IlDucaBianco ha scritto:Il rapporto terapeutico è a mio avviso la risultante dell' interazione tra tre istanze: paziente, analista e contesto. L'interazione può fallire o riuscire in quianto rapporto umano. La riuscita tecnica è successiva. Detto questo, esistono alcuni elementi che a mio avviso sono profondamente dannosi. Ad esempio la propensione del terapeuta a dare consigli espliciti. Un buon terapeuta deve sparite, mettendo da parte il suo bisogno interno di aiutare o sentirsi importante. Infondo tutti i terapeuti scelgono il loro lavoro perchè animati da queste due spinte, per ragioni diverse. Assecondarle però significa fare catechesi e non terapia, o peggio farsi sostenere dai pazienti, Un altra cosa per me gravissima è data dalla mancata protezione del contesto: telefono che squilla, ambulanze che passano, il paziente successivo che citofona ecc. Alcuni elementi sono ineliminabili ma altri sono responsabilità del terapeuta.
Vorrei sapere come la vedete voi, sulla base della vostra esperienza e/o di quella dei vostri cari, o ancora in astratto. Vorrei anche sapere cosa motiva la vostra fiducia o il vostro scetticismo nei confronti della figura del terapeuta, sia esso psicoanalista o psicologo.
Noto che in tale valutazioni per molti è indicativo il fattore tempo (lunghezza terapia in rapporto al risultato) e la tendenza a prescivere o a non prescivere farmaci, oltre a quanto detto sopra.
Piccola premessa: sono estremamente affascinata da tutto ciò che gira intorno alla psiche umana, ma sono piuttosto prevenuta nei confronti della psicoterapia. Detto ciò, parlo delle mie esperienze: quando mio padre se ne andò, la persona che mi seguì e mi fu di grosso aiuto in quel periodo pensò che fosse meglio per me sfogarmi con qualcuno, elaborare la mia perdita, e mi consigliò una terapeuta: non ci sono rimasta molto, avevo 16anni, non solo non si era instaurato un feeling, ma proprio la detestavo. Me ne andai via arrabbiata e vuota. Intorno ai 25, 26anni decisi io di andarci, trovai una donna con due palle grandi quanto un melone, uscìì dalla seduta senza energie dopo più di un'ora di pianto, ma volli continuare, per poi iniziare una terapia di gruppo. Ho avuto altri due rapporti terapeutici, in questo caso dovuti alla dipendenza del mio compagno con due Sert di città diverse: nel primo la dottoressa riusciva a farci comunicare, non dava giudizi e lasciava che fossimo noi, parlando, a trarre le nostre conclusioni, e non venne avanzata nemmeno l'ipotesi di utilizzare psicofarmaci; nel secondo caso, invece, dove tra l'altro l'incontro era un'ora al mese con interruzioni di ogni tipo, ho avuto a che fare con una persona che ha detto testualmente che la colpa della dipendenza del mio compagno era mia, che ha accondisceso ed è stata complice di ogni bugia per poi imbottirlo di tavor: il tutto ha portato a mille passi indietro rispetto al lavoro fatto precedentemente.
Ora, dopo una fase che ci metterò mesi a superare, mi sono decisa a chiedere aiuto, anche se devo ammettere che ho ancora un grosso blocco nel farlo.
Ora, parliamo delle componenti:
- terapeuta: deve essere in grado di stabilire un rapporto, comunque, mantenendosi distaccato, col paziente, se questo non avviene non si instaura il rapporto di fiducia, ed è vero, non deve esprimersi direttamente e dare giudizi, ma attraverso il dialogo il paziente deve arrivare da solo a trarre conclusioni, anche perchè in un momento di debolezza psichica ed emotiva, si è facilmente condizionabili;
- il paziente deve essere pronto a questo rapporto, se non lo è la terapia è compromessa in partenza, e questo significa anche non raccontare tutto, o solo in parte, e se questo avviene, allora non si sta facendo un buon percorso;
- i farmaci: ne sono fortemente contraria, anche se capisco che ci sono stati che sono talmente dolorosi che hanno bisogno di essere calmati, ma vedo la necessità dei farmaci solo in casi psichici gravi, per il resto il dolore non può essere sedato, perchè se lo nascondi non ci lavori sopra. Fa male, fa fottutamente male, ma se non lo si sputa fuori resta lì, latente, ed è una bestia così infida che non se ne va' più via.