introdurlo citando Aldo Santini, giornalista livornese, recentemente scomparso.
Penna arguta del Tirreno, inviato del settimanale L'Europeo (negli anni Sessanta)
acuto narratore di storie livornesi:
"Quando a Milano noi toscani vantiamo la nostra cucina, i gastronomi lombardi ci danno
sulla voce dicendo che in Toscana non si cucina: si cuoce. Ora sarà vero che i toscani
sanno cuocere e non cucinare, nel senso che, avendo avuto materie prime ottime, bastava
cuocerle per esaltarne la qualità, mentre al nord erano così scadenti che dovevano
elaborarle per nasconderne le magagne. Ed è altrettanto vero che oggi, crollata in Toscana
la qualità di certe materie prime, ad esempio la carne, non basta più cuocere, ma bisognerebbe
cucinare. Rimane però il fatto che la cucina toscana, con la sua semplicità, ci permette, almeno
a Firenze, di non abbandonare i piatti tradizionali che altrove sono complicati e laboriosi.
In nessun'altra città, come a Firenze, si può gustare, nelle trattorie e anche nei ristoranti
di buon nome, pietanze tradizionali modernamente alleggerite.
D'accordo, i fiorentini, che non si credono secondi a nessuno in nulla, hanno il difetto di farci
un testone così ripetendo di aver esportato a Parigi, con Caterina de'Medici, molte ricette che, tradotte
in francese (omelette, béchamel, caneton à l'orange, crepes) hanno dato alla cucina francese
rinomanza universale. Di qui i commenti ironici della critica al servizio della stampa del nord.
L'Italia, si sa, è divisa in regioni, non solo amministrativamente. Ma intanto sono proprio
i suoi limiti, e i difetti dei suoi paladini, a fare della cucina toscana, e quella fiorentina
in particolare (con i pratesi secessionisti che hanno pronta la targa automobilistica, PO, della loro
provincia), un patrimonio di cultura vivo e funzionante, ricco di pepe polemico".
(tratto da La cucina toscana)