blasel ha scritto:Non a caso, anche se le risposte al mio quesito sono numericamente ridotte, vedo che Buzzati con il "Deserto dei Tartari" e gia' citato piu' volte.
E' un libro molto affascinante che l'autore scrisse in nove anni (dal 1933 al 1939) e fu pubblicato nel 1940, anno in cui la storia del tenente Drogo fu di dominio dei lettori.
Tra di essi ci fu Jacques Perrin, attore francese, gia' famoso sia come attore che come produttore, il quale decise di farne un film che poi produsse nel 1976 con la regia di Valerio Zurlini.
Per quanto il film sia ben diretto ed interpretato da grandissimi nomi : lo stesso Perrin interpreta Drogo, poi ci sono : Vittorio Gassman, Philippe Noiret, Fernando Rey, Max Von Sidow, Giuliano Gemma, Laurent Terzieff, Francisco Rabal, Jean-Louis Trintignant, ed altri, e' molto diverso dal testo da cui e' tratto.
Ed e' questo il punto che desidero sottolineare. Anche il cinema e' cultura, ma e' una cultura diversa da quella che fornisce la letteratura e sarebbe molto meglio se certe opere letterarie restassero tali e non si tentasse di trasporle in immagini, essendo costretti, poi, per rispettare l'opera cinematrografica, a tradire l'opera letteraria.
Che dire delle persone che, ascoltando una discussione, come la stiamo facendo, sui libri, intervengono dicendo :"Ma io ho visto il film....."
Io non ho letto il romanzo, della cui esistenza e significato intrinseco peraltro sono sempre stata a conoscenza, essendo molto famoso soprattutto in senso metaforico, tanto è vero che lo citavo a proposito della "solitudine della vita" in occasione di uno scritto su un mio diario nell'ormai (ahimè) lontano 1985.
Scrivo a proposito di ciò che hai scritto in questo post : ho apppena visto il film che hai citato.
Il romanzo da cui derivi qualsiasi trasposizione cinematografica ritengo sia sempre superiore al film, foss'altro per il ruolo che gioca la fantasia nella lettura : la costruzione fantastica indivuale non potrà mai essere eguagliata da quella di un'altro.
Quindi, essendo assente in me questa fantasia derivante da una precedente lettura, riportando la sintesi della recensione del quasi infallibile Morando Morandini : "Uno dei film più precisi e interessanti di Zurlini per il nitore astratto dellle immagini e i tempi narrativi. La metafora esistenziale è inquietante.", dico la mia, sempre per quel che può valere, beninteso. E' comunque una testimonianza che può far nascere una discussione interessante (spero
).
Ho trovato il racconto (cinematografico, appunto) profondo e desolante. L'emozione, intensa, che trasmette è ben veicolata.
Io ne traggo, ciò che ormai ho imparatato : la vita è, comunque, spietata.
Credo che il regista abbia saputo rendere bene l'atmosfera che Buzzati voleva comunicare.
Se qualcuno avrà tempo, voglia, desiderio, insomma se qualcuno di voi avrà piacere di scrivere una replica mostrando, in sintesi, le differenze con il libro non potrà che essere un piacere per me leggerla
PS : credo, e spero, di non essere scivolata in O.T....: in fondo si parla di libri, no? :ç-*: