Secondo la psicologia della Gestalt (forma) ciò accade perchè noi tendiamo a percepire la realtà sotto forma di insiemi organizzati, rintracciando al suo interno regolarità che ci consentano di orientarci ed isolando istintivamente i tratti emergenti.
Se non ricordo male, alcune tra le principali leggi di organizzazione dei sistemi sono quella della buona continuazione, della figura-sfondo ecc.
Esistono però persone che procedono in modo molto diverso. Data una situazione ed un problema, per risolvere quest'ultimo ridisegnano la situazione. Si parla in questo caso di ristrutturazione del campo gestaltico. L'atteggiamento di chi procede così, possiamo chiamarlo creatività, con buona approssimazione. Ma anche follia è un termine calzante, se si esagera.
Ora, facendo un po' di "fanta-psicologia" trasponiamo questa interpretazione, prevalentemente descrittiva, dall'ambito della percezione a quello dell'esistenza.
La situazione non è più uno spazio fisico che osservo, ma la mia vita.
Il problema è qualsiasi cosa significativa che io devo affrontare al suo interno.
Qualcosa emerge e qualcosa va sullo sfondo, qualcosa prosegue perchè appare la buona continuazione di qualcos'altro ecc
Posso risolvere tutto tenendo conto di certe coordinate o ristrutturarle con un atto di insight.
Quali e quanti problemi cesserebbero di esistere se non ci approcciassimo alla nostra esistenza considerando certe coordinate presenti al suo interno come qualcosa di indubitabile e di fisso?
Se cioè non partissimo dal presupposto che i problemi vanno per forza risolti a partire da certe coordinate obbligate?
La realtà esiste, e non tutto può venire "ristrutturato".
Ma molto della realtà è in realtà influente soltanto perchè noi conferiamo ad esso questo statuto.
Pensiamoci un po'.
Siamo in grado di ristrutturare il campo ?
Oppure no?
E perchè no?
P.s.
Se qualche parolone vi spaventa, vi rassicurino i miei errori ortografici