La capacità di identificazione empatica, cioè di accostare con amorosa dedizione un'altra persona nel suo intimo, e di vivere l'altro con una partecipazione trascendente è tipica del depressivo ed è una delle sue caratteristiche migliori.Se questa qualità viene vissuta in modo autentico è un elemento essenziale di qualsiasi tipo di amore, addirittura di ogni tipo di umanità. La sua disponibilità a identificarsi puo' aumentare fino all'empatia di tipo medianico nella quale è effettivamente eliminato il confine tra l'Io e il Tu , nostalgia struggente di tutti gli amanti e fine ultimo dei mistici, i quali anelano a fondersi nella sconfinata trascendenza, a divenire un tutt'uno con il Divino o con il creato, fusione in cui sperano forse inconsciamente di ritrovare, a un livello piu' alto, il rapporto simbiotico vissuto con la madre nella prima infanzia. Vedremo ancora che per lo sviluppo della capacità di amare è di importanza decisiva l'esperienza iniziale con la madre.
Negli individui con spunti depressivi ma sani vi è una grande capacità di amare,una disponibilità alla dedizione e al sacrificio, la capacità a sopportare con il partner anche situazioni molto difficili; è una persona che puo' dare un senso di protezione, di affettuosità di sentimenti e di dedizione incondizionata all'altro.
Nei casi di depressi gravemente disturbati, domina all'interno del rapporto amoroso l'angoscia della perdita. Per questo motivo si arriva alle relazioni di coppia piu' difficili, ai rapporti "depressivi" veri e propri. Le due forme piu' diffuse si configurano all'incirca cosi': si cerca di vivere soltanto tramite il partner, identificandosi totalmente con lui. Cio' rende in effetti possibile la massima vicinanza. Si diviene praticamente l'altro, si cessa di essere un essere autonomo, separato da lui, di avere vita propria. Si pensa e si sente come l'altro, si indovinano i suoi desideri, "glieli si legge negli occhi"; si sa bene cio' che rifiuta, cio' che lo disturba, e glielo si toglie di mezzo; si assumono i suoi punti di vista, si condividono le sue opinioni, si vive, in poche parole, come se un diverso modo di pensare, un diverso parere, un diverso gusto,....un essere se stessi fossero pericolosi e potessero scatenare l'angoscia della perdita. In questo modo ci si dissolve interamente nel partner, e si vive con la coscienza di un amore fatto di abnegazione e di altruismo. L'autenticità o l'inautenticità di un simile amore dipende dalla scelta fra i due atteggiamenti: o si vuole evitare la "rotazione su se stessi" e la relativa angoscia della perdita, oppure,consapevoli dei pericoli che insidiano ogni amore, si è disposti a lasciar liberi se stessi e il partner verso l'autonomia, e si corre ugualmente il rischio di amarlo.
Qui il motto" ti seguiro' ovunque tu andrai" diviene assoluto. Per il partner un rapporto simile è, sotto certi aspetti, molto comodo. Chi pero' da un rapporto di coppia si aspetta qualcos'altro che non trovare nel partner soltanto un eco di se stesso, oppure soltanto una figura servizievole, rimarrà senz'altro deluso. Una situazione di questo tipo viene a crearsi anche quando, per l'angoscia della perdita, si rinuncia talmente a se stessi da ridursi in pratica come un bambino. Si delega tutto al partner...in tal modo si dipende sempre di piu' da lui....in caso contrario, se si fosse piu' autonomi, il partner potrebbe pensare di non essere piu' indispensabile; si crede addirittura di potersi assicurare il partner con la propria sprovvedutezza. E' evidente che qui si ripete inconsciamente il rapporto padre/bambino o madre/bambino nel rapporto di coppia-non pochi matrimoni hanno questa caratteristica.Le cose stanno press'a poco nello stesso modo nei casi in cui, rimasti vedovi, ci si risposa subito dopo, anche se il coniuge morto era stato amato: si tratta di persone che non hanno una sufficiente vita propria, e riescono ad adattarsi a qualsiasi nuovo partner pur di non rimanere soli.
La personalità depressiva e l'amore (Riemann)
Stavo leggendo questo brano, immediatamente disponibile grazie alle magiche potenzialità della rete ( le uniche che ritengo buone con relativa sicurezza oggi).
Lo posto qui perchè vorrei parlare delle cose che mi ha fatto pensare, e che, per la verità hanno ben poco di teorico.
Mi succede sempre così, da una lettura intelligente ricavo lo stimolo per partorire decine di stronzate.
Il primo interrogativo concerne il legame tra personalità depressiva e amore.
Perchè l'elemento depressivo genera una potente capacità empatica, una grande capacità di immedesizione e mobilita tutte le abilità del soggetto in vista dell'obbiettivo contatto?
Si può forse asserire su questa base che sia proprio una sensazione di intriseca tristezza e mancanza, a nutrire il sentimento d'amore? In una condizione ideale di benessere e autosufficienza qualcosa potrebbe nutrire un attaccamento altrettanto forte e generoso? La risposta è tutt'altro che scontata secondo me e per capirlo basta guardarsi dentro.
L'altra cosa che mi colpisce è quanto questa capacità d'amare esponenzialmente potenziata implichi, e non solo sottenda, un'esigenza d'amore altrettanto potenziata. E' tanto forte da "soffocare l'altro" ma anche se stessi, fino a scomparire nell'altro. E' proprio questo che consente di unirsi a lui come in altro modo non sarebbe possibile, ma è anche ciò che blocca lo sviluppo di chi lo fa. Si tratta della mia esperienza e leggerla mi fa un certo effetto, perchè la vedo nuda e cruda, scritta con una certa pietà, ma pur sempre come un fatto, mentre io la sento come trascorso. Nel leggerla vedo cosa c'è di sbagliato, e capisco cosa c'è di brutto. Eppure entrambe le considerazioni fanno torto a ciò che considerano. Nel dissolversi c'è un elemento di pace che non compare in queste giuste considerazioni. Dissolversi è superarsi, rinciare ai quell'individualità che tanto ci feriva, sballotata di qua e di là dai suoi desideri e dalle sue paure. Ed è andare oltre noi stessi, verso qualcuno a cui dare ciò che la vita non gli darebbe, ciò che vuole... e vederlo felice. Non è una cosa sana, lo so. Ma forse se gli amori non finissero, nessuno si sarebbe mai posto il problema. Perchè la non salubrità di un simile atteggiamento, emerge a posteriori. Non credo che nemmeno in questo caso la valutazione della cosa sia scontata e semplice.
A voi