Può darsi che nel palazzo di fronte, dietro a quelle finestre chiuse, alcuni ciechi, uomini, donne, risvegliati dalla violenza dei continui scrosci, con la fronte appoggiata ai vetri freddi ricoprendo col fiato del respiro l’appannamento della notte, stiano rammentando il tempo in cui così, proprio come stanno adesso, vedevano la pioggia scendere dal cielo. Non possono immaginare che laggiù ci sono tre donne nude, nude come sono venute al mondo, sembrano matte, devono essere proprio matte, nessuno con la testa a posto andrebbe a lavarsi su un balcone esponendosi agli sguardi dei vicini, tanto meno in quelle condizioni, cosa importa che siano tutti ciechi, certe cose non si devono fare, mio Dio, la pioggia, come scorre sui loro corpi, come scende fra i seni, come si trattiene e si perde nell’oscurità del pube, e infine si spande e circonda le cosce, forse le abbiamo giudicate male ingiustamente, forse siamo noi a essere incapaci di vedere ciò che di più bello e glorioso è mai accaduto nella storia della città, giù dal balcone si riversa una tovaglia di spuma, ah se potessi seguirla, giù all’infinito, pulito, purificato, nudo. Dio solo ci vede, disse la moglie del primo cieco, che , malgrado le disillusioni e le contrarietà, è ancora fermamente convinta che Dio non sia cieco, al che la moglie del medico rispose, Neppure lui, il cielo è coperto, soltanto io posso vedervi, Sono brutta, domandò la ragazza dagli occhiali scuri, Sei magra e sporca, brutta non lo sarai mai, E io, domandò la moglie del primo cieco, Sporca e magra come lei, non tanto carina, ma più di me, Tu sei carina, disse la ragazza dagli occhiali scuri, Come puoi saperlo se non mi hai mai visto, Ti ho sognato due volte, Quando, La seconda è successo stanotte, Stavi sognando la casa perché ti sentivi più tranquilla, è naturale, dopo tutto quello che abbiamo passato, nel sogno io ero la casa, e siccome, per vedermi, avevi bisogno di darmi una faccia, l’hai inventata, Anch’io ti vedo carina, e non ti ho mai sognato, disse la moglie del primo cieco, Il che dimostra solo che la cecità è la provvidenza dei brutti, Tu non sei brutta, No, infatti non lo sono, ma l’età, Quanti anni hai, domando la ragazza dagli occhiali scuri, Quasi cinquanta, Come mia madre, E lei, Lei cosa, E’ ancora carina, Un tempo lo era di più, Capita a tutti, lo eravamo sempre un po’ di più, Tu , mai come adesso, disse la moglie del primo cieco. Ecco come sono le parole, nascondono molto, si uniscono pian piano fra loro, sembra non sappiano dove vogliono andare, e all’improvviso, per via di due o tre, o di quattro che all’improvviso escono, parole semplici, un pronome personale, un avverbio, un verbo ,un aggettivo, ecco lì che ci ritroviamo la commozione che sale irresistibile alla superficie della pelle e degli occhi, che incrina la compostezza dei sentimenti, a volte sono i nervi a non riuscire a reggere, sopportano molto, sopportano tutto, come se indossassero un’armatura, si dice, La moglie del medico ha i nevi d’acciaio e poi, in definitiva, la moglie del medico si scioglie in lacrime per via di un pronome personale, di un avverbio, di un verbo, di un aggettivo, mere categorie grammaticali, mere designazioni, come del pari sono le restanti altre due donne, le altre, pronomi indefiniti , anch’esse piangenti, che abbracciano quella della frase completa, tre grazie nude sotto la pioggia. Sono momenti che possono durare in eterno, è più di un ora che queste donne sono qui, è tempo che sentano freddo. Ho freddo , ha già detto la ragazza dagli occhiali scuri.
Cecità - José Saramago