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Intolleranza, anti-democraticità e monoteismo

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51
marimba
marimba
Direttore del Corriere della Pera
Direttore del Corriere della Pera
Aleister ha scritto:Dopo (non) aver parlato di monoteismo, qualche curiosità sulla fede diventata ora motivo di discussione. Per fede intendete la fides qua creditur o la fides quae creditur?
Ed ancora, vi riferite all'oggetto materiale della fede o all'oggetto
formale come aspetto determinante ed unificatore della conoscenza? Ed
ancora se intendete oggetto formale lo intendete come oggetto formale quod consideratur?

In
tal caso questo oggetto è Dio in se stesso, nella sua semplicità
assoluta, prima di essere riflesso nel prisma dei nostri enunciati
psicologicamente e concettualmente comprensibili e l'atto di fede si
rapporta alla Deitas purissima, tanto che l'atto del credente si deve
dire "non terminatur ad enuntiabile sed ad rem". Cioè con la
fede teologale noi crediamo Dio a motivo di Dio, conosciamo Dio
attraverso Dio. E la ragione è semplice. Il motivo formale della fede
deve essere intrinsecamente adeguato all'oggetto quod della fede
stessa: Deus per Deum cognoscitur. Solo Dio è perfettamente adeguato a
conoscere se stesso. Se si dà una conoscenza adeguata di Dio non potrà
essere che motivata ed ambientata in Dio stesso.

Per questo, il motivo della fede, l'oggetto formale quo, non può essere la propositio Ecclesiae che più che un motivo di fede costituisce una conditio sine qua non dell'atto di fede obiettivamente calibrato.
Mi piacerebbe sapere in quale di questi quadri teologici intendete ciò che definite come fede.
Semplice. Innanzitutto direi che ubi major minor cessat. Secondariamente occorre dire che talis Pater talis Filius. Poi non occorre dimenticare che per aspera ad astra. E come conclusione, ovviamente, non si può che riconoscere che in hoc signo vinces.

Amen.

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Aleister
Aleister
Viandante Storico
Viandante Storico
marimba ha scritto:
Aleister ha scritto:Dopo (non) aver parlato di monoteismo, qualche curiosità sulla fede diventata ora motivo di discussione. Per fede intendete la fides qua creditur o la fides quae creditur?
Ed ancora, vi riferite all'oggetto materiale della fede o all'oggetto
formale come aspetto determinante ed unificatore della conoscenza? Ed
ancora se intendete oggetto formale lo intendete come oggetto formale quod consideratur?

In
tal caso questo oggetto è Dio in se stesso, nella sua semplicità
assoluta, prima di essere riflesso nel prisma dei nostri enunciati
psicologicamente e concettualmente comprensibili e l'atto di fede si
rapporta alla Deitas purissima, tanto che l'atto del credente si deve
dire "non terminatur ad enuntiabile sed ad rem". Cioè con la
fede teologale noi crediamo Dio a motivo di Dio, conosciamo Dio
attraverso Dio. E la ragione è semplice. Il motivo formale della fede
deve essere intrinsecamente adeguato all'oggetto quod della fede
stessa: Deus per Deum cognoscitur. Solo Dio è perfettamente adeguato a
conoscere se stesso. Se si dà una conoscenza adeguata di Dio non potrà
essere che motivata ed ambientata in Dio stesso.

Per questo, il motivo della fede, l'oggetto formale quo, non può essere la propositio Ecclesiae che più che un motivo di fede costituisce una conditio sine qua non dell'atto di fede obiettivamente calibrato.
Mi piacerebbe sapere in quale di questi quadri teologici intendete ciò che definite come fede.
Semplice. Innanzitutto direi che ubi major minor cessat. Secondariamente occorre dire che talis Pater talis Filius. Poi non occorre dimenticare che per aspera ad astra. E come conclusione, ovviamente, non si può che riconoscere che in hoc signo vinces.

Amen.


Intervento fondamentale. A questo punto aggiungerei futue te ipsum e stercorem pro cerebro habes. Ma è già talmente evidente...Fine O.T.

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Ostap Bender
Ostap Bender
Moderatore
Moderatore
Aleister ha scritto:
marimba ha scritto:
Aleister ha scritto:Dopo (non) aver parlato di monoteismo, qualche curiosità sulla fede diventata ora motivo di discussione. Per fede intendete la fides qua creditur o la fides quae creditur?
Ed ancora, vi riferite all'oggetto materiale della fede o all'oggetto
formale come aspetto determinante ed unificatore della conoscenza? Ed
ancora se intendete oggetto formale lo intendete come oggetto formale quod consideratur?

In
tal caso questo oggetto è Dio in se stesso, nella sua semplicità
assoluta, prima di essere riflesso nel prisma dei nostri enunciati
psicologicamente e concettualmente comprensibili e l'atto di fede si
rapporta alla Deitas purissima, tanto che l'atto del credente si deve
dire "non terminatur ad enuntiabile sed ad rem". Cioè con la
fede teologale noi crediamo Dio a motivo di Dio, conosciamo Dio
attraverso Dio. E la ragione è semplice. Il motivo formale della fede
deve essere intrinsecamente adeguato all'oggetto quod della fede
stessa: Deus per Deum cognoscitur. Solo Dio è perfettamente adeguato a
conoscere se stesso. Se si dà una conoscenza adeguata di Dio non potrà
essere che motivata ed ambientata in Dio stesso.

Per questo, il motivo della fede, l'oggetto formale quo, non può essere la propositio Ecclesiae che più che un motivo di fede costituisce una conditio sine qua non dell'atto di fede obiettivamente calibrato.
Mi piacerebbe sapere in quale di questi quadri teologici intendete ciò che definite come fede.
Semplice. Innanzitutto direi che ubi major minor cessat. Secondariamente occorre dire che talis Pater talis Filius. Poi non occorre dimenticare che per aspera ad astra. E come conclusione, ovviamente, non si può che riconoscere che in hoc signo vinces.

Amen.


Intervento fondamentale. A questo punto aggiungerei futue te ipsum e stercorem pro cerebro habes. Ma è già talmente evidente...Fine O.T.

Cartellino giallo a Aleister non tanto per l'elegante "stercorem ecc. ecc." quanto per la crassa ignoranza dimnostrata con quel "te ipsum": rivolgendosi a Marimba, caso mai, è d'uopo "te ipsam". Diventa dura quando non si è l afrasetta fatta sotto mano..

54
marimba
marimba
Direttore del Corriere della Pera
Direttore del Corriere della Pera
Giusto per infierire faccio osservare che "conditio", dal verbo condo, condis, significa fondazione, e non condizione.
Il termine corretto nel latino classico è condicio.

Ciò detto mi scuso e mi dispiaccio per il cartellino che ho involontariamente provocato. Depurato dai latinismi inutili e improvvidi, l'intervento di Aleister è senz'altro interessante.

Scompaio.

55
giampieros
avatar
Viandante Residente
Viandante Residente
NinfaEco ha scritto:
Io ci andrei cauta a definire Israele una democrazia, considerato quello che accade da quelle parti........


Si', andiamoci pure cauti, forse hai ragione...la parola democrazia e' un po' troppo vaga (vaga dal punto di vista politico e non certo da quello etimologico). Diciamo che Israle e' l'unica democrazia liberale in quell'area geografica. Non lo sono Egitto, Iran, Siria, Libia, Algeria etc...
Infine c'e' un facile test mentale da applicare. Israele conta circa 7 milioni di abitanti: 5 milioni sono ebrei e 2 milioni sono palestinesi arabi musulmani. Sono cittadini come gli altri ed hanno tutti i diritti di ogni cittadino d'Israele. Pensi che sarebbe immaginabile una situazione rovesciata? Pensi che nell'Iran di Ahmadinejad e degli Ayatollah sarebbe immaginabile che il 40% della popolazione fosse costituita da ebrei e che a costoro fossero riconosciuti tutti i diritti civili? Risponditi a questa domanda e poi tranne le conclusioni che ti sembrano piu' appropriate.


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Magonzo
Magonzo
Viandante Storico
Viandante Storico
giampieros ha scritto:
NinfaEco ha scritto:
Io ci andrei cauta a definire Israele una democrazia, considerato quello che accade da quelle parti........


Si', andiamoci pure cauti, forse hai ragione...la parola democrazia e' un po' troppo vaga (vaga dal punto di vista politico e non certo da quello etimologico). Diciamo che Israle e' l'unica democrazia liberale in quell'area geografica. Non lo sono Egitto, Iran, Siria, Libia, Algeria etc...
Infine c'e' un facile test mentale da applicare. Israele conta circa 7 milioni di abitanti: 5 milioni sono ebrei e 2 milioni sono palestinesi arabi musulmani. Sono cittadini come gli altri ed hanno tutti i diritti di ogni cittadino d'Israele. Pensi che sarebbe immaginabile una situazione rovesciata? Pensi che nell'Iran di Ahmadinejad e degli Ayatollah sarebbe immaginabile che il 40% della popolazione fosse costituita da ebrei e che a costoro fossero riconosciuti tutti i diritti civili? Risponditi a questa domanda e poi tranne le conclusioni che ti sembrano piu' appropriate.
oddio, dovrei documentarmi con esattezza, ma credo che costituzionalmente Israele si definisca come "stato degli ebrei" (dove, per sommo paradosso, la religione degli antenati individua un'etnia inesistente come gruppo omogeneo, mentre i veri discendenti degli antichi ebrei biblici sono proprio quei palestinesi discriminati, nel frattempo islamizzati dalla storia), e per ciò stesso la condizione dei cittadini israeliani palestinesi, per quanto migliorata in progress, difficilmente può essere davvero assimilabile a quella degli israeliani ebrei;

l'invenzione, tutta ottocentesca, di uno stato nazionale etnocentrico dove probabilmente non c'è nemmeno qualcosa di realmente assimilabile per storia ad un "popolo", si è dimostrata un'operazione politica davvero difficile da gestire.

57
SergioAD
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Viandante Storico
Viandante Storico
Aleister,

Intolleranza, anti-democraticità e monoteismo - Pagina 3 200px-Aleister_Crowley_in_Hat

Sei irresistibile... Frater Perdurabo and The Great Beast 666, occultist, mystic, ceremonial magician and bisexual!



Sembrerebbe che tu non abbia percorsi, parli di teologia in modo superficiale. C'è quello che dicono di se i Cristiani e quello che possono dire altri prendendo lo spunto delle ambiguità. Si potrebbe citare l'Atonismo, Zoroastrismo, Ebraismo, Cristianesimo (cattolicesimo/ protestantesimo/ ortodossi), Islam, Sikhismo e Bahaismo. Tutti si dicono monoteisti. Ma tu poi sei trasceso mettendo in secondo piano l'argomento, spostando il tiro sulla persona.
Queste due sono anche migliori delle precedenti.

Atteggiamento derisorio e mancanza di piacere a scambiare idee.

Ed il crollo è totale....Sergino.

Vorresti essere offensivo?

Però, a parte i capitomboli concettuali, lo stile di scrittura finocchiesco, la delicazzitudine dell'intercalare polig(l)otta (fa male vero?)

Questo è il tuo di stile che prendi dalla tua famiglia, probabilmente da una madre insoddisfatta. Omofobo che non sei altro, ma come pretendi di far parte di un foro? Calunniatore e misantropo che non sei altro.

Non azzardarti a smettere

Se non ci pensa la moderazione ti segnalerò io stesso alla polizia postale, vogliono queste segnalazioni di calunniatori cibernetici.

Lo stile di scrittura finocchiesco e la delicazzitudine sono anglosassoni. Mi esprimo in sette lingue diverse cercando di partecipare io, cosa che invece tu fallisci sistematicamente.

Giovanotto, non sarei intervenuto più, ti stavo facendo una cortesia. Sei tu che ci metti il carico da undici - mica vorrai pretendere di applicare il doppio pesismo dei mafiosi?

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xmanx
xmanx
Viandante Ad Honorem
Viandante Ad Honorem
Occorre distinguere "il cristianesimo" dalle "gerarchie religiose".

Infatti.....appare del tutto ovvio (perchè ce lo dice la storia)...che le gerarchie religiose cristiane spesso e volentieri si sono opposte e sono state un freno all'emancipazione e al progresso etico, scientifico, materiale e democratico dei popoli (uso la parola "spesso" perchè, fortunatamente esistono anche numerosi esempi di gerarchia illuminata).

Ma appare anche ovvio....e molti studiosi veri lo sanno.....che i principi base del cristianesimo hanno ispirato e alimentato i principi della Rivoluzione Francese e del Socialismo.

Questo dualismo (cristianesimo da una parte e gerarchie religiose dall'altra) è così vero che da un lato Rivoluzione Francese e Socialismo sono stati fortemente e giustamente anticlericali (visto quello che era un certo clero all'epoca dei fatti)...ma al tempo stesso si sono basati su principi come "libertà uguaglianza fraternità" che traggono la loro ispirazione proprio dai principi base del cristianesimo.

Ma mi rendo conto che questi concetti sono troppo avanzati per i "professori" che aleggiano su questa valle.....che sono talmente colti da confondere il "cristianesimo" e i suoi principi innovatori...con la "gerarchia religiosa" SGHIGNAZZARE

Probabilmente hanno studiato al CEPU SGHIGNAZZARE

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Aleister
Aleister
Viandante Storico
Viandante Storico
I cristiani oggi non vogliono uno stato confessionale cristiano, ma ambiscono a uno stato segnato da “una giusta laicità” in cui tutti i cittadini possano sentirsi rappresentati, a qualunque fede, etica e cultura appartengano. Certo, questa “giusta” laicità non è laicismo ideologico né esclusivista, ma è fatta di rispetto o di neutralità positiva.
Proprio per questo, da parte loro i cristiani devono vigilare affinché al loro interno non prevalgano quelle derive integraliste, fondamentaliste e settarie presenti ed efficaci nelle diverse chiese in questi ultimi decenni. I cristiani considerano la laicità come un’opportunità e di fatto già ne traggono dei benefici, anche se, prigionieri di nostalgie del passato, non sempre tutti ne sono coscienti: non è forse la laicità che permette ai cristiani di essere presenti senza arroganza ma senza complessi di inferiorità nell’agorà della cultura, nel confronto etico, nelle iniziative di solidarietà?

Si tratta, in un certo senso, di un aiuto a riscoprire il profondo legame e, al contempo, la chiara distinzione tra la fede cristiana e l’impegno nella polis: la fede in Gesù Cristo non è evasiva ma si colloca nella storia, ispira l’agire dei credenti ma non genera messianismi mondani o utopie ideologiche. Un documento anonimo cristiano del II secolo d.C. – la lettera A Diogneto – indica con una chiarezza e attualità rare come i cristiani “vivono nella loro patria, ma come forestieri; partecipano alla vita pubblica come cittadini e da tutto sono distaccati come stranieri; ogni nazione straniera è patria loro, e ogni patria è straniera…”. Consapevoli che la loro vita rappresenta per molti aspetti una differenza e che per questo possono diventare segno di contraddizione per la società.

60
SergioAD
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Viandante Storico
Viandante Storico
Bentornato Aleister, prima di proseguire vorrei dirti che riconosco la tua capacità di non accettare provocazioni e allora accetta le mie scuse.

I Cristiani sono: l'istituzione, i fedeli e quelli traggono vantaggi. Non faccio degli esempi perché non servono. Anche l'importanza del potere gioca.

Ricordi il mio tentativo di mettere da parte la fede per evitare proselitismi ed inutili conflitti sul piano spirituale e portare la discussione sulla società.

La giusta laicità che indichi tu è l'unica possibilità, nel momento in cui le società diventano multietniche non devono pesare unicorni rosa e simili.

Dunque oggi è vero che esiste più tolleranza, è vero che c'è meno ingerenza delle religioni nello stato ed è vero che chi si è meno "monoteisti".

Ad una parte dei Cristiani ciò va bene e ad altri non va bene. Questi ultimi sarebbero contrari al secolarismo, al relativismo ed ai cambiamenti.

Afferma il sommo pontefice che: "la critica alla religione si è intensificata". Nel secolo scorso, c’è stato un "forte processo di secolarismo, all'insegna dell'autonomia assoluta dell'uomo". "Fenomeno particolarmente pericoloso per la fede" è "una forma di ateismo" definito "pratico", "nel quale non si negano le verità della fede o i riti religiosi, ma semplicemente si ritengono irrilevanti per l'esistenza quotidiana, staccati dalla vita, inutili".

Dice inoltre, che:

a) Attraverso la "bellezza" della natura sia possibile "far recuperare all'uomo la capacità di contemplare la creazione" perché si evidenziano i meccanismi di un "disegno intelligente".

b) Attraverso il Catechismo sia possibile ridare all'uomo la capacità di guardare in se stesso e leggere la sete di infinito che si porta dentro e che lo spinge ad andare oltre.

c) Attraverso la "fede" il credente deve vivere come se fosse sempre in missione. "La sua esistenza diventa testimonianza non di se stesso, ma del Risorto" da ostentare sempre.

Se la società secolarista non permette ciò allora o si muoveranno i poteri forti o la società non è secolarista. In realtà l'istituzione religiosa si lamenta dei fedeli troppo emancipati.

61
Aleister
Aleister
Viandante Storico
Viandante Storico
Ciao Sergio, e nessun problema...Sono concorde con la tua osservazione di una resistenza da parte dell'istituzione ecclesiale ad un dialogo con una dimensione di secolarizzazione, di emancipazione che da un lato viene invocata a gran voce ma all'atto pratico trova la Chiesa in posizione fortemente arretrata ed autodifensiva. Atteggiamento curioso in quanto, se vogliamo, il cristianesimo inteso come narrazione dell'incarnazione di Dio, quasi del "farsi mondo" di Dio (per questo non definirei il cristianesimo una religione, come detto qualche post fa..) contiene il germe del processo secolarizzante (pensa alla lettura del cristianesimo - per quanto non priva di ambiguità - di un Vattimo o un Galimberti).
Quanto scrivi pone anche il problema di quella che è stata chiamata la "nuova evangelizzazione", anche questa piuttosto inefficace.

Nuova evangelizzazione non significa imporre all’Europa il vangelo e l’appartenenza alla chiesa, non significa effettuare una retroevangelizzazione che ci riporti a un occidente cristiano precedente la modernità, tanto meno significa tentare un futuro confessionalistico che non tenga conto dell’orizzonte ecumenico assunto soprattutto dal concilio e dal pontificato cattolico di questi ultimi decenni. “È l’ora di uscire da ogni strettoia confessionale – scrive il teologo Jürgen Moltmann – per avanzare insieme al largo. È l’ora dell’ecumenismo per una nuova Europa, altrimenti le chiese diventeranno religione del passato”.

Evangelizzazione e dialogo dunque, perché evangelizzare significa anche ascoltare il mondo, ascoltare gli uomini e le donne di oggi per poter annunciare loro la buona notizia in un linguaggio comprensibile. Più che mai valgono queste parole di Paolo VI: “La chiesa entra in dialogo con il mondo in cui vive, la chiesa si fa parola, la chiesa si fa messaggio, la chiesa si fa conversazione” (Ecclesiam suam 67). La comunicazione della fede deve dunque essere un processo spirituale che inizi le persone al mistero della loro esistenza (anche se la categoria di "mistero è spesso abusata) e non un indottrinamento dogmatico e morale, non deve forzare la porta delle case per portare il suo messaggio, né tanto meno per convertire qualcuno a qualsiasi prezzo.

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Finalitario
Finalitario
Viandante Residente
Viandante Residente
Il problema sostanziale di tutte le religioni è quella di avere un contenuto svuotato di tutta la sostanza essenziale. E finché non si provvederà a ripristinare questo contenuto, vana sarà, ogni attività volta allo sviluppo del dialogo o ecumenismo o alla nuova evangelizzazione.
Se nuova evangelizzazione ci dovrà essere, dovrà contenere l'essenza di quel messaggio che anche le religioni monoteiste hanno dimenticato e/o mai praticato.

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