Un girasole
Mi hanno regalato una foto.
C’è un girasole in un campo di girasoli, alto splendente, robusto come tutti i suoi fratelli di semenza.
Ma questo è rivolto all’indietro, apre la sua bella corona dorata nella direzione opposta a quella di tutti gli altri; lui guarda il tramonto del sole, anziché il suo sorgere.
Mia moglie donandomi l’immagine ha detto: «Questo fiore mi ha parlato di te».
E qualcun altro, una amica, che ha visto la foto, mi ha chiesto:
«Se tu fossi quel girasole, ti sentiresti come uno che guarda avanti, mentre tutti guardano indietro?...» e mi ha messo in crisi.
Ho cominciato a pensare allo strano simbolismo racchiuso in questo fiore anomalo. Sia ben chiaro, in me non c’è ombra di superstizione ed il girasole anomalo è solo una bizzarria vegetale!... ma le cose che vedo mi sono spesso di ispirazione per strani pensieri incasinati.
Ed ho cominciato a pensare al giorno, ed a tutti quegli occhi gialli spalancati ansiosi di vedere il suo inizio, il sorgere della vita e delle… ma indifferenti al poi; entusiasti del nuovo, disillusi dal resto.
L’umanità modaiola, consumistica, talmente affascinata da quello che forse sarà da non aver contezza di quello che è, di quello che è stato un attimo fa e di cui ancora si sente il profumo…
umanità frettolosa, che non sa riflettere.
E mi torna in mente la domanda strana: “guardi avanti”?... Ma che cos’è, l’avanti, e cosa il dietro?.. Il tramonto di quel sole tanto atteso dagli specchi dorati di quei grandi fiori verrà in un tempo successivo, ed allora fissarvi dentro lo sguardo vuol dire guardare avanti, guardare al futuro del giorno dell’uomo mentre l’umanità simboleggia il futuro con il nuovo giorno, quello che ancora no è!. Perniciosa precipitazione verso un inafferrabile desiderato vuoto!
Ancora, mi vedo in quel fiore solitario e ribelle come testimonianza, come gratitudine.
Il sole tramonta, ha fatto il suo lavoro giornaliero, si spegne, simbolicamente muore.
Fra tanti, fra tutti, io solo lo saluto, io lo ringrazio. Per tutti ed a nome di tutti, rinunciando ad ammirarlo nel suo trionfo del mattino, nel massimo vigore del meriggio.
A raccogliere i suoi ultimi sprazzi, di sangue, non ci sono che io; ed il lavoro mio umile si riveste di gloria.
Infine mi sento retroguardia, l’umile indispensabile lavoro dell’ultimo della fila… ed oziosamente osservo che sono proprio alla fine del campo delle orgogliose grandi corolle.
E sento che mi piace. Forse la moglie amorosa, l’amica buona, hanno prima di me intuito la mia vocazione ad esser l’ultimo, più che il ribelle, quello che in fondo alla fila raccoglie i cocci, mette in ordine, cerca di rattoppare.
Non più quindi il “non allineato” per protesta, ma quello che si volge indietro a spigolare, affinché nulla vada perso.
Lucio Musto 2 luglio 2011
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N.B: -- La foto è quella inserita in firma