André guardò lo scultore allontanarsi, barcollante come ubriaco o stordito.
Naturalmente in Anversa si seppe quanto avveniva nel cantiere della cattedrale, e tutta la gente andò a vedere
.... al cantiere si lavorava anche di notte, adesso, alla luce delle fiaccole, e tutti correvano muti, ma pieni di frenetica attività.
La gente si accalcava intorno alla piazza in silenzio, ma gli occhi che seguivano André erano pieni di rimprovero, qualche mormorio, talvolta anche minaccioso, sorgeva dalla folla accalcata.
André lo udì, si volse a guardare quella gente che aveva il coraggio di giudicarlo, forse di biasimarlo, mentre era lui, e lui solo, che aveva questo diritto, perchè era un uomo superiore agli altri. Ma prima o poi si sarebbe vendicato.
Strinse la chiave in pugno, e camminò deciso verso quella folla che lo guardava con occhi torvi.
:- Avanti schiavi! - gridò- Animo, al lavoro e bando alle infingardaggini. Vi sono Massi da trasportare, pietre da squadrare, cemento da impastare. Muovetevi fannulloni!
La sua voce vibrava come una sferza e la gente, senza nemmeno tentare di resistere, ubbidì soggiogata.Ad uno ad uno tutti si diressero verso secchi di calcina, verso le travi, verso le pietre, che per magia sembravano mai finire. La nuova folla si unì agli altri, ora uomini, donne, vecchi e fanciulli, nessuno risparmiato.
La casa di Dio continuò a crescere ad innalzarsi nel silenzio, nella tristezza, con fatica di tanta gente che non sapeva più accompagnare il suo lavoro con la preghiera.
Josse tornò dal venerato vescovo Hubert. :- Padre, - gli disse- La nostra città va in rovina. Tutti lavorano alla cattedrale, e nessun fornaio più cuoce il pane, nessun mercante apre bottega, nessun avvocato discute in tribunale, nessun maestro sale in cattedra.
Anversa sembra una città morta
e, forse morirà davvero. se tu non provvedi...
Il vescovo sospirò...
:- Non posso far niente da solo- disse il vescovo- se non mi aiuta Dio prima di tutto e poi anche tu devi chiedere al Cielo di aiutarti, che ti ispiri il modo per aiutare André; per conto mio farò quanto posso per salvare la città.
E infatti la sera dopo, mentre centinaia di fiaccole e di falò illuminavano la chiesa in costruzione, tra l'andare e venire dei frenetici, muti, automi, ecco apparire in lontananza una ghirlanda di stelline d'oro che erano invece ceri accesi; in mezzo c'era il vescovo vestito dei suoi paramenti, maestoso sotto la mitria d'oro
Stringeva in mano il pastorale e l'aspersorio e avanzò sicuro tra la folla dei poveri cittadini che lavoravano e mostrarono di non riconoscerlo.
:- Non temi il Signore, André?- chiese quando giunse davanti al giovane, il quale si era arrestato sogghignando.:- non sai che la superbia è soltanto diabolica? Come puoi tu, uomo, arrogarti il diritto di rendere tuoi schiavi e tuoi servi gli altri uomini?
Ma André rispose in tono di scherno:- Come osi condannarmi, e condannare l'opera mia? Dovresti ringraziarmi, invece perchè io sto creando la cattedrale più bella del mondo
. Tutti entreranno a pregare in questa chiesa, e anche tu, vescovo.
:-No, sciagurato! Non potrai mai comandare a Dio. Nessuno entrerà mai in questa chiesa a pregare, perchè questa non sarà mai una chiesa.- André posò una mano sulla chiave sotto il giustacuore.
:-cosa vuoi dire vescovo?- chiese sospettoso.
:-Questa non sarà mai una chiesa- Ripetè Hubert con fermezza- perchè io non la consacrerò mai.
Andrè trasalì. Gli balenò alla mente un nuovo pensiero. Era vero: senza la benedizione del Signore, quella chiesa non sarebbe mai stata una chiesa, Esisteva dunque una forza superiore alla sua, una forza che gli sfuggiva e che egli non avrebbe mai potuto dominare, nonostante la chiave che gli pendeva al collo.
:- Non mi fai paura, Vescovo! - gridò pieno di rabbia.
Ma in quel momento Hubert sollevò l'aspersorio, vi immerse le dita e tracciò sul cantiere e sugli schiavi un gran croce.
Come per incanto gli occhi di tutti parvero rianimarsi, quasi si destassero da un lungo e torbido sogno; i falò accesi diedero un ultimo guizzo e si spensero, cos' fecero le torce infisse ai muri un pò ovunque. Nel cielo risplendette la luna, e a quella luce la folla gettò un urlo di gioia.
Poi tutti cominciarono a correre verso le proprie case, spingendosi, affrettandosi con grida di felicità. Tornavano alle loro famiglie, ai loro focolari, al loro umile lavoro che li aveva resi felici sino a quel giorno. Su tutte le labbra rifiorirono il sorriso, i canti, le preghiere. Il vescovo seguì sorridendo la folla che scappava come impazzita, e André rimase solo.
Si era rifugiato nella cella campanaria, il luogo più lontano e isolato, come sopraffatto da un ignoto terrore.
Una forza superiore alla sua gli aveva impedito di lanciarsi contro il vescovo, come forse avrebbe voluto.
Quando lo vide allontanarsi dalla torre fra le grida della folla esultante ebbe un sospiro di sollievo; poi piano piano discese la scaletta della torre, fu nuovamente nella navata
centrale, con la volta non ancora finita. In un angolo a mucchi gli attrezzi di lavoro, buttati e precipitosamente abbandonati: pile di mattoni, secchi rovesciati, pialle e cazzuole, martelli, torce spente; c'era un gran silenzio intorno, un'immobilità di morte
e buio, troppo buio...
Si lanciò come un forsennato, gli abiti strappati, senza cappello, senza guanti, verso l'unica torcia che ancora fiammeggiava, conficcata nel suo supporto. L'afferrò e con quella riaccese tutte le altre torce e tutti i falò, anche il più piccolo fuoco: ben presto il luogo fu pieno di luce, animato da ombre tremolanti al chiarore improvviso delle vampate. Ma non c'era il movimento consueto, non c'erano gli uomini. E senza uomini da dominare André non era più un dominatore.
Ma gli restava la chiave magica, la chiave infernale che bruciava sul duo petto come fuoco e lo gelava come ghiaccio.
Stringendola furiosamente, corse per le strade di Anversa
gridando :- Popolo! non puoi sottrarti al mio dominio. Sei condannato a ubbidire, come io sono condannato a comandare: Ritornate al lavoro, ritornate alla cattedrale o guai a voi!
A quelle tremende parole gli usci di tutte le case si socchiusero e le persone a testa china ne uscirono, avviliti e ammutoliti dirigendosi verso il cantiere fiammeggiante.
L'attività frenetica ricominciò.
André continuò la sua strada. Come per istinto, svolto di vicolo in vicolo finchè raggiunse una casa dove era stato umile ma molto più felice di adesso: la sua casa.
Sulla soglia lo aspettava una figura materna che scrutava qua e là ansiosamente. Marguerite, scorgendolo lanciò un grido di gioia.
:-André, bambino mio, finalmente! Entra, mangia e poi riposati:
A quella voce dolce come quella di sua madre e che quasi induceva ad un placido sonno con il suo semplice suono, André non seppe resistere.
Una dolcezza squisita, dimenticata a cui sarebbe stato delizioso abbandonarsi un'ultima volta lo invase.
Entrò dietro Margherite e fu felice di sedersi a tavola davanti ad un bel piatto di minestra calda, di cambiarsi d'abito, calzare le pantofole pronte davanti al focolare; fu felice di distendersi più tardi nel letto
fra le lenzuola profumate, e di chiudere gli occhi avendo accanto la vecchia Marguerite che lo vegliava infondendogli un senso di pace e di sicurezza.
Più tardi nella sala da pranzo Marguerite disse a Josse: -Ragazzo mio io ho ottenuto senza mio merito, questo miracolo. André è nel suo letto e dorme come un bambino, mentre tutta la popolazione di Anversa lavora freneticamente alla cattedrale: adesso fà tu ciò che devi fare.-
Josse si alzò di scatto, ma non aveva la minima idea di cosa dovesse fare!?!...
Poi ricordò la raccomandazione del vecchio Hubert, ... "tieni sempre sotto controllo tuo fratello!" e allora capì. Allora capì cosa doveva fare...
Entrò in camera di André e lo vide addormentato placidamente.Gli aprì la camicia sul petto e vide subito la maledetta chiave appesa alla catenella, Una chiave tutta d'oro; che scottava, ma Josse la staccò dalla catenella
e se la mise in tasca. Poi uscì a precipizio...