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Nonno Lucio
Assolutamente, amico!... nessuna remora da parte mia a raccontarmi nei miei anni verdi! Ormai sono troppo vecchio per arrossire, e sufficientemente saggio per illudermi che ogni frammento di una esperienza passata possa essere utile alle esperienze future.
Un po’ come i residui di vite trascorse possono essere utili come concime, fonte di energia per i nuovi virgulti.
Si, io a 24 anni ero decisamente troppo giovane ed impreparato al matrimonio; ne ero perfettamente cosciente ed allora, proprio come adesso, molto scettico sull’istituzione matrimoniale così com’era, e come ancora è formulata adesso. Infatti sono sfavorevole anche al divorzio, che così come regolamentato oggi, non è che il figlio deforme e focomelico del matrimonio di allora, quello cui con libera scelta e piena coscienza, io mi sottomisi.
Perché allora sposarsi?... e perché “liberamente” farlo a 24 anni?...
Per gli altri che facevano come me, ai miei tempi, non saprei rispondere, ma per quanto mi riguarda la risposta è assai precisa. Io, “più realista del re”, conoscevo bene le mie idee ribelli al “sistema”, ma ero anche perfettamente conscio che il “sistema” era più forte di me, e che con il “sistema” avrei dovuto fare i conti; per molti anni, se non per sempre. E coscientemente mi sottomisi.
Le mie priorità esistenziali erano: avere dei figli, ed averli al più presto possibile, in modo da essere ancora relativamente giovane ed in grado di comprenderli (sia pure a fatica e grazie ad accurato allenamento) nella fase critica della loro adolescenza, e propormi come loro amico.
Poco merito mio, in questo; probabilmente cercavo di riscattare il gap generazionale che mi aveva tenuto staccato dai miei genitori, encomiabili certo, ma troppo lontani da me per età e mentalità per renderli miei “pari”. I miei genitori furono egregi precettori di vita, ma non potettero anche essere miei “compagni d’infanzia”. Fra il loro formarsi ed il mio c’era l’ingombro determinante di due guerre mondiali.
Figli dunque, e presto. Da far nascere ed allevare nel miglior modo che mi riuscisse.
I figli nati fuori del matrimonio, a quei tempi erano ancora dei bollati col marchio dell’infamia, dei “Figli di NN” sui certificati di nascita, degli handicappati sociali; quindi alla via del matrimonio non c’era alternativa, volendo ben disporsi verso i figli.
I matrimoni poi, si sfasciavano allora esattamente come accade oggi, né più né meno.
Ma non c’era il divorzio!
Ed allora chi pensava di sposarsi prevedeva che fosse per sempre, e si sceglieva il compagno o la compagna innanzitutto con assai più ponderazione di come accade adesso, che ci si va via psicologicamente disinvolti, ma anche, e voglio dire soprattutto, mettendo in previsione una vagonata di imprevisti, di sofferenze, di fallimenti che immancabilmente si sarebbero presentati frammisti alle gioie coniugali e che era giocoforza e punto d’onore insieme affrontare e superare.
Nella mentalità di allora infatti, un matrimonio fallito non era solo un matrimonio non riuscito. Era anche e soprattutto un dito accusatore puntato su due falliti. Lei e lui. Ma soprattutto lui, che non aveva saputo tenerlo in piedi, quel matrimonio.
Io mi rendo conto che questa mia descrizione di una realtà passata possa sembrare grottesca o ridicola agli occhi “evoluti” dei giovani d’oggi, e non voglio alzare diatribe. Ma quella era una realtà e questa è un’altra. Quale migliore, quale peggiore lo stabilirà la storia, fra duecento anni; per noi oggi sarebbe solo cronaca, e non è pensabile che i cronisti possano essere oggettivi. A loro tocca riferire i fatti e basta. Sperando che almeno siano onesti.
Ma il mio amico buono fa un’altra saggia domanda: “Mai avuto dubbi sulla decisione presa?... mai rimpianti?... mai ripensamenti?...”
Non ho bisogno di sforzarmi per rispondere a questa domanda. Mia moglie non è stata il primo innamoramento della mia vita, non la mia unica cotta, né certo il mio unico desiderio. No certo.
Ancora oggi che ho mill’anni ogni volto di donna che vedo mi da un fremito, ogni labbro un desiderio, ogni sguardo mi ispira un sogno, o un verso, o un’avventura.
Non potrei negarlo, e non intendo farlo. Ci mancherebbe che mi fossi sclerotizzato sul sorriso di mia moglie ventenne!... la tapinella si sarebbe trovata a fianco una statua di sale, altro che un marito!
No, le mie tentazioni, come immagino le sue, sono state infinite, anche se nel tempo fortunatamente tendono a diventare meno tormentose, ma sono proprio quelle che servono a costruire e tenere saldo un matrimonio. Il quotidiano ripetere la scelta, affrontare e superare la bufera, stringere il legame a che non si spezzi, sostenersi a vicenda. Così si tonifica il rapporto, così si rinsalda e cresce, fino a diventare sempre meno vulnerabile, man mano che le forze scemano gli entusiasmi si affievoliscono.
E le “scopatine ratte”?... le passioncelle fluttuanti, le “bottarelle malupine”?... certo, anche quelle ci sono e ci sono state. Sono le previste piccole crepe, le defaillances, le imperfezioni che occorre aspettarsi, quando si intraprende una costruzione imponente e complessa come un matrimonio.
Il trucco vincente, banale, è quello di vigilare sempre, di non poggiarsi su inesistenti “certezze assolute”. Tentazioni e cadute che ne sono, e fessure se ne aprono sempre, e sono da mille tentazioni diverse, non solo sentimentali, e bisogna vegliare su tutte. Non trascurare nessuna incrinatura, ma pervicacemente affrontarle tutte e certosinamente tamponare, ricucire il rapporto, rifinendo bene la pezza, a che non ne rimanga traccia ad imbruttire la costruzione.
E così passo dopo passo, sforzo dopo sforzo, fra innumerevoli sacrifici che poi conducono anche ad innumerevoli piccole vittorie si fa un matrimonio.
E da vecchi, ci si addormenta la sera cercandosi la mano sotto le coperte.
Logorroico come sempre?... lo so, ma sono nei miei standard; meno di mille parole; e le hai provocate tu, amico Blasel.
Grazie di avermi letto
Lucio Musto 3 ottobre 2010
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PS - se poi hai anche fortuna, oltre che costanza, anche i giovani ti ricambiano, abboffandoti di amore e di premure filiali.