Ognuno di noi vedrà quindi in questi miti qualcosa, che parla di se stesso
e tutto sarà vero e falso insieme, tutto sarà presente per chi vorrà coglierlo.
Queste sono le immagini, il linguaggio della parte più segreta di noi.
Per questo le considero come di cristallo tra i mondi...
Simposio …. 3 racconti dell’amore
Il Medico dice che l’amore consiste in un “riempimento/svuotamento” d’organi finalizzati al mantenimento dell’equilibrio (Krasis).
Il Poeta tira in ballo gli Androgini. In poche parole, oggi siamo mezze mele… ma un tempo eravamo mele intere. Eravamo completi, sia uomini che donne… e quindi tanto felici da suscitare l’invidia degli Dei che pensarono bene di dividerci per sempre. Da allora tutti noi cercheremmo la nostra meta e l’amore consisterebbe in questo.
Socrate racconta invece la storia di Poros e Penia. Penia era la Dea della Mancanza e non a caso mancava di tutto. Era un cesso di donna, nemmeno giovane o intelligente. Per questo nessuno tra gli Dei la considerava o invitava ai banchetti sull’Olimpo… a quanto pare molto esclusivi. Poros invece era il Dio dell’Espediente, capace di procurarsi tutto ciò che voleva. Una notte di festa nell’Olimpo dei privilegiati. Mentre Poros ciocco perso scende a valle incrocia Penia che aspettava sul pendio che le tirassero qualche cosa. Penia si innamora di Poros perché ha ciò che le manca e approfitta di lui. Dal rocambolesco amplesso, nasce Eros: come la madre perennemente affamato e scalzo ma come il padre capace di procurarsi ciò che vuole in ogni modo.
A me colpisce il mito di Poros e Penia, perchè penso che l'amore sia esattamente questo e che in questo consista la difficoltà di goderne.
Apollo e Dafne
Il mito di Dafne ha come prologo l'uccisione da parte del dio Apollo del serpente Pitone. Fiero di sé il dio del Sole si vantò della sua impresa con il dio dell'Amore Cupido, schernendolo per il fatto che le sue armi, arco e frecce, non sembravano adatte a lui. Cupido, deciso a vendicarsi, colpì il dio con una freccia d’oro, in grado di far innamorare alla follia dei e mortali della prima persona su cui avessero posato gli occhi dopo il colpo, e la ninfa Dafne, di cui Apollo si era invaghito, con una freccia di piombo che faceva rifuggire l'amore. La ninfa colpita dalla freccia di piombo appena vide Apollo cominciò a fuggire. Apollo iniziò allora ad inseguirla, finché non giunse presso il fiume Peneo, pregando il padre di aiutarla (o secondo altre varianti la ninfa si rivolse alla Terra). Dafne si trasformò così in un albero d’alloro. Il dio, ormai impotente, decise di rendere questa pianta sempreverde e di considerarla a lui sacra e a rappresentare un segno di gloria da porre sul capo dei migliori fra gli uomini, capaci d'imprese esaltanti.
Questo mito mi irrita.
E' il mito che racconta della capacità di desiderare esclusivamente ciò che non si ha.
Descrive un desiderio egoistico ed incapace di crescere.
Narciso ed Eco
Eco era una ninfa che riusciva ad incantare con la parola. Zeus se ne avvaleva per distrarre Giunone e poterla così tradire con le altre ninfe. Ma Giunone, scoperto l'inganno, punisce Eco togliendole la possibilità di parlare autonomamente: ella può adesso solo riferire le parole che gli altri pronunciano.
Poi accade che Eco, addolorata per essere stata respinta da Narciso, piange fino a rinsecchirsi e a ridursi a un sasso in prossimità di uno specchio d'acqua. Narciso si trova a passare vicino a questo specchio d'acqua e vede la propria immagine riflessa. Se ne innamora perdutamente. A questo punto egli urla il proprio dolore e la propria infelicità per l'impossibilità di realizzare l'amore nei confronti della propria immagine riflessa. E lei che vorrebbe urlargli il suo amore, può solo urlagli le ultime parole che lui pronuncia. Narciso così muore nel tentativo di abbracciare se stesso riflesso, sordo o al massimo infastidito da quell'eco senza senso.
Parla di un coglione e di una demente. Mi ci riconosco abbastanza.
Orfeo ed Euridice
Orfeo, era poeta e musicista eccezionale, tanto che lo stesso Apollo divenne suo fans e gli regalò una lira.
Ogni creature amava Orfeo ed era incantata dalla sua musica e dalla sua poesia ma Orfeo aveva occhi solo per una donna: Euridice, figlia di Nereo e di Doride che divenne sua sposa. Il destino però non aveva previsto per loro un amore duraturo infatti un giorno la bellezza di Euridice fece ardere il cuore di Aristeo che si innamorò di lei e cercò di sedurla. La fanciulla per sfuggire alle sue insistenze si mise a correre ma ebbe la sfortuna di calpestare un serpente nascosto nell'erba che la morsicò, provocandone la morte istantanea.
Orfeo, impazzito dal dolore e non riuscendo a concepire la propria vita senza la sua sposa decise di scendere nell'Ade per cercare di strapparla dal regno dei morti. Convinse con la sua musica Caronte a traghettarlo sull'altra riva dello Stige; il cane Cerbero ed i giudici dei morti a farlo passare e nonostante fosse circondato da anime dannate che tentavano in tutti i modi di ghermirlo, riuscì a giungere alla presenza di Ade e Persefone. Una volta giunto al loro cospetto, Orfeo iniziò a suonare e a cantare la sua disperazione e solitudine e le sue melodie erano così piene di dolore e di disperazione che gli stessi signori degli inferi si commossero.
Fu così che fu concesso ad Orfeo di ricondurre Euridice nel regno dei vivi a condizione che durante il viaggio verso la terra la precedesse e non si voltasse a guardarla fino a quando non fossero giunti alla luce del sole.
Orfeo, presa così per mano la sua sposa iniziò il suo cammino verso la luce.
Durante il viaggio, un sospetto cominciò a farsi strada nella sua mente pensando di condurre per mano un'ombra e non Euridice. Dimenticando così la promessa fatta si voltò a guardarla ma nello stesso istante in cui i suoi occhi si posarono sul suo volto Euridice svanì, ed Orfeo assistette impotente alla sua morte per la seconda volta.
Invano Orfeo per sette giorni cercò di convincere Caronte a condurlo nuovamente alla presenza del signore degli inferi ma questi per tutta risposta lo ricacciò alla luce della vita.
E' la figura dell'amore infelice per eccellenza... dove infondo uno dei due è interamente oggetto ( amato) e l'altro amante.....
molto bello, ma infondo non è mai esistito se non nei sogni dell'amante
Amore e Psiche
Psiche è la più giovane di tre sorelle, figlie di un re, ella è venerata per la sua bellezza, le genti accorrono per vederla, le recano offerte, paragonando la sua terrena bellezza a quella della dea Venere. La divinità della bellezza, invidiosa, incarica il figlio, Amore, di suscitare amore nella fanciulla verso un uomo vile che non la ricambi. Psiche è molto triste, viene adorata e trattata come una dea, la sua bellezza è apprezzata in ogni dove ed è ammirata come fosse una splendida statua, ma nessun uomo chiede la sua mano. La giovane ne è addolorata ed il padre, vedendola scontenta, decide di interrogare l’oracolo di Mileto e, con preghiere e sacrifici, chiede al dio un matrimonio felice per la figlia. Nel responso della divinità, al re viene consigliato di portare la bella figlia in cima ad una rupe, perché si congiunga poi ad un mostro, temuto addirittura da Giove. Psiche viene quindi ornata come se dovesse prendere parte ad onoranze funebri e viene condotta su un colle. Il padre e le sorelle, addolorati, fanno ritorno, piangenti per l’indegna sorte della ragazza. Psiche, sconfortata e sola sul colle, viene sospinta dal lieve alito di vento che Zefiro le offre per trovare la giusta via. Psiche giunge in uno splendido palazzo, invaso da luce che fa luccicare i muri d’oro e comprende di trovarsi in un luogo divino, solo un dio poteva essere capace di tanta magnificenza. La giovane viene accolta da misteriose voci che la guidano e la servono, le mostrano la sua nuova dimora, mentre durante la notte, ella può congiungersi con il suo sconosciuto amante di cui ancora non conosce l’identità, e se ne innamora. Psiche riesce a convincere Amore, questo il nome del compagno, a far giungere le due sorelle nel suo palazzo, ma queste, cariche d’invidia verso la sorella fortunata, la inducono a chiedere al marito di farsi vedere alla luce, cosa che non le era concessa date le sue divine sembianze. Le invidiose sorelle convincono Psiche a credere che Amore sia un mostro, così, su loro consiglio, tenta di ucciderlo nella notte. Servendosi di una lampada ad olio per fare luce, rimane folgorata dalla bellezza del Dio e prende a baciarlo, pentendosi amaramente del gesto che avrebbe dovuto compiere; ma uno schizzo d’olio bollente proveniente dalla lampada ferisce Amore che, sentendosi tradito per il gesto che Psiche stava per ultimare, fugge sull’Oimpo. Venere viene a conoscenza del fatto che Amore non ha eseguito l’incarico affidatogli e si infuria per il comportamento del figlio. Psiche, privata di Amore, vaga alla ricerca dell’amante. Dopo vari incontri con divinità e diverse prove a cui l’incantevole fanciulla è sottoposta, viene assolta dagli dei e Zeus le dona l’immortale vita divina per rimanere eternamente al fianco di Amore.
In questo mito io leggo una verità fondamentale.
Ogni amore è illusione e basta la luce di una lanterna per dissolverla. L'incapacità di fidarsi e l'incapacità di vivere dissolvono ciò che va accolto solo come mistero. Vivere davvero è difficile.
Orihime e Kengyu
Tentei, il re delle stelle, aveva una figlia bellissima il cui nome era Orihime. La principessa Orihime era molto abile nel tessere al telaio e sapeva fare i vestiti più belli. Suo padre era molto orgoglioso di lei, ma la impegnò così tanto nel lavoro di tessitura che non le restava mai il tempo per fare nient'altro. Orihime aveva il cuore gonfio di tristezza, perché pensava che non avrebbe mai incontrato nessuno di cui innamorarsi. Finalmente suo padre ebbe pietà di lei e le scelse un marito. Kengyu era un mandriano che viveva al di là del fiume. Orihime e Kengyu si sposarono e la loro felicità era così perfetta che Orihime lasciò che sul suo telaio si depositasse la polvere e smise di fare i suoi bellissimi vestiti. Tentei era arrabbiato. Pensava che Orihime volesse abbandonare il suo lavoro. Decise allora di separare i due innamorati e fece in modo che vivessero su opposte sponde del grande fiume. C'è da dire, però, che questo non era un fiume qualsiasi, infatti scorreva lungo il reame delle stelle.
Era la Via Lattea.
Orihime e Kengyu non avevano modo di attraversarla.
Orihime aveva una tale nostalgia di Kengyu che pianse finché le sue lacrime corsero giù, fin sull'abito che stava tessendo.«Macchierai il vestito!» disse Tentei. «E sia. Se tuo marito ti manca tanto, potrai vederlo una volta l'anno.» Così il re delle stelle combinò che una volta l'anno, nel settimo giorno del settimo mese, il barcaiolo della luna traghettasse Orihime attraverso il fiume per far visita a Kengyu.
Ma se la principessa non fa bene il suo lavoro, Tentei fa piovere così tanto da provocare la piena del fiume, e allora il barcaiolo non arriva. Quando questo avviene, tutte le gazze del Giappone volano verso il fiume e formano un ponte, così che Orihime cammina leggera sui loro dorsi piumati per raggiungere l'amato Kengyu. E Tentei non può farci nulla.
Anche in questo mi riconosco pericolosamente e il perchè non lo so neanche dire. Sarà che ho sempre avuto la senzazione di dover lottare contro qualcosa.
Mi piacerebbe sapere cosa ci vedete voi e parlarne... così in leggerezza.
se poi vi riconoscete in altri racconti.....basta postarli e fare lo stesso.