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Lucio Musto ha scritto:Sicuro che era un'aquila? e non magari erano Isabeau e Navarre di Ladyhawke?
paolo iovine ha scritto:le mie prede erano sotto, molto sotto; dovevo caricare d'aria i miei polmoni, fare una capriola e pinneggiare vero il basso comprimendo l' aria nelle orecchie per non farmi scoppiare i timpani; intorno ai 15 metri, dopo aver snobbato un branco di salpe, allineati cane, mirino e preda premetti il grilletto; il cervello della ricciola si spappolò e questa ruotò in un moto surreale col ventre verso l' alto; avevo nuotato almeno tre ore con un mare di merda, ma ne era valsa la pena.
paolo iovine ha scritto:era una bestia di 38 Kg; non potevo stare su e giù con quell' affare legato in cintura, dovevo tornare indietro. Normalmente, per compensare la spinta di galleggiamento della muta, utilizzavo sei chili di piombo, che uniti al peso della ricciola erano un bel fardello; una corrente di merda aveva deciso di lasciarmi lì; erano appena trecento metri dalla costa ma sembravano tre chilometri, la gomma delle pinne mi stava scarnificando i talloni, ma era niente in confronto a quello che avrei fatto io alla ricciola dopo averla cucinata.
paolo iovine ha scritto:era una di quelle sere che non si capisce bene che differenza c'è tra la primavera e l' autunno, quale dei due è che precede l' estate o l' inverno; bè, feci un fuoco di pino; e quando arrivò la teglia questa non tornò più indietro.
Lucio Musto ha scritto:Bello, elegante, pittoresca ed efficacissima descrizione.
Io l'avevo detto che devi scrivere, con qualunque strumento ti capiti fra le mani!
Un solo dettaglio: perché isola merdosa?... non ce lo spieghi!
Forse rifugio di colonie di sterne, gabbiani ed altri uccelli marini produttori di abbondante guano?
paolo iovine ha scritto:non sapevo come chiudere la storiella lasciando il discorso aperto.
paolo iovine ha scritto:
questa merda di isola che vedete si chiama isola bucata; si trova in Sardegna, uno dei posti più merdosi che ci siano al mondo, come i suoi abitanti. In qualsiasi periodo dell' anno il sole l' attraversa; ci si può entrare anche in barca. Poco distante, 2 o 300 metri dal merdoso promontorio di Capo Caccia, su cui svetta un ottocentesco faro, che la scienza non si spiega come mai ancora non sia franato sotto le piogge dei secoli, come la strada che ad esso conduce, ci si può 'avvicinare' alla bucata dopo un impervia discesa a mare degna del più ardito incredulo della stupidità umana.
Giunti in riva al mare, muniti di muta da 5 millimetri e arbalette da 90 con elastici da 20mm si è pronti ad affrontare il mare aperto, le verdesche e soprattutto le succulente ricciole, che in esso prosperano; dopo un oretta di pinneggiata fino alla bucata, mi ritrovo sotto la sua falesia alta 131 metri; in cima ad essa un crocefisso a picco sul mare posizionato negli anni cinquanta, immediatamente sotto io; onde di tre metri mi sollevano come un pezzo di legno, mentre attraverso il vetro della maschera vedo i raggi del sole che penetrano nell' acqua sparire sotto i 40 metri.
le mie prede erano sotto, molto sotto; dovevo caricare d'aria i miei polmoni, fare una capriola e pinneggiare vero il basso comprimendo l' aria nelle orecchie per non farmi scoppiare i timpani; intorno ai 15 metri, dopo aver snobbato un branco di salpe, allineati cane, mirino e preda premetti il grilletto; il cervello della ricciola si spappolò e questa ruotò in un moto surreale col ventre verso l' alto; avevo nuotato almeno tre ore con un mare di merda, ma ne era valsa la pena.
era una bestia di 38 Kg; non potevo stare su e giù con quell' affare legato in cintura, dovevo tornare indietro. Normalmente, per compensare la spinta di galleggiamento della muta, utilizzavo sei chili di piombo, che uniti al peso della ricciola erano un bel fardello; una corrente di merda aveva deciso di lasciarmi lì; erano appena trecento metri dalla costa ma sembravano tre chilometri, la gomma delle pinne mi stava scarnificando i talloni, ma era niente in confronto a quello che avrei fatto io alla ricciola dopo averla cucinata.
giunsi a terra, scarpinai un ottantina di metri tra la verticale e il diagonale fino a giungere il mondo civile; durante tutto il tragitto il mio pensiero era rivolto a trovare una teglia sufficientemente atta a contenere le trance che ne avrei fatto della mia ricciola. Un amico che lavorava in un ristorante della zona mi doveva un favore, non vi fu problema e il gioco fu fato.
era una di quelle sere che non si capisce bene che differenza c'è tra la primavera e l' autunno, quale dei due è che precede l' estate o l' inverno; bè, feci un fuoco di pino; e quando arrivò la teglia questa non tornò più indietro.
non sapevo come chiudere la storiella lasciando il discorso aperto.
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