Cogito.
Derivato dall'abbreviazione Cartesiana " cogito ergo sum " esprime l'autoevidenza esistenziale del soggetto pensante, cioè la certezza che il soggetto pensante ha della sua esistenza in quanto tale.
Si tratta di un movimento di pensiero che è stato ripresentato varie volte nella storia, sia pure per fini diversi.
S. Agostino si avvalse di esso per confutare lo scetticismo accademico, cioè per dimostrare che non si può restare fermi al dubbio (o alla sospensione dell'assenso).
Da S. Agostino lo stesso atteggiamento di pensiero passerà in alcuni Scolastici come S. Tommaso, - Nessuno - egli dice- può pensare con assenso (nel senso di credere) di non essere, perchè pensando a qualcosa, percepisce di essere-.
Per quanto questo movimento di pensiero sia stato utilizzato per servire a fini diversi ( S. Agostino, ad es., lo utilizza per dimostrare la trascendenza della Verità [che è Dio stesso] e la presenza di essa nell'anima umana. Campanella lo utilizza per dimostrare la priorità di una nozione innata in sè su ogni altra specie di conoscenza, e Cartesio per giustificare il suo metodo dell'evidenza) e il suo preciso significato sia quindi inteso diversarsamente da un filosofo ed un altro, poche volte si è tuttavia dubitato ( tranne Nietzsche o Carnap ) della sua validità generale.
Ad ogni filosofia che faccia appello alla coscienza come allo strumento della ricerca filosofica, il Cogito deve apparire indubitabile perchè in realtà esso altro non è che la formulazione del postulato metodologico di una tale filosofia.
Ma anche filosofie che non riconoscono tale postulato fanno uso del Cogito e lo riconoscono, infine, valido.
Così fa, ad es., Locke che vede in esso - il più alto grado di certezza- , o Kant che vede in esso la stessa appercezione pura ( o coscienza riflessiva ).
Nella filosofia contemporanea, Husserl assume esplicitamente il Cogito come punto di partenza della sua filosofia e ricorre ad esso continuamente nel corso delle sue analisi, considerandolo come la struttura stessa dell'esperienza vissuta (o coscienza).
Heidegger stesso non mette in dubbio la validità del Cogito per quanto rimproveri a Kant di aver ristretto con esso l'io ad un "soggetto logico", isolato, " soggetto che accompagna le rappresentazioni in modo ontologicamente del tutto indeterminato".
Di fronte ad una così ampia accettazione, le critiche sono state assai scarse.
Si può pensare alla critica di Vico che rimproverava a Cartesio di aver detto "io penso dunque sono" invece di " io penso dunque esisto" (conoscenza di causa, in quanto il Cogito Cartesiano sarebbe principio di scienza solo nel caso che la coscienza fosse causa dell'esistenza). Vico, comunque, non nega che il Cogito costituisca una certezza valida, anzi si preoccupa di correggerlo, come più sopra accennato.
La critica di Kierkegaard si rivolge alla portata, più che alla validità, del Cogito Cartesiano.
- Il principio di Cartesio "io penso dunque sono" è, al lume di logica, un gioco di parole, poichè quell' "io sono" non significa altro, logicamente, se non " io sono pensante " ovvero "io penso"- .
In altri termini, secondo Kierkegaard, la proposizione Cartesiana è puramente tautologica (è solo un'affermazione vera e conosciuta), in quanto il suo presupposto è l'identità dell'esistenza sommata al pensiero.
La vera, semplice e decisiva critica a questa nozione è da ritenersi quella di Nietzsche :- Si pensa, dunque c'è qualcosa che pensa, a questo si riduce l'argomentazione di Cartesio. Ma questo significa soltanto ritenere come vera a priori la nostra credenza nell'idea di sostanza. Dire che, quando si pensa, bisogna che sia qualcosa che pensi è semplicemente la formulazione dell'abitudine grammaticale che all'azione aggiunge un attore. In breve qui non si fa altro che formulare un postulato logico-metafisico, in luogo di contentarsi di constatarlo... Se si riduce la proposizione a questo " si pensa, dunque ci sono pensieri" ne risulta una semplice tautologia e la "realtà del pensiero" rimane fuori questione sicchè, in questa forma, si è portati a riconoscere l' "apparenza" del pensiero. Ma Cartesio voleva che il pensiero non fosse una realtà apparente ma fosse un in sè -.
Queste considerazioni di Nietzsche costituiscono una critica che molti filosofi contemporanei accetterebbero, del principio del Cogito.
Ad essa fa esplicito riferimento Carnap che sostanzialmente la ripete - l'esistenza dell'io- egli dice - non è un un originario stato di fatto. Dal Cogito non segue il sum; da " io sono cosciente" non segue che "io sono" ma soltanto che vi è un'esperienza cosciente. L'io non appartiene all'espressione delle fondamentali esperienze vissute, ma viene costituito più tardi, essenzialmente allo scopo di delimitare il suo ambito da quello all'altro... -. Questa critica è però ben lungi dall'essere condivisa anche dagli stessi empiristi logici e Ayer, per es., riconferma sostanzialmente la validità del principio Cartesiano come verità logica, pur limitandone la portata. - Se qualcuno pretende di sapere che egli esiste o che è conscio, la sua pretesa deve essere valida semplicemente perchè il suo essere valida è la logica condizione della sua esistenza-.
La posizione di Nietzsche su questo punto era più radicale, e sicuramente, più corretta (ed in questo io mi ritrovo perfettamente d'accordo con lui).
P.S.
Questo topic non vuole essere un "blog, un autodiario, o come si chiama...", mi farebbe piacere ci fossero dei thread a seguito, altri post.
Mi piace postare tematiche filosofiche, ovvio che questo non vuol dire che ci sia condivisione o sviluppi dell'interazione tra di noi. Niente è obbligatorio.
Però ognuno potrebbe dire la sua, anche in maniera diversa, o contraria, sul Cogito, sulla coscienza esistenziale.
A chi volesse risopondere un "grazie" anticipato.
Derivato dall'abbreviazione Cartesiana " cogito ergo sum " esprime l'autoevidenza esistenziale del soggetto pensante, cioè la certezza che il soggetto pensante ha della sua esistenza in quanto tale.
Si tratta di un movimento di pensiero che è stato ripresentato varie volte nella storia, sia pure per fini diversi.
S. Agostino si avvalse di esso per confutare lo scetticismo accademico, cioè per dimostrare che non si può restare fermi al dubbio (o alla sospensione dell'assenso).
Da S. Agostino lo stesso atteggiamento di pensiero passerà in alcuni Scolastici come S. Tommaso, - Nessuno - egli dice- può pensare con assenso (nel senso di credere) di non essere, perchè pensando a qualcosa, percepisce di essere-.
Per quanto questo movimento di pensiero sia stato utilizzato per servire a fini diversi ( S. Agostino, ad es., lo utilizza per dimostrare la trascendenza della Verità [che è Dio stesso] e la presenza di essa nell'anima umana. Campanella lo utilizza per dimostrare la priorità di una nozione innata in sè su ogni altra specie di conoscenza, e Cartesio per giustificare il suo metodo dell'evidenza) e il suo preciso significato sia quindi inteso diversarsamente da un filosofo ed un altro, poche volte si è tuttavia dubitato ( tranne Nietzsche o Carnap ) della sua validità generale.
Ad ogni filosofia che faccia appello alla coscienza come allo strumento della ricerca filosofica, il Cogito deve apparire indubitabile perchè in realtà esso altro non è che la formulazione del postulato metodologico di una tale filosofia.
Ma anche filosofie che non riconoscono tale postulato fanno uso del Cogito e lo riconoscono, infine, valido.
Così fa, ad es., Locke che vede in esso - il più alto grado di certezza- , o Kant che vede in esso la stessa appercezione pura ( o coscienza riflessiva ).
Nella filosofia contemporanea, Husserl assume esplicitamente il Cogito come punto di partenza della sua filosofia e ricorre ad esso continuamente nel corso delle sue analisi, considerandolo come la struttura stessa dell'esperienza vissuta (o coscienza).
Heidegger stesso non mette in dubbio la validità del Cogito per quanto rimproveri a Kant di aver ristretto con esso l'io ad un "soggetto logico", isolato, " soggetto che accompagna le rappresentazioni in modo ontologicamente del tutto indeterminato".
Di fronte ad una così ampia accettazione, le critiche sono state assai scarse.
Si può pensare alla critica di Vico che rimproverava a Cartesio di aver detto "io penso dunque sono" invece di " io penso dunque esisto" (conoscenza di causa, in quanto il Cogito Cartesiano sarebbe principio di scienza solo nel caso che la coscienza fosse causa dell'esistenza). Vico, comunque, non nega che il Cogito costituisca una certezza valida, anzi si preoccupa di correggerlo, come più sopra accennato.
La critica di Kierkegaard si rivolge alla portata, più che alla validità, del Cogito Cartesiano.
- Il principio di Cartesio "io penso dunque sono" è, al lume di logica, un gioco di parole, poichè quell' "io sono" non significa altro, logicamente, se non " io sono pensante " ovvero "io penso"- .
In altri termini, secondo Kierkegaard, la proposizione Cartesiana è puramente tautologica (è solo un'affermazione vera e conosciuta), in quanto il suo presupposto è l'identità dell'esistenza sommata al pensiero.
La vera, semplice e decisiva critica a questa nozione è da ritenersi quella di Nietzsche :- Si pensa, dunque c'è qualcosa che pensa, a questo si riduce l'argomentazione di Cartesio. Ma questo significa soltanto ritenere come vera a priori la nostra credenza nell'idea di sostanza. Dire che, quando si pensa, bisogna che sia qualcosa che pensi è semplicemente la formulazione dell'abitudine grammaticale che all'azione aggiunge un attore. In breve qui non si fa altro che formulare un postulato logico-metafisico, in luogo di contentarsi di constatarlo... Se si riduce la proposizione a questo " si pensa, dunque ci sono pensieri" ne risulta una semplice tautologia e la "realtà del pensiero" rimane fuori questione sicchè, in questa forma, si è portati a riconoscere l' "apparenza" del pensiero. Ma Cartesio voleva che il pensiero non fosse una realtà apparente ma fosse un in sè -.
Queste considerazioni di Nietzsche costituiscono una critica che molti filosofi contemporanei accetterebbero, del principio del Cogito.
Ad essa fa esplicito riferimento Carnap che sostanzialmente la ripete - l'esistenza dell'io- egli dice - non è un un originario stato di fatto. Dal Cogito non segue il sum; da " io sono cosciente" non segue che "io sono" ma soltanto che vi è un'esperienza cosciente. L'io non appartiene all'espressione delle fondamentali esperienze vissute, ma viene costituito più tardi, essenzialmente allo scopo di delimitare il suo ambito da quello all'altro... -. Questa critica è però ben lungi dall'essere condivisa anche dagli stessi empiristi logici e Ayer, per es., riconferma sostanzialmente la validità del principio Cartesiano come verità logica, pur limitandone la portata. - Se qualcuno pretende di sapere che egli esiste o che è conscio, la sua pretesa deve essere valida semplicemente perchè il suo essere valida è la logica condizione della sua esistenza-.
La posizione di Nietzsche su questo punto era più radicale, e sicuramente, più corretta (ed in questo io mi ritrovo perfettamente d'accordo con lui).
P.S.
Questo topic non vuole essere un "blog, un autodiario, o come si chiama...", mi farebbe piacere ci fossero dei thread a seguito, altri post.
Mi piace postare tematiche filosofiche, ovvio che questo non vuol dire che ci sia condivisione o sviluppi dell'interazione tra di noi. Niente è obbligatorio.
Però ognuno potrebbe dire la sua, anche in maniera diversa, o contraria, sul Cogito, sulla coscienza esistenziale.
A chi volesse risopondere un "grazie" anticipato.