fascino del caos. Dentro questa lotta abita l'uomo, ci siamo noi. Parlavo di viaggio dentro l'uomo. Il richiamo a Nietzche e al viaggio che è per tutti e per nessuno è indispensabile.
Ordine e disordine... Cerchiamo regole, forme, canoni, ma non cogliamo mai il reale funzionamento del mondo, la vera forma di tutto ciò che è fuori di noi o di ciò che è dentro di noi: è per gli uomini un eterno mistero, l'incapacità di risolvere questo mistero ci costringe a oscillare viaggiando tra la ricerca di un'armonia impossibile e l'abbandono al caos.
E quando ci accorgiamo del divario che c'è tra noi e il mondo, tra noi e noi, tra noi e un qualsiasi dio, allora scopriamo che possiamo ancora provare stupore, che possiamo gettare uno sguardo attorno a noi come se fossimo capaci di vedere per la prima volta.

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tiziana
tiziana
Viandante Affezionato
Viandante Affezionato

Constantin ha scritto:
tiziana ha scritto:
Constantin ha scritto:“Ogni qual volta smettiamo di parlarci di noi e del nostro mondo, il mondo rimane sempre come dovrebbe essere. Con questo nostro dialogo lo rinnoviamo, gli infondiamo vita, lo puntelliamo. Non solo: è mentre parliamo a noi stessi che scegliamo le nostre strade. Ripetiamo quindi le stesse scelte fino al giorno della morte, perché fino a quel giorno continuiamo a ripeterci le stesse cose: un guerriero è consapevole di questo atteggiamento e si sforza di fermare il suo dialogo interiore. Questa è l’ultima cosa che devi sapere se vuoi vivere come un guerriero.”  (C. Castaneda)

Friedrich Nietzsche: filosofo del disincanto e della ricerca. Il suo pensiero esplode come dinamite e i suoi fragori si possono udire ancora oggi, forse perché rimasti ancora inascoltati o forse perché fraintesi e mal interpretati.
Friedrich Nietzsche e la sua scrittura: un viaggio inesauribile e affascinante, nascosto e misterioso a volte, limpido e chiaro altre ancora, un viaggio ai confini tra verità apollinee e misteri dionisiaci, alla ricerca del Senso fondamentale di una storia del tutto speciale, quella dell’uomo.Nietzsche compone molte delle sue opere in aforismi: un pensiero in viaggio non può esprimersi, infatti, se non per tappe brevi e feconde, per strati di esperienze e sensazioni dentro le quali bisogna addentrarsi lentamente, con occhi attenti e orecchio acuto ed allenato ad ascoltare anche i silenzi.
Da viaggiatore egli pretende lettori in grado di mettersi in gioco, capaci di rischiare per vedere ed osservare ciò che per loro lui stesso ha cercato e scoperto, un paesaggio sotterraneo e sconosciuto, accessibile a tutti e a nessuno. Chi viaggia, osserva, ascolta, si inoltra, si perde, diventa così: pretende per sé persone capaci di essere come lui, alla sua altezza, come se esistesse una scontata corrispondenza tra come si viaggia e come si è. Da viaggiatore della parola Nietzsche riesce ad esprimere come nessun altro questo concetto in un aforisma di una sua celebre opera, UMANO TROPPO UMANO II, nell’aforisma dal titolo Viaggiatori e loro gradi:
«Si distinguano i viaggiatori in cinque gradi: quelli del primo e più basso grado sono coloro che viaggiano e vengono visti viaggiare – essi propriamente vengono viaggiati e sono per così dire ciechi; i secondi sono essi a vedere realmente il mondo; i terzi fanno delle esperienze in conseguenza del vedere; i quarti rivivono dentro di sé le esperienze fatte e le portano via con sé; infine ci sono alcuni uomini di massima forza che devono da ultimo necessariamente anche rivivere fuori di sé, in azioni e opere, tutto ciò che hanno visto, dopo averlo sperimentato ed internamente vissuto, non appena siano tornati a casa. Simili a queste cinque categorie di viaggiatori vanno in genere gli uomini tutti per l’intero pellegrinaggio della vita, i più bassi come mere passività, i più elevati come coloro che agiscono e muoiono senza alcun residuo inutilizzato di fatti intimi.»
Potremmo forse affermare una verità contraria a questa? Non è forse vero che ognuno di noi ha occhi diversi per paesaggi all’apparenza identici?
Non è forse vero che ognuno di noi ne coglie diversi colori, particolari nascosti, ne sente profumi e odori, che invece altri non sentono? È proprio vero che ognuno di noi, nel viaggiare,mette in gioco tutta la propria personalità, senza veli, nascondimenti. Così allora il viaggio, per terre, che non conosciamo ci mette a nudo e ci fa sentire diversi o forse semplicemente autentici. Il viaggio, come puro occhio sull’identità, smaschera pregi e difetti di chi ci accompagna, illuminandone all’improvviso tratti del carattere, gesti, modi che prima ignoravamo del tutto.
Il viaggio è un’esperienza per tutti e per nessuno, direbbe Nietzsche.
Tutti possono farsi viaggiatori di terre, di luoghi, pensieri, per pochi o molti giorni, ma quanti sono poi in grado di rimanerlo anche dopo, quando il tempo dell’estraneamento è finito e si torna alla vita normale?
Riusciamo forse ad assaporare ogni giorno come se non fosse scontato, senza lasciarne inutilizzato nessun istante o singolo momento?
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Viaggia come ti pare : per divertimento, per conoscenza, per inserirti in qualcosa di diverso, farne parte se ne senti la necessità. Io viaggio per amore, per annusare l'aria che ha un altro sapore, e le stelle se le guardi non sono allo stesso posto e viaggio per i suoni, per le parole che io non ho mai detto ma sento, e i colori di ogni cosa, diversi, come gli occhi o la pelle. Per questo viaggio per sentirmi parte di questo grande progetto che è l'umanità intera. Per aver sempre qualcosa da dirmi e da dire.

(Constantin)

@ Constantin.
E'difficile commentare tutto ciò che hai scritto, penso che ciascuno si deve collegare a ciò che dice l'utente cui fa riferimento. Una tua frase mi ha colpito, su cui però non sono d'accordo, scrivi;" Quello di Nietzsche è un viaggio ai confini tra verità apollinee e misteri dionisiaci"... E, ma scusa, e che significa? Ma quando mai? Nietzsche ha scritto un bellissimo
libro: La nascita della tragedia, e parla dell'importanza del dionisiaco in essa, inteso come elemento orgiastico, sfrenato, scomposto,
in antitesi quasi con l'apollineo dell'epos ( che significa verità apollinea di cui parli?), inteso come elemento rasserenatore, però non sempre questa suddivisione è possibile. Vediamo spesso che l'epos con i suoi esametri dattilici catalettici ci porta
spesso in un mondo orgiastico e truce, basti pensare alle
pugne sanguinose sotto Ilio, mentre i tetrametri trocaici della
tragedia non sono sempre scomposti, sfrenati, guardiamo l'Agamennone o il Prometeo.
I misteri dionisiaci sono un'altra cosa, chiamati più propriamente Misteri Orfici
in cui un dio, Dioniso, si immola e risuscita al 3^giorno per la salvazione dell'umanità.
Ciao.

Ciao.
Credo che alla fine abbiamo detto le stesse cose. Non capisco perchè tu mi abbia contestato la frase, si parla di viaggio ( ovvio il simbolismo) . C'è qualcosa nell'arte, come nella letteratura e nella natura(per il resto) che ci rassicura e qualcosa che invece ci turba.
Ci rassicura un prato verde pieno di fiori, un cielo terso, ci turba la violenza di una tempesta o l'immobilità di un lago. Ci placa la bellezza di una statua del greco Fidia,  ci sgomenta la condizione umana in Leopardi.
Due sentimenti eterni in perenne lotta: la ricerca dell'ordine e il fascino del caos. Dentro questa lotta abita l'uomo, ci siamo noi. Parlavo di viaggio dentro l'uomo. Il richiamo a Nietzche e al viaggio che è per tutti e per nessuno è indispensabile.
Ordine e disordine... Cerchiamo regole, forme, canoni, ma non cogliamo mai il reale funzionamento del mondo, la vera forma di tutto ciò che è fuori di noi o di ciò che è dentro di noi: è per gli uomini un eterno mistero, l'incapacità di risolvere questo mistero ci costringe a oscillare viaggiando tra la ricerca di un'armonia impossibile e l'abbandono al caos.
E quando ci accorgiamo del divario che c'è tra noi e il mondo, tra noi e noi, tra noi e un qualsiasi dio, allora scopriamo che possiamo ancora provare stupore, che possiamo gettare uno sguardo attorno a noi come se fossimo capaci di vedere per la prima volta.

@ Ciao, Constantin.

E' da un po' che volevo replicare ma poi Altamarea mi
ha assorbito con le sue discussioni.
Io ti ho contestato soprattutto gli aggettivi che hai usato,
e cioè hai detto che Nietzsche ci propone un viaggio
ai confini "tra verità apollinee e misteri dionisiaci", e io ho detto
che non è vero. Se poi parliamo di ordine e caos che c'entra
Nietzsche, qualsiasi autore può darci sia l'uno cjhe l'altro, o alcuni più
l'uno che l' altro.
Ti dicevo che l'apollineo non è" una verità", e che significa? Tutt'al più
è rasserenatore, e il dionisiaco non è sempre un" mistero".
Ti ho ricordato che i Misteri Orfici o Dionisiaci ( Orfeo è sacerdote di Dioniso)
sono un'altra cosa, certo, si sa che nelle feste chiamate Dionisie ( le Grandi Dionisie
e le piccole Dionisie) in onore di Dioniso, le menadi si dimenavano in modo orgiastico dopo aver
ingerito parti di un toro ucciso, che simboleggava Dioniso fatto a pezzi dai Titani,
ma di cio'non parla Nietzsche nei suoi libri e nè nella Nascita della tragedia, non c'entra il mistero dionisiaco, ma solo la natura orgiastica del dionisiaco.

Strano questo Dioniso, ultimo dio giunto nell'empireo dalla Tracia, sostituendo una vecchia dea, Estia, tutrice del focolare, e che è sia protettore dei medici ( giuro su Apollo Medico, si diceva un tempo nel vecchio Giuramento d'Ippocrate), sia delle arti, presiede le Muse, è sul Parnaso, è dio del vino e alla fine muore e s'immola per la salvazione dell'umanita e risuscita il 3^ giorno.

Nietzsche è importante per la sua teoria del superuomo, che non è una novità, è una sintesi dell'aretè greca e della virtus aristocratica romana, che erano nate dagli ideali scipionici portatori
dell'humanitas universale.
Ciao.

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Constantin
Constantin
Viandante Ad Honorem
Viandante Ad Honorem
"Abbiamo lasciato la terra e ci siamo imbarcati. Abbiamo bruciato i ponti alle nostre spalle; anzi ci siamo spinti oltre e abbiamo distrutto la terra alle nostre spalle.
Ora, piccola nave, attenta! Al tuo fianco c'è l'oceano: sicuramente, non sempre ruggisce, e talora si distende come seta e oro e sogni di benevolenza.
Ma verranno ore nelle quali ti renderai conto che è infinito e che non esiste nulla di più terribile dell'infinito!
Oh... il povero uccello che si credeva libero e ora sbatte contro le pareti di questa gabbia!
Sciagura, quando provi nostalgia per la terra come se avesse offerto maggiore "libertà", e non esiste più alcuna "terra". "
F. Nietzsche (Nell'orizzonte dell'Infinito - La gaia scienza).

tiziana ha scritto: Se poi parliamo di ordine e caos che c'entra
Nietzsche, qualsiasi autore può darci sia l'uno cjhe l'altro, o alcuni più
l'uno che l' altro.

Nietzsche c'entra sempre, perchè nessuno è mai stato come lui, grande come lui, voglio dire. E un'occasione per riferire un suo pensiero, un frammento della sua idea universale, costantemente si concretizza.

"Il mio tempo non è ancora venuto; alcuni nascono postumi."

Il suo viaggio non è mai finito.

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