Il chi di me
Mi sono scelto un nuovo logo.
Cercavo da un po’ un disegnino che mi rappresentasse bene, dopo l’equivoco “Logo Nuovo” che scelsi tempo fa e mai ho utilizzato.
Ho cercato anche di disegnarne uno da me, fondendo simboli matematici e le loro rappresentazioni grafiche, ma mi ci vedevo solo in parte. Solo in quella razionalità che mi stringe, ma non mi soddisfa pienamente.
Questo qui, il “Chi di me” mi ha colpito subito, e mi ha affascinato. Un amore a prima vista, che spero non coperto da qualche “diritto riservato”!... Sarebbe davvero grottesco che io, proprio io, mi rappresentassi con un furto!
Eccolo qui.
Sono tre “triangoli di Penrose” così detti dal cognome del matematico che li concepì, avvinghiati fra loro come gli anelli Borromei, motivo ricorrente nei simboli di quella nobile famiglia e simbolo della sincera, solidissima amicizia che li alleava ad altri potenti del tempo: i Visconti e gli Sforza.
Naturalmente io non sono implicato in tanta araldica, ma sento egualmente che questa grafica vicina, ed adatta a rappresentare il mio contrastato essere, il mio credere incerto, la mia forza ambigua. Credo che il “Chi di me” ci stia tutto.
Il triangolo di Penrose è il disegno di un oggetto che così come lo vediamo non può esistere. L’occhio ne trasmette una immagine chiara, distinta, e la mente rifiuta di accettarla e si smarrisce. Ne è turbata.
Solo il pensiero, nel ragionamento, può dimostrare che davvero non può esistere, nella nostra esperienza tridimensionale un oggetto concreto che si rappresenti in quel disegno. Può dimostrarlo, ma senza veramente capirlo… ed infatti è possibile, con il marmo, il legno o il ferro costruire un oggetto che visto o fotografato, restituisca proprio quell’immagine!... ma naturalmente a determinate condizioni!
Ecco, il triangolo di Penrose è per me l’archetipo dei miei dubbi. La consapevolezza di vedere con l’occhio del corpo, della mente o del cuore, delle cose che certamente ci sono, ma che non riesco ad afferrarle e penetrarle, pur avendole lì, ben chiare di fronte a me.
I tre triangoli, nel disegno ben individuati dai colori distinti, quasi con la sfacciataggine del prestigiatore che urla “…Senza trucco, senza imbroglio!...” giusto mentre ti sta gabbando, si intrecciano fra loro nel nodo Borromeo, simbolo di così salda amicizia eppure tormento e delizia degli studiosi della mente umana, quando indagano sulle anomalie psicotiche di natura schizofrenica.
I cerchi del nodo Borromeo, o nel nostro caso le immagini dei triangoli rigidi, sono “troppo” intrecciati fra loro, troppo uniti perché ciò sia nel mondo del concreto quale noi lo percepiamo, ed abbisognano quindi di un’altra realtà per giustificarsi pienamente.
Ecco, il nodo Borromeo invece è per me l’archetipo delle mie certezze. Certezze granitiche eppure fragili, vibranti in una sorta di forclusione spirituale, più che meramente intellettiva, che giustificazione e sostegno del mio essere, contemporaneamente sono fonte di timori ed impalpabili dubbi.
Riuscirò a mediare fra gli instabili equilibri del mio pensiero?... è come dire: «riuscirò a penetrare la realtà di questo strano oggetto, di cui vedo l’immagine, di cui so che nei singoli componenti è materialmente costruibile… ma nella sua interezza?
Si, penso che questo disegnino mi rappresenti più che una foto, o un mezzo-busto!
Lucio Musto 31 12 2006 parole531
PS - Quasi subito mio figlio mi tolse dall’imbarazzo del plagio.
Rielaborò il disegno che avevo preso a prestito dal web nell’avatar che
sfoggio adesso spiegando:
“Di fondo, non sei TANTO nero, e nemmeno preciso come un quadrato:
questo disco roteante e fiammeggiante ti si addice di più.”