Esiste almeno una persona onesta?
Viveva un tempo nella regione di Nanchino un povero vecchio.
Era ormai alla fine di una vita di fatiche nel corso della quale aveva dovuto affrontare sacrifici di ogni tipo e sempre aveva rinunciato a ciò che non poteva permettersi.
Una sola passione fin da giovane aveva coltivato, quella delle pipe che, dopo anni, collezionava in gran numero.
Un giorno il vecchio conobbe un tale che fumava una pipa bellissima, era di legno pregiato e la fattura rivelava che era stata realizzata da un esperto artigiano.
Dopo averla ammirata tra le mani dell'uomo per un giorno intero, il vecchio decise che voleva di più.
Di notte penetrò furtivamente nella baracca in cui lo straniero alloggiava e lo derubò del prezioso oggetto.
Era la prima volta che il poveruomo osava tanto, certamente la prima circostanza in cui rubava, dopo un'intera vita nel perfetto rispetto della legge.
Denunciato, il vecchio non resse al'interrogatorio e tra le lacrime confessò di essersi impadronito illecitamente della pipa il cui possesso subito gli era sembrato la realizzazione dei suoi desideri.
Le sue suppliche, tuttavia caddero nel vuoto e fu rinchiuso in carcere.
In attesa di un processo continuamente rinviato, marciva in prigione, dimenticato da tutti.
Non si rassegnava però ad accettare quella come la soluzione di una vita corretta e, tra sé e sé meditava sulla possibilità di evadere.
Non sarebbe stato facile poichè la sorveglianza delle guardie era oltremodo rigida.
Se voleva riuscire nell'intento, avrebbe dovuto giocare d'astuzia.
Messo a punto il suo piano, il vecchio chiese quindi al direttore della prigione che gli fosse concessa udienza presso il Re. A rendere più credibile la sua richiesta, aggiunse la motivazione che era sua intenzione far dono al sovrano di un preziosissimo tesoro.
Accolto a palazzo, al cospetto del Re, il vecchio estrasse di tasca un lacero involto di carta e non ne mostrò il contenuto ai presenti.
"Ma questo non è che un piccolissimo e insignificante seme di pera !!" esclamò allora sbalordito il sovrano. che credendo ora di avere davanti un povero matto, non era desideroso d'altro che di rispedirlo là da dove era venuto. Ma il ladro replicò " certo che di un seme di pera si tratta... ma di un tipo speciale. Se lo pianterete, ne nascerà un albero robusto e del tutto insolito: vi darà infatti pere d'oro in gran quantità". Scontata fu a questo punto la replica del Re che al vecchio chiese perchè mai non volesse conservare un seme così prezioso per sé; qualora infatti lo avesse piantato, ne avrebbe guadagnato tanto da poter mettere da parte la cauzione con cui riscattare il reato commesso e uscire di prigione.
"se ho deciso di consultarvi c'è un buon motivo. Per dare i frutti desiderati, infatti il seme deve essere piantato da una persona assolutamente onesta, che in vita sua mai abbia rubato o imbrogliato, né si sia arricchita illecitamente.
Voi, sicuramente, Maestà, nel corso della vostra esistenza non avrete mai derubato né imbrogliato nessuno; solo se lo pianterete voi, dunque, il seme frutterà al meglio delle sue possibilità.
Il Re allora, colto di sorpresa, balbettò qualche scusa:improvvisamente si era ricordato che molti anni prima, quando era ancora bambino, aveva rubato a suo padre una moneta d'oro, l'aveva ben impiegata e aveva fatto fortuna; ora però non si sentiva di confessare che il suo potere si era in parte costruito a partire da una azione illecita, sebbene trasfigurata alla luce del ricordo, gli fosse apparsa per anni innocente.
Ripresosi dal temporaneo turbamento, mandò, quindi, a chiamare il suo cancelliere, ma anche quello era molto facile a farsi corrompere, rifiutò cortesemente il dono del vecchio.
"Bene, lo pianterà il comandante dell'esercito reale", disse allora il sovrano e ordinò che l'uomo fosse immediatamente convocato al suo cospetto. Anche il comandante però non volle accettare il seme, aveva infatti sulla coscienza di aver in più di una occasione derubato i soldati della loro paga a proprio personale vantaggio.
Fu convocato anche il giudice supremo. Sapeva, in cuor suo, che le sue sentenze non erano imparziali e che spesso il verdetto era favorevole a chi lo ripagava con laute mance.Lo sesso fece il direttore della prigione, che era solito accettare denaro dai detenuti più facoltosi e sulla base di questi doni regolava la sua severità nei loro confronti.
L'elenco dei convocati si allungò nei giorni a seguire, poichè nessuno tra quelli che si presentavano, si sentiva di esibire una coscienza così pulita da poter accettare senza esitazioni di sorta il seme di pera offerto dal vecchio.
Tutti vantavano una condotta irreprensibile e per questo ricoprivano le cariche pubbliche più importanti e assolvevano compiti di grande responsabilità, nessuno però, chiamato a testimoniare di sé, poteva giurare di aver mai rubato e imbrogliato.
Ognuno temeva che, qualora avesse accettato il dono, non avrebbe poi ricavato i frutti desiderati e sarebbe quindi stato chiamato a dare giustificazione del proprio operato davanti al popolo.
Alla fine, all'ennesimo diniego, il vecchio si mise a ridere. "Voi tutti", disse "vi vantate di non aver mai rubato e imbrogliato e invece mentite, dal momento che non avete il coraggio di accettare il mio dono. Io solo che ho subito confessato la mia colpa per aver rubato una pipa, giaccio da mesi in prigione senza che neppure mi sia data la possibilità di difendermi nel corso di un regolare processo". A queste parole, anche il Re si mise a ridere e convocate le guardie e il direttore della prigione, ordinò che il ladro fosse messo subito in libertà.
La sincerità e l'astuzia di cui aveva dato prova, disse, erano sufficienti a riscattare il modesto furto di cui si era macchiato.
Viveva un tempo nella regione di Nanchino un povero vecchio.
Era ormai alla fine di una vita di fatiche nel corso della quale aveva dovuto affrontare sacrifici di ogni tipo e sempre aveva rinunciato a ciò che non poteva permettersi.
Una sola passione fin da giovane aveva coltivato, quella delle pipe che, dopo anni, collezionava in gran numero.
Un giorno il vecchio conobbe un tale che fumava una pipa bellissima, era di legno pregiato e la fattura rivelava che era stata realizzata da un esperto artigiano.
Dopo averla ammirata tra le mani dell'uomo per un giorno intero, il vecchio decise che voleva di più.
Di notte penetrò furtivamente nella baracca in cui lo straniero alloggiava e lo derubò del prezioso oggetto.
Era la prima volta che il poveruomo osava tanto, certamente la prima circostanza in cui rubava, dopo un'intera vita nel perfetto rispetto della legge.
Denunciato, il vecchio non resse al'interrogatorio e tra le lacrime confessò di essersi impadronito illecitamente della pipa il cui possesso subito gli era sembrato la realizzazione dei suoi desideri.
Le sue suppliche, tuttavia caddero nel vuoto e fu rinchiuso in carcere.
In attesa di un processo continuamente rinviato, marciva in prigione, dimenticato da tutti.
Non si rassegnava però ad accettare quella come la soluzione di una vita corretta e, tra sé e sé meditava sulla possibilità di evadere.
Non sarebbe stato facile poichè la sorveglianza delle guardie era oltremodo rigida.
Se voleva riuscire nell'intento, avrebbe dovuto giocare d'astuzia.
Messo a punto il suo piano, il vecchio chiese quindi al direttore della prigione che gli fosse concessa udienza presso il Re. A rendere più credibile la sua richiesta, aggiunse la motivazione che era sua intenzione far dono al sovrano di un preziosissimo tesoro.
Accolto a palazzo, al cospetto del Re, il vecchio estrasse di tasca un lacero involto di carta e non ne mostrò il contenuto ai presenti.
"Ma questo non è che un piccolissimo e insignificante seme di pera !!" esclamò allora sbalordito il sovrano. che credendo ora di avere davanti un povero matto, non era desideroso d'altro che di rispedirlo là da dove era venuto. Ma il ladro replicò " certo che di un seme di pera si tratta... ma di un tipo speciale. Se lo pianterete, ne nascerà un albero robusto e del tutto insolito: vi darà infatti pere d'oro in gran quantità". Scontata fu a questo punto la replica del Re che al vecchio chiese perchè mai non volesse conservare un seme così prezioso per sé; qualora infatti lo avesse piantato, ne avrebbe guadagnato tanto da poter mettere da parte la cauzione con cui riscattare il reato commesso e uscire di prigione.
"se ho deciso di consultarvi c'è un buon motivo. Per dare i frutti desiderati, infatti il seme deve essere piantato da una persona assolutamente onesta, che in vita sua mai abbia rubato o imbrogliato, né si sia arricchita illecitamente.
Voi, sicuramente, Maestà, nel corso della vostra esistenza non avrete mai derubato né imbrogliato nessuno; solo se lo pianterete voi, dunque, il seme frutterà al meglio delle sue possibilità.
Il Re allora, colto di sorpresa, balbettò qualche scusa:improvvisamente si era ricordato che molti anni prima, quando era ancora bambino, aveva rubato a suo padre una moneta d'oro, l'aveva ben impiegata e aveva fatto fortuna; ora però non si sentiva di confessare che il suo potere si era in parte costruito a partire da una azione illecita, sebbene trasfigurata alla luce del ricordo, gli fosse apparsa per anni innocente.
Ripresosi dal temporaneo turbamento, mandò, quindi, a chiamare il suo cancelliere, ma anche quello era molto facile a farsi corrompere, rifiutò cortesemente il dono del vecchio.
"Bene, lo pianterà il comandante dell'esercito reale", disse allora il sovrano e ordinò che l'uomo fosse immediatamente convocato al suo cospetto. Anche il comandante però non volle accettare il seme, aveva infatti sulla coscienza di aver in più di una occasione derubato i soldati della loro paga a proprio personale vantaggio.
Fu convocato anche il giudice supremo. Sapeva, in cuor suo, che le sue sentenze non erano imparziali e che spesso il verdetto era favorevole a chi lo ripagava con laute mance.Lo sesso fece il direttore della prigione, che era solito accettare denaro dai detenuti più facoltosi e sulla base di questi doni regolava la sua severità nei loro confronti.
L'elenco dei convocati si allungò nei giorni a seguire, poichè nessuno tra quelli che si presentavano, si sentiva di esibire una coscienza così pulita da poter accettare senza esitazioni di sorta il seme di pera offerto dal vecchio.
Tutti vantavano una condotta irreprensibile e per questo ricoprivano le cariche pubbliche più importanti e assolvevano compiti di grande responsabilità, nessuno però, chiamato a testimoniare di sé, poteva giurare di aver mai rubato e imbrogliato.
Ognuno temeva che, qualora avesse accettato il dono, non avrebbe poi ricavato i frutti desiderati e sarebbe quindi stato chiamato a dare giustificazione del proprio operato davanti al popolo.
Alla fine, all'ennesimo diniego, il vecchio si mise a ridere. "Voi tutti", disse "vi vantate di non aver mai rubato e imbrogliato e invece mentite, dal momento che non avete il coraggio di accettare il mio dono. Io solo che ho subito confessato la mia colpa per aver rubato una pipa, giaccio da mesi in prigione senza che neppure mi sia data la possibilità di difendermi nel corso di un regolare processo". A queste parole, anche il Re si mise a ridere e convocate le guardie e il direttore della prigione, ordinò che il ladro fosse messo subito in libertà.
La sincerità e l'astuzia di cui aveva dato prova, disse, erano sufficienti a riscattare il modesto furto di cui si era macchiato.