Il fumo, all'inizio delle civiltà umane, non era oggetto di consumo di massa ma qualcosa di sacro: era un'esclusiva dei sacerdoti. Quelli Maya e Atzechi, già verso il mille a.C., soffiavano il fumo verso il Sole e in direzione dei punti cardinali per comunicare con le divinità. La nuvoletta di fumo, "immateriale" proprio come potrebbe essere uno spirito, era un'importante strumento religioso.
La funzione del fumo di tabacco fra i nativi americani era dunque quella di provocare uno stato modificato di coscienza, aspirandolo con forza e in grandi quantità. Il tabacco veniva anche masticato o sniffato in polvere per usi più comuni, con presunti poteri curativi, oppure mischiato con cenere e usato come gomma da masticare.
Dall'America il tabacco fece il suo ingresso in Europa, portato dai compagni di Cristoforo Colombo. Nel 1560 un ambasciatore portoghese in Francia, Jean Nicot, promosse il tabacco come pianta medicinale (e da lui viene il nome del principio attivo, la nicotina). Ma ben presto divenne materia prima da fumare fra marinai e soldati europei. Questo non vuole dire però che in Europa o Asia non si era mai fumato prima della scoperta del tabacco in America. Si fumava altro e per la precisione Oppio, Canapa e hashish. L'uso era circoscritto all'area balcanica e mediorientale con un consumo minimo in occidente.
Ma, tornando al tabacco, è curiosa la strada attraverso cui da sostanza sacra e curativa dell'antichità è diventata oggetto di consumo di massa.
Già nel XVII secolo gli inglesi iniziarono a fare fruttare il fumo del tabacco che trovava consumatori non solo fra i soldati, ma anche fra gli intellettuali in forma di sigari o di tabacco per pipa: erano scrittori, poeti e pittori che in questo modo volevano anche contestare i costumi rigidi dell'epoca. Entrarono in scena anche alcune donne, che fondarono in Inghilterra l'Ordine della tabacchiera.
Fra i borghesi invitati a cena ci si ritirava a fumare in una sala con una giacca fornita dall'ospite: quando si tornava in sala da pranzo si lasciava questa giacca, chiamata smoking, e ci si rimetteva la propria, che non puzzava di fumo. Così non si dava fastidio agli altri convenuti. Ma si era ancora fermi all'uso di pipe e sigari, prima che dilagasse senza limiti la "peste del fumo". Che iniziò così: un giorno del 1832 i soldati musulmani turchi che stringevano d'assedio la città di San Giovanni d'Acri provarono a infilare tabacco nei cilindri di carta in cui veniva conservata la polvere da sparo e li accesero per fumare. Inventarono insomma la sigaretta, il virus più aggressivo ed efficiente della pandemia del fumo.
E dalla Turchia alla Gran Bretagna, dalla Francia alla Germania le macchine della rivoluzione industriale iniziarono a confezionare milioni e milioni di sigarette. Il terreno era quello giusto per un'evoluzione: un po' per gli effetti tonici della nicotina e un po' per le antiche e presunte doti magico-taumaturgiche del tabacco, la sigaretta era considerata una sorta di doping per i soldati al fronte, così come il tabacco da pipa era consigliato ai prelati come antidoto contro le tentazioni di tipo sessuale. Così durante la guerra civile americana comparve prima fra i soldati confederati, poi anche fra quelli dell'Unione, un tipo di sigaretta con tabacco più chiaro, selezionato da un coltivatore della Virginia, di gusto più leggero e aromatico. Ma in grado di creare più dipendenza. Un promettente mezzo di diffusione per l'industria delle sigarette che alla fine della guerra di secessione dilagò ovunque.
Nel 1880 apparve infine una macchina capace di garantire prezzi bassi per la produzione di grandi quantità di sigarette, e la pubblicità fece poi il resto. Consigliando per esempio l'uso della sigaretta per mantenere la linea invece di consumare dolciumi. Nei film girati fra la Prima e la Seconda guerra mondiale i divi fumavano quasi tutti, tanto per dare l'esempio. Alla fine della Seconda guerra mondiale le stecche di sigarette che i soldati americani ricevevano gratis sostituivano il denaro nelle transazioni al mercato nero. Poi divennero prodotti molto amati dai governi per caricarli di tasse al consumo. Negli anni Cinquanta e Sessanta, con la scusa del realismo, attori, cantanti, e scrittori comparivano con la sigaretta dappertutto, a teatro, al cinema e anche nel piccolo schermo di casa. Le sigarette avevano definitivamente trasformato l'usanza sacra ed estemporanea del fumo in un vizio quotidiano per le masse. E in una droga di Stato.
Informazioni tratte da: Focus.it
P.s.
Sto facendo un po' di ricerchine sul fumo, sulla sua storia, sul perchè ci piace. Quando troverò altre cose interessanti le posto.