Roma, uno Shabbat del 1943: rastrellamento del ghetto ebraico207 bambini, 363 uomini e 689 donne della comunità ebraica rastrellate della Gestapo tedesca nel ghetto di Roma tra le 5,30 e le 14 di sabato 16 ottobre 1943.
La scelta di quella particolare giornata, festiva per gli ebrei, fu fatta per sorprendere il maggior numero di persone.
L'intento riuscì grazie anche all'impiego in città di 365 uomini della polizia tedesca - di cui circa un centinaio solo nel ghetto - coordinati da 14 ufficiali e sottoufficiali.
Un certo numero di persone fu rilasciato perchè appartenente a famiglie straniere con "sangue misto", ma tra le persone rastrellate 1.023 furono deportate ad Auschwitz, e soltanto 16 di loro scamparono alla morte (15 uomini e 1 donna, Settimia Spizzichino).
Le 1.259 persone catturate, di cui molte ancora in pigiama, furono caricate su camion militari coperti da teloni e portate presso il Collegio Militare di Palazzo Salviati, dove rimasero, separate per genere, circa 30 ore.
Tra queste figurava anche un neonato, partorito da Marcella Perugia il 17 ottobre. Duecentotrentasette prigionieri furono poi rilasciati in seguito al controllo che li identificò come cittadini stranieri o appartenenti a famiglie "miste".
Gli ebrei catturati vennero invece trasferiti alla stazione ferroviaria di Tiburtina e messi su un convoglio costituito da 18 carri merci, che partì alle 14 di lunedì 18 ottobre per giungere ad Auschwitz alle ore 23 del 22 ottobre.
Durante il viaggio due persone anziane morirono.
Un giovane invece, Lazzaro Sonnino, riuscì a fuggire a nord di Padova buttandosi dal convoglio in movimento.
Ad Auschwitz i deportati ebrei furono divisi in due file: da una parte 820 persone, valutate fisicamente non abili al lavoro, e dall'altra 154 uomini e 47 donne, giudicati fisicamente idonei.
Il drappello degli 820 finì immediatamente nelle camere a gas del campo di sterminio dove furono uccisi con l'espediente delle "docce". L'altro gruppo fu invece smistato e inviato in altri campi di sterminio.