Nell’ambito della geometria il prisma è un poliedro limitato da due poligoni uguali e paralleli (basi) e da tanti parallelogrammi (facce laterali) quanti sono i lati del poligono di base.
Ma il prisma è anche simbolo ed immagine della società globalizzata, della complessità sociale, che implica una fitta rete di interdipendenze e interconnessioni, una sorta di processo di omogeneizzazione che unisce le società del mondo in un "villaggio globale", un sistema diffuso che produce un'economia su scala mondiale, una cultura transnazionale e movimenti internazionali.
Viviamo e agiamo nel “villaggio globale”, non solo dal punto di vista economico, finanziario, della comunicazione e dell'informazione, la globalizzazione influisce anche nell’ambito culturale, sociale, politico e religioso.
Nella società contemporanea la religione deve confrontarsi con i processi di laicità e globalizzazione.
Il processo di laicità induce il progressivo emanciparsi dei valori, della cultura, e della società dal controllo delle istituzioni ecclesiastiche;
la globalizzazione, invece, causa il crollo di barriere identitarie e la riduzione delle distanze tra i popoli, permette l'incontro tra religioni e culture diverse che convivono anche nello stesso luogo.
I cambiamenti producono la riorganizzazione dell’esperienza soggettiva, ma nell’individuo permane sempre il bisogno di un orizzonte ultimo, assoluto, capace di unificare i frammenti del tempo e dell’opera umana in un disegno in grado di motivare la passione e l’impegno.
Tutti abbiamo bisogno di dare un senso alla nostra vita, a ciò che siamo, a ciò che facciamo, e se si sommano i significati possibili di tutte le scelte e le azioni vissute senza unificarli in un senso ultimo, la domanda resta inappagata.
Credenti e non credenti sono sullo stesso cammino, nonostante le solite ripartizioni tra fede e ragione, religione e laicità. Infatti gli interrogativi che da sempre assillano l’individuo sono: il significato della vita, della morte, del dolore, la speranza, il bisogno d’amore.
La sofferenza è l’esperienza umana universale, da cui nasce l’urgenza di scorgere la meta dell’orizzonte ultimo.
Ai credenti Dio si offre al dolore come Volto che spezza la catena dell’eterno ritorno e restituisce dignità alla fatica di vivere, motivando il giudizio su quanto facciamo, l’apprezzamento del bene e il rifiuto del male.
Agli agnostici quel Dio lontano o inesistente li induce sospendere il giudizio su di lui per l’impossibilità di conoscere la verità sulla sua esistenza. Ma gli agnostici non sono necessariamente indifferenti al problema della fede e all’attività spirituale o religiosa.
Agli atei l’inesistenza di una divinità non crea problemi. Cercano in loro stessi la forza di vivere, senza preoccuparsi di ciò che accade dopo la morte, perché sono convinti che dopo il trapasso c’è il nulla.
Se è il dolore a porre la domanda sull’esistenza di Dio, non di meno è l’amore l’esperienza vitale che dà valore alla vita.
Unicamente amando acquista significato la fatica dei giorni.
Nasce all’amore solo chi si sente amato. Il neonato cerca un volto amoroso, materno – paterno, capace di accogliere, custodire.
Siamo mendicanti di amore e ci realizziamo sentendoci amati e imparando ad amare.
Ma il prisma è anche simbolo ed immagine della società globalizzata, della complessità sociale, che implica una fitta rete di interdipendenze e interconnessioni, una sorta di processo di omogeneizzazione che unisce le società del mondo in un "villaggio globale", un sistema diffuso che produce un'economia su scala mondiale, una cultura transnazionale e movimenti internazionali.
Viviamo e agiamo nel “villaggio globale”, non solo dal punto di vista economico, finanziario, della comunicazione e dell'informazione, la globalizzazione influisce anche nell’ambito culturale, sociale, politico e religioso.
Nella società contemporanea la religione deve confrontarsi con i processi di laicità e globalizzazione.
Il processo di laicità induce il progressivo emanciparsi dei valori, della cultura, e della società dal controllo delle istituzioni ecclesiastiche;
la globalizzazione, invece, causa il crollo di barriere identitarie e la riduzione delle distanze tra i popoli, permette l'incontro tra religioni e culture diverse che convivono anche nello stesso luogo.
I cambiamenti producono la riorganizzazione dell’esperienza soggettiva, ma nell’individuo permane sempre il bisogno di un orizzonte ultimo, assoluto, capace di unificare i frammenti del tempo e dell’opera umana in un disegno in grado di motivare la passione e l’impegno.
Tutti abbiamo bisogno di dare un senso alla nostra vita, a ciò che siamo, a ciò che facciamo, e se si sommano i significati possibili di tutte le scelte e le azioni vissute senza unificarli in un senso ultimo, la domanda resta inappagata.
Credenti e non credenti sono sullo stesso cammino, nonostante le solite ripartizioni tra fede e ragione, religione e laicità. Infatti gli interrogativi che da sempre assillano l’individuo sono: il significato della vita, della morte, del dolore, la speranza, il bisogno d’amore.
La sofferenza è l’esperienza umana universale, da cui nasce l’urgenza di scorgere la meta dell’orizzonte ultimo.
Ai credenti Dio si offre al dolore come Volto che spezza la catena dell’eterno ritorno e restituisce dignità alla fatica di vivere, motivando il giudizio su quanto facciamo, l’apprezzamento del bene e il rifiuto del male.
Agli agnostici quel Dio lontano o inesistente li induce sospendere il giudizio su di lui per l’impossibilità di conoscere la verità sulla sua esistenza. Ma gli agnostici non sono necessariamente indifferenti al problema della fede e all’attività spirituale o religiosa.
Agli atei l’inesistenza di una divinità non crea problemi. Cercano in loro stessi la forza di vivere, senza preoccuparsi di ciò che accade dopo la morte, perché sono convinti che dopo il trapasso c’è il nulla.
Se è il dolore a porre la domanda sull’esistenza di Dio, non di meno è l’amore l’esperienza vitale che dà valore alla vita.
Unicamente amando acquista significato la fatica dei giorni.
Nasce all’amore solo chi si sente amato. Il neonato cerca un volto amoroso, materno – paterno, capace di accogliere, custodire.
Siamo mendicanti di amore e ci realizziamo sentendoci amati e imparando ad amare.