Fenomenologia del "rosicone": anche questa è psicologia !
Ci sono nella lingua tedesca parole composte intraducibili, perché più che parole sono “porte” su mondi immaginati o reali.
Per tradurre la sola parola “schadenfreude” ne servono 11 con la lingua italiana ("la gioia che si prova di fronte al dolore degli altri") e 6 con la lingua inglese: “the joy of another’s misfortune”.
La “schadenfreude” per qualcuno può essere un’emozione piacevole, gratificante, per altri è abbinata al senso di colpa al solo pensarla. Ad alcuni può sembrare una profezia che si avvera: se si è stati costretti ad ascoltare persone vanesie al limite della mitomania, spesso capaci di affascinare parte degli interlocutori, è inevitabile pensare (o dire), quando questi dovesse cadere in disgrazia: ecco, visto, l’avevo detto io che era un bluff.
Accade anche tra avversari politici: se uno perde consensi dopo averli guadagnati sostenendo una buona causa, in caso di fallimento l’altro proverà soddisfazione.
Tutto nasce dall’invidia per qualità che si sa di non possedere. Non a caso Nietzsche citava la “vendetta dell’impotente” per spiegare il significato di “schadenfreude”, mentre per il filosofo Schopenhauer era “l’indizio più infallibile di un cuore profondamente cattivo”.
Sono stati ideati neologismi come “online haters” (= leoni da tastiera), ma volendo capire cosa scateni l’odio e l’aggressività sul web forse basta la parola”schadenfreude”. Nella maggioranza dei casi Internet e i socialnetwork permettono di dare libero sfogo a quel misto di frustrazione-delusione-invidia-complesso di inferiorità che fa gioire per le difficoltà altrui. La schadenfreude tira fuori il peggio di noi.
L’antidoto ? L’ironia e l’autoironia, per non diventare “haters” e per difendersi dagli “haters”.
Ci sono nella lingua tedesca parole composte intraducibili, perché più che parole sono “porte” su mondi immaginati o reali.
Per tradurre la sola parola “schadenfreude” ne servono 11 con la lingua italiana ("la gioia che si prova di fronte al dolore degli altri") e 6 con la lingua inglese: “the joy of another’s misfortune”.
La “schadenfreude” per qualcuno può essere un’emozione piacevole, gratificante, per altri è abbinata al senso di colpa al solo pensarla. Ad alcuni può sembrare una profezia che si avvera: se si è stati costretti ad ascoltare persone vanesie al limite della mitomania, spesso capaci di affascinare parte degli interlocutori, è inevitabile pensare (o dire), quando questi dovesse cadere in disgrazia: ecco, visto, l’avevo detto io che era un bluff.
Accade anche tra avversari politici: se uno perde consensi dopo averli guadagnati sostenendo una buona causa, in caso di fallimento l’altro proverà soddisfazione.
Tutto nasce dall’invidia per qualità che si sa di non possedere. Non a caso Nietzsche citava la “vendetta dell’impotente” per spiegare il significato di “schadenfreude”, mentre per il filosofo Schopenhauer era “l’indizio più infallibile di un cuore profondamente cattivo”.
Sono stati ideati neologismi come “online haters” (= leoni da tastiera), ma volendo capire cosa scateni l’odio e l’aggressività sul web forse basta la parola”schadenfreude”. Nella maggioranza dei casi Internet e i socialnetwork permettono di dare libero sfogo a quel misto di frustrazione-delusione-invidia-complesso di inferiorità che fa gioire per le difficoltà altrui. La schadenfreude tira fuori il peggio di noi.
L’antidoto ? L’ironia e l’autoironia, per non diventare “haters” e per difendersi dagli “haters”.