Nel 1848 l’Italia era ancora divisa in tanti stati di piccole dimensioni.
La Lombardia, insieme con il Veneto, era parte dell’Impero austriaco. Già da qualche anno si era diffuso il malcontento per la dominazione straniera e cresceva il desiderio di creare uno stato unitario con le altre parti separate della Penisola.
Milano era la capitale del Regno Lombardo-Veneto, parte dell'Impero Austriaco.
Lo sciopero del fumoNei primi giorni del gennaio 1848, per protestare contro l'amministrazione austriaca, i milanesi decisero di non fumare più, volendo in tal modo colpire l'entrate erariali provenienti dalla tassa sul tabacco. Per tutta risposta il comando austriaco ordinò ai soldati di andare per strada fumando ostentatamente sigari, aggredendo i passanti e forzandoli a fumare. I soldati furono anche provvisti di abbondanti razioni di acquavite e negli alterchi coi cittadini non esitarono ad usare le daghe.
Al termine di tre giorni di reazione austriaca allo sciopero si contarono 6 morti e oltre 80 feriti fra i milanesi.La cacciata degli AustriaciFra il 16 e il 17 marzo 1848 a Milano si diffuse la notizia dei moti rivoluzionari scoppiati in Francia, Austria, Ungheria, Boemia e Croazia. La città, sotto la dominazione asburgica, insorse e dopo cinque giornate di violenti combattimenti contro le truppe austriache, al comando del maresciallo Radetzky, si liberò degli occupanti. Nella terza giornata (20) il consiglio di guerra milanese respinse la proposta di armistizio degli austriaci e si costituì un governo provvisorio. Il giorno successivo (21) i milanesi conquistarono tutte le caserme e le posizioni tenute ancora dagli austriaci; in serata iniziò la ritirata di Radetzky con le sue truppe, che si allontanarono dalla città. All’alba del 23, dopo aver aperto le porte, Milano accolse i primi volontari provenienti da Genova e Torino. Quindi Carlo Alberto emanò il proclama in cui annunciava ai popoli della Lombardia e del Veneto che stava accorrendo con il suo esercito in appoggio agli insorti. Ci si avviava verso la
Prima guerra di indipendenza, nel corso della quale, il 6 agosto 1848, gli austriaci rientrarono in Milano.
La rivolta, cominciata il 18 marzo, si è estesa a tutta la città, che si è riempita di barricate: i cittadini milanesi sono così riusciti a mandare via, in soli cinque giorni di insurrezione, l’esercito austriaco, che il 22 marzo si è ritirato lasciando libera la città.
La prima guerra di indipendenzaProprio il giorno dopo, il 23 marzo, incoraggiato dall’insurrezione di Milano, l’esercito del Regno di Sardegna ha deciso di fare guerra all’Austria (Prima guerra di indipendenza), ma, poiché era senza alleati e non era ancora sufficientemente forte, non è riuscito a ottenere nessun risultato. ( Si dovrà aspettare il 1859 perché l’intervento militare piemontese abbia successo - Seconda guerra di indipendenza).
L'esercito piemontese si mosse con estrema lentezza, dando modo agli austriaci di ritirarsi senza rilevanti perdite nel
Quadrilatero. Gli austriaci subirono solo due sconfitte in due piccole battaglie al ponte di Goito (9 aprile) e Pastrengo (30 aprile). Circa un mese dopo, i sardo-piemontesi si impadronirono della fortezza di Peschiera del Garda, per cercare di liberare la quale Radetzky sconfisse i volontari toscani a Curtatone e Montanara, venendo però egli stesso fermato di nuovo a Goito.
Il
Quadrilatero fu, tra il 1815 e il 1866, un sistema difensivo austriaco nel Lombardo-veneto che si dispiegava su un quadrilatero i cui vertici erano le fortezze di Peschiera del Garda, Mantova, Legnago e Verona, comprese fra il Mincio, il Po, l'Adige e, dal 1850 circa, la ferrovia Milano-Venezia, tramite la quale erano garantiti i rifornimenti. Difficilmente aggirabile, ostacolava i movimenti di truppe nemiche nella pianura padana.
L'incapacità di assumere l'iniziativa da parte piemontese diede in ogni caso modo agli austriaci di ricevere rinforzi che gli permisero di riconquistare Vicenza, il 10 giugno, e di riprendere l'offensiva, battendo l'esercito sardo-piemontese in una serie di scontri passati alla storia come prima battaglia di Custoza (22-26 luglio).
Il 10 giugno Carlo Alberto ricevette una delegazione guidata dal podestà di Milano Casati, che recava l'esito trionfale del plebiscito che sanciva l'unione della Lombardia al Regno di Sardegna. La situazione dell'esercito sardo-piemontese era però compromessa e il Re ordinò una ritirata verso l'Adda e Milano, dove i piemontesi vennero accolti da una città fredda e deserta, delusa di aver offerto una vittoria per trovarsi senza colpe in una sconfitta. Il Re, sebbene avesse inizialmente respinto ogni proposta di abbandonare la città, il 4 agosto decise di porre fine alla guerra, scatenando l'ira dei milanesi che si ammassarono attorno alla sua residenza.
Questo il resoconto della nobildonna Cristina di Belgioioso, che partecipò attivamente ai moti di Milano (e in seguito prese parte alla difesa della Repubblica romana dai Francesi):
« ...Una deputazione della guardia nazionale salì ad interrogare Carlo Alberto sul motivo della capitolazione. Egli negò, ma fu costretto a seguire, suo malgrado, quei deputati al balcone da dove arringò al popolo, scusandosi della sua ignoranza dei veri sentimenti dei Milanesi; e compiacendosi di vederli così pronti alla difesa, promise solennemente di battersi alla loro testa sino all'ultimo sangue. Qualche colpo di fucile partì contro Carlo Alberto. Alle ultime parole del suo discorso, il popolo sdegnato gridò: 'Se è così strappate la capitolazione'. Il re allora levò di tasca un pezzo di carta, lo tenne in alto affinché il popolo lo vedesse, e poi lo fece a pezzi.»
Nella sera i bersaglieri sgomberarono la folla e scortarono Carlo Alberto fuori dalla città.
Il 5 agosto fu firmata la capitolazione. Il giorno dopo gli austriaci rientrarono a Milano, da dove nel frattempo la maggior parte dei partecipanti alla lotta di liberazione era fuggita. Come nuovo governatore fu posto Felix Schwarzenberg.