Semplice. Innanzitutto direi che ubi major minor cessat. Secondariamente occorre dire che talis Pater talis Filius. Poi non occorre dimenticare che per aspera ad astra. E come conclusione, ovviamente, non si può che riconoscere che in hoc signo vinces.Aleister ha scritto:Dopo (non) aver parlato di monoteismo, qualche curiosità sulla fede diventata ora motivo di discussione. Per fede intendete la fides qua creditur o la fides quae creditur?
Ed ancora, vi riferite all'oggetto materiale della fede o all'oggetto
formale come aspetto determinante ed unificatore della conoscenza? Ed
ancora se intendete oggetto formale lo intendete come oggetto formale quod consideratur?
In
tal caso questo oggetto è Dio in se stesso, nella sua semplicità
assoluta, prima di essere riflesso nel prisma dei nostri enunciati
psicologicamente e concettualmente comprensibili e l'atto di fede si
rapporta alla Deitas purissima, tanto che l'atto del credente si deve
dire "non terminatur ad enuntiabile sed ad rem". Cioè con la
fede teologale noi crediamo Dio a motivo di Dio, conosciamo Dio
attraverso Dio. E la ragione è semplice. Il motivo formale della fede
deve essere intrinsecamente adeguato all'oggetto quod della fede
stessa: Deus per Deum cognoscitur. Solo Dio è perfettamente adeguato a
conoscere se stesso. Se si dà una conoscenza adeguata di Dio non potrà
essere che motivata ed ambientata in Dio stesso.
Per questo, il motivo della fede, l'oggetto formale quo, non può essere la propositio Ecclesiae che più che un motivo di fede costituisce una conditio sine qua non dell'atto di fede obiettivamente calibrato.
Mi piacerebbe sapere in quale di questi quadri teologici intendete ciò che definite come fede.
Amen.