Sabotaggio d'amore - Amélie Nothomb
Ho avuto un bel leggere Ho Chi Min nel testo originale, tradurre Marx in ittita, abbandonarmi a un' analisi stilistica delle epanadiplosi del Libretto rosso, fare una trascrizione oulipiana del pensiero di Lenin, ho avuto un bel dare in pasto il comunismo alla mia riflessione, o viceversa: non sono riuscita ad andare oltre le conclusioni di quando avevo cinque anni.
Avevo appena messo piede in terra Rossa, non ero nemmeno uscita dall'aeroporto, e avevo già capito.
Avevo trovato il solo veicolo che potesse riassumere la situazione in una frase.
Questa asserzione era al tempo stesso bella, semplice, poetica e deludente, come tutte le grandi verità.
"L'acqua bolle a cento gradi." Frase di una bellezza elementare, che lascia un po' insoddisfatti.
Ma la vera bellezza deve lasciare insoddisfatti: deve lasciare all'anima una parte del suo desiderio.
Quanto a questo, la mia frase era bella.
Eccola: "Un paese comunista è un paese dove ci sono dei ventilatori."
Questa frase ha una struttura così luminosa che potrebbe servire come esempio in un trattato viennese di logica. Ma, al di là delle sue qualità di stile, questa asserzione è sorprendente perchè è vera.
All'aeroporto di Pechino, quando mi sono trovata faccia a faccia con una selva di ventilatori, questa verità mi è balzata agli occhi con l'inesplicabile evidenza delle rivelazioni.
Quegli strani fiori dalla corolla girevole chiusa in uno scolatoio da insalata non potevano non essere la spia di un ambiente fuori dal comune.
In Giappone c'era l'aria condizionata. Non ricordavo di aver mai visto lì questi vegetali plastificati.
Nei paesi comunisti, poteva capitare che ci fosse l'aria condizionata, ma non funzionava: allora era necessario un ventilatore.
In seguito ho vissuto in altri paesi comunisti, la Birmania e il Laos, che hanno confermato le mie opinioni del 1972.
Non voglio dire che nei paesi non comunisti non ci siano mai ventilatori, ma sono molto più rari e, cosa più impalpabile, lì sono insignificanti.
Il ventilatore sta al comunismo come l'epiteto sta a Omero: Omero non è l'unico scrittore al mondo che abbia utilizzato gli epiteti. Ma è sulla sua pagina che gli epiteti acquistano il loro pieno significato.
Nel 1985, nel suo film Papà è in viaggio d'affari, Kusturica ha girato una scena di interrogatorio comunista che metteva a confronto tre personaggi: l'interrogatore, l'interrogato e un ventilatore. Durante l'interminabile seduta di domande e risposte, la testa girevole dell'apparecchio si blocca, a un ritmo inesorabile, ora sull'interrogatore, ora sull'interrogato: si fissa su ogni personaggio prima di spostare il cono d'aria fino all'altro. Quel movimento assurdo e orripilante spinge all'estremo il senso di malessere della scena.
Durante tutto l'interrogatorio non si muove niente, né i due uomini né la macchina da presa: c'è solo questa. oscillazione del ventilatore. Senza il ventilatore, la scena non avrebbe mai potuto essere snervante fino a quel punto. Il ventilatore ha il ruolo del coro antico — solo molto più insopportabile, perché non emette giudizi, non pensa niente, si contenta di esserci per far risuonare
le cose e svolgere, con esattezza infallibile, il suo lavoro di ventilatore: efficace e senza opinioni, il coro che sognano tutti i regimi totalitari.
Dubito che anche l'avallo di un celebre cineasta jugoslavo
possa bastare a convincere della pertinenza delle mie riflessioni
Ho avuto un bel leggere Ho Chi Min nel testo originale, tradurre Marx in ittita, abbandonarmi a un' analisi stilistica delle epanadiplosi del Libretto rosso, fare una trascrizione oulipiana del pensiero di Lenin, ho avuto un bel dare in pasto il comunismo alla mia riflessione, o viceversa: non sono riuscita ad andare oltre le conclusioni di quando avevo cinque anni.
Avevo appena messo piede in terra Rossa, non ero nemmeno uscita dall'aeroporto, e avevo già capito.
Avevo trovato il solo veicolo che potesse riassumere la situazione in una frase.
Questa asserzione era al tempo stesso bella, semplice, poetica e deludente, come tutte le grandi verità.
"L'acqua bolle a cento gradi." Frase di una bellezza elementare, che lascia un po' insoddisfatti.
Ma la vera bellezza deve lasciare insoddisfatti: deve lasciare all'anima una parte del suo desiderio.
Quanto a questo, la mia frase era bella.
Eccola: "Un paese comunista è un paese dove ci sono dei ventilatori."
Questa frase ha una struttura così luminosa che potrebbe servire come esempio in un trattato viennese di logica. Ma, al di là delle sue qualità di stile, questa asserzione è sorprendente perchè è vera.
All'aeroporto di Pechino, quando mi sono trovata faccia a faccia con una selva di ventilatori, questa verità mi è balzata agli occhi con l'inesplicabile evidenza delle rivelazioni.
Quegli strani fiori dalla corolla girevole chiusa in uno scolatoio da insalata non potevano non essere la spia di un ambiente fuori dal comune.
In Giappone c'era l'aria condizionata. Non ricordavo di aver mai visto lì questi vegetali plastificati.
Nei paesi comunisti, poteva capitare che ci fosse l'aria condizionata, ma non funzionava: allora era necessario un ventilatore.
In seguito ho vissuto in altri paesi comunisti, la Birmania e il Laos, che hanno confermato le mie opinioni del 1972.
Non voglio dire che nei paesi non comunisti non ci siano mai ventilatori, ma sono molto più rari e, cosa più impalpabile, lì sono insignificanti.
Il ventilatore sta al comunismo come l'epiteto sta a Omero: Omero non è l'unico scrittore al mondo che abbia utilizzato gli epiteti. Ma è sulla sua pagina che gli epiteti acquistano il loro pieno significato.
Nel 1985, nel suo film Papà è in viaggio d'affari, Kusturica ha girato una scena di interrogatorio comunista che metteva a confronto tre personaggi: l'interrogatore, l'interrogato e un ventilatore. Durante l'interminabile seduta di domande e risposte, la testa girevole dell'apparecchio si blocca, a un ritmo inesorabile, ora sull'interrogatore, ora sull'interrogato: si fissa su ogni personaggio prima di spostare il cono d'aria fino all'altro. Quel movimento assurdo e orripilante spinge all'estremo il senso di malessere della scena.
Durante tutto l'interrogatorio non si muove niente, né i due uomini né la macchina da presa: c'è solo questa. oscillazione del ventilatore. Senza il ventilatore, la scena non avrebbe mai potuto essere snervante fino a quel punto. Il ventilatore ha il ruolo del coro antico — solo molto più insopportabile, perché non emette giudizi, non pensa niente, si contenta di esserci per far risuonare
le cose e svolgere, con esattezza infallibile, il suo lavoro di ventilatore: efficace e senza opinioni, il coro che sognano tutti i regimi totalitari.
Dubito che anche l'avallo di un celebre cineasta jugoslavo
possa bastare a convincere della pertinenza delle mie riflessioni