Del Bene e del Male
Inizio con il dire che questo topic non è mio, è un'idea di altamarea.
Io dico solo la mia.
Ci imbattiamo nel Male tanto quanto nel Bene, o forse addirittura più spesso. Altrettanto spesso ci capita di maneggiarlo a nostro uso e consumo senza neanche riflettere troppo, senza consultare prima la propria coscienza.
Questo modo di fare è indubbiamente dettato da una certa superficialità, ma è necessario tenere conto del fatto che la distinzione tra Bene e Male è filtrata dal soggettivismo che porta a valutare le proprie e le altrui azioni secondo criteri personali i quali, inevitabilmente, inducono a interpretare la natura delle proprie scelte in maniera del tutto individuale.
Quindi, per comprendere a fondo la questione, bisogna prima fare chiarezza sul principio d’identità: quella forza che regola il pensiero e che ci colloca di fronte a un bivio, e pensando alle diverse implicazioni, prendere in considerazione anche l’Etica: quel ramo della filosofia che si propone di stabilire, attraverso criteri razionali, dei parametri che ci consentano di valutare le azioni umane.
Il Bene lo tradurrei in "giusta condotta", ovvero agire secondo leggi morali dettate dall’esterno o autoimposte; il Male, ovviamente, nel suo esatto contrario.
E' possibile analizzare entrambi i poli secondo criteri differenti; la filosofia ne indaga principalmente due aspetti: uno metafisico e uno morale.
La concezione metafisica del Bene e del Male risale al mondo antico e medievale. Secondo Platone il Bene consiste in ciò che dà verità agli oggetti conoscibili: è la fonte di tutto ciò che è, sia esso parte dell’interiorità umana o di ciò che la circonda. Il filosofo accosta questa spiegazione ad una metafora: quella del sole che, levandosi in cielo, svela poco a poco gli elementi che compongono il reale nutrendoli con i suoi raggi. Il Bene "realtà suprema" è una forza in grado di rivelare le cose, pur essendo ben al di sopra di esse. In qualità di antitesi il Male non può che essere interpretato come il non essere, negazione assoluta del Bene e quindi solo un "accidente della realtà". Insomma bene e male non sono realtà o irrealtà indipendenti, ma si attengono alla facoltà di desiderare dell’uomo.
Con Kant abbiamo anche l'introduzione del concetto di male radicale: un’inclinazione naturale al Male che è alla base del comportamento di tutti gli esseri razionali finiti e che porta, quindi, ad allontanarsi dalla legge morale. Il filosofo sostiene che il conoscere le mille sfumature della condizione umana è la sola cosa da cui dipende l’esito della lotta tra Bene e Male, chi esorta al Bene fa parte di una ristretta cerchia di eletti che si impegnano a praticare una via difficile ( e avrebbero perciò il diritto di guardare la moltitudine con disprezzo ). La via del Male sarebbe invece una via aperta alla maggior parte degli individui perché non solo conosce le debolezze umane, ma le perdona e le ammette.
Il vero portatore del Bene è colui il quale si impegna a rendere liberi gli uomini, cercando di diffondere tra essi un sentimento di fraternità; l’individuo volto al Male tenta invece di renderli dipendenti dalla sua figura, cercando di lasciarli in quello stato di indifferenza che non gli consente essere autonomi. Tutto questo avviene perché la condizione comune degli uomini è la fragilità, aspetto che spesso induce gli individui a cedere al Male.
Da un punto di vista letterario Giacomo Leopardi, nel suo “Dialogo della natura e un islandese”, sostiene che il Male nel mondo non è né accidentale né un tipo di disordine straordinario: il Male è, anzi, condizione necessaria all’ordine naturale delle cose. L’ordine dunque è fondato sul Male il quale, pertanto, viene visto dal poeta come un elemento naturale che non sembra lasciare spazio al suo contrario. Non a caso Giacomo Leopardi scriveva anche che : "Tutto è Male", ovvero, tutto ciò che esiste è Male ed è ordinato dal Male. Lo è il fine ultimo dell’universo, lo Stato, le leggi, l’andamento naturale delle cose. Ugo Foscolo inoltre, nelle "Ultime lettere di Jacopo Ortis", estremizza il concetto portando il suo protagonista a reagire al Male negandosi la possibilità di ogni Bene: attraverso il suicidio che, in questo caso, si permea di una carica positiva poiché viene inteso come atto di estrema libertà, l’unico in grado di offrire una via di fuga.
Credo che il modo migliore per concludere questa riflessione sia farlo attraverso le parole di Giacomo Leopardi: nel "Dialogo della natura e un islandese " la Natura dice: Tu mostri non aver posto mente che la vita di quest’universo è un perpetuo circuito di produzione e distruzione, cioè del Bene e del Male, collegati ambedue in maniera che ciascuno serva all’altro in modo continuo alla conservazione del mondo, il quale mancasse uno di questi elementi verrebbe parimenti in dissoluzione".
Inizio con il dire che questo topic non è mio, è un'idea di altamarea.
Io dico solo la mia.
Ci imbattiamo nel Male tanto quanto nel Bene, o forse addirittura più spesso. Altrettanto spesso ci capita di maneggiarlo a nostro uso e consumo senza neanche riflettere troppo, senza consultare prima la propria coscienza.
Questo modo di fare è indubbiamente dettato da una certa superficialità, ma è necessario tenere conto del fatto che la distinzione tra Bene e Male è filtrata dal soggettivismo che porta a valutare le proprie e le altrui azioni secondo criteri personali i quali, inevitabilmente, inducono a interpretare la natura delle proprie scelte in maniera del tutto individuale.
Quindi, per comprendere a fondo la questione, bisogna prima fare chiarezza sul principio d’identità: quella forza che regola il pensiero e che ci colloca di fronte a un bivio, e pensando alle diverse implicazioni, prendere in considerazione anche l’Etica: quel ramo della filosofia che si propone di stabilire, attraverso criteri razionali, dei parametri che ci consentano di valutare le azioni umane.
Il Bene lo tradurrei in "giusta condotta", ovvero agire secondo leggi morali dettate dall’esterno o autoimposte; il Male, ovviamente, nel suo esatto contrario.
E' possibile analizzare entrambi i poli secondo criteri differenti; la filosofia ne indaga principalmente due aspetti: uno metafisico e uno morale.
La concezione metafisica del Bene e del Male risale al mondo antico e medievale. Secondo Platone il Bene consiste in ciò che dà verità agli oggetti conoscibili: è la fonte di tutto ciò che è, sia esso parte dell’interiorità umana o di ciò che la circonda. Il filosofo accosta questa spiegazione ad una metafora: quella del sole che, levandosi in cielo, svela poco a poco gli elementi che compongono il reale nutrendoli con i suoi raggi. Il Bene "realtà suprema" è una forza in grado di rivelare le cose, pur essendo ben al di sopra di esse. In qualità di antitesi il Male non può che essere interpretato come il non essere, negazione assoluta del Bene e quindi solo un "accidente della realtà". Insomma bene e male non sono realtà o irrealtà indipendenti, ma si attengono alla facoltà di desiderare dell’uomo.
Con Kant abbiamo anche l'introduzione del concetto di male radicale: un’inclinazione naturale al Male che è alla base del comportamento di tutti gli esseri razionali finiti e che porta, quindi, ad allontanarsi dalla legge morale. Il filosofo sostiene che il conoscere le mille sfumature della condizione umana è la sola cosa da cui dipende l’esito della lotta tra Bene e Male, chi esorta al Bene fa parte di una ristretta cerchia di eletti che si impegnano a praticare una via difficile ( e avrebbero perciò il diritto di guardare la moltitudine con disprezzo ). La via del Male sarebbe invece una via aperta alla maggior parte degli individui perché non solo conosce le debolezze umane, ma le perdona e le ammette.
Il vero portatore del Bene è colui il quale si impegna a rendere liberi gli uomini, cercando di diffondere tra essi un sentimento di fraternità; l’individuo volto al Male tenta invece di renderli dipendenti dalla sua figura, cercando di lasciarli in quello stato di indifferenza che non gli consente essere autonomi. Tutto questo avviene perché la condizione comune degli uomini è la fragilità, aspetto che spesso induce gli individui a cedere al Male.
Da un punto di vista letterario Giacomo Leopardi, nel suo “Dialogo della natura e un islandese”, sostiene che il Male nel mondo non è né accidentale né un tipo di disordine straordinario: il Male è, anzi, condizione necessaria all’ordine naturale delle cose. L’ordine dunque è fondato sul Male il quale, pertanto, viene visto dal poeta come un elemento naturale che non sembra lasciare spazio al suo contrario. Non a caso Giacomo Leopardi scriveva anche che : "Tutto è Male", ovvero, tutto ciò che esiste è Male ed è ordinato dal Male. Lo è il fine ultimo dell’universo, lo Stato, le leggi, l’andamento naturale delle cose. Ugo Foscolo inoltre, nelle "Ultime lettere di Jacopo Ortis", estremizza il concetto portando il suo protagonista a reagire al Male negandosi la possibilità di ogni Bene: attraverso il suicidio che, in questo caso, si permea di una carica positiva poiché viene inteso come atto di estrema libertà, l’unico in grado di offrire una via di fuga.
Credo che il modo migliore per concludere questa riflessione sia farlo attraverso le parole di Giacomo Leopardi: nel "Dialogo della natura e un islandese " la Natura dice: Tu mostri non aver posto mente che la vita di quest’universo è un perpetuo circuito di produzione e distruzione, cioè del Bene e del Male, collegati ambedue in maniera che ciascuno serva all’altro in modo continuo alla conservazione del mondo, il quale mancasse uno di questi elementi verrebbe parimenti in dissoluzione".