Arwen ha scritto:Finito anch'io, conferma l'impressione iniziale, dal titolo e l'inizio della trama non fa pensare ad un libro dell'orrore ma dopo alcuni capitoli si viene introdotti e calati in un'atmosfera lugubre e si scopre il lato oscuro e psicopatico dei personaggi principali e carnefici. L'impotenza delle vittime e mi sorprende, anzi mi fa rabbia il coinvolgimento, anche se come spettatore, del protagonista narrante in questo macabro e crudele gioco che si trasforma presto in una tortura da psicopatici, possibile poi che nessuno, pur immaginando che cose strane accadessero, non facesse nulla per indagare e scoprire ciò che stava avvenendo al nel buio di quello scantinato?
Trova forse "giustificazione" nel fatto che all'epoca del crimine l'idea che la donna fosse sottomessa per cui: "....vedi, è come l'eccezione che conferma la regola. Non dovresti mai picchiare una donna....qualche volta però non hai scelta. Ci vieni tirato per i capelli. Vedi, sono cose giuste entrambe le cose" che messaggio trasmette? Quante generazioni cresciute con questa idea che picchiare una donna è sbagliato ma qualche volta si può.
Un'epoca in cui i ragazzini se disobbedivano venivano menati e la loro parola non contava nulla, per cui inutile rivolgersi alle autorità, di conseguenza anche i loro reati venivano derubricati, dopo il periodo del carcere minorile se ne uscivano puliti come se non avessero commesso nulla.Salvo poi, una volta adulti, trasformarsi in mostri, replicando gli stessi orrori commessi da ragazzini.
Tutto questo fa riflettere.
Il protagonista, l'unico ad avere una morale, viene assolto solo perchè alla fine prende coscienza e cerca di aiutare Meg, trova riscatto nella giustizia fai da te nei confronti della carnefice col tacito consenso di tutti i presenti.
Una crudeltà inaudita che non trova alcuna giustificazione se non nella psicopatia e sapere che il racconto s'ispira a mostri e crimini realmente accaduti spaventa.
Penso che quello che viene raccontato si possa spiegare con "l'effetto Milgram", un'autorità, la madre(psicopatica), a cui i figli non possono disubbidire e con la quale il protagonista è complice, il tutto realizzato in un ambiente che va racchiudendosi in se stesso, come Rhut, sempre più distante, più trasandata, più ubriaca. Di pari passo anche la casa e le azioni dei protagonisti ne riflettono il disordine
Nel libro si racconta che Ruth "vincola" gli amici dei figli dando loro da bere birra e facendogli promettere" non dirlo ai tuoi genitori", li rende già complici da questo primo momento (ho sempre detto ai miei figli: "quando qualcuno ti dice -non dirlo a mamma e papà- quella è la cosa che devi assolutamente dire a mamma e papà"").
ps. avrei la possibilità di vedere il film, ma sinceramente non so se lo vedrò, il libro è stato già abbastanza angosciante.
Dal punto di vista orrorifico svolge egregiamente il suo compito.