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Tentazione grande
Un’Ostia Consacrata, chiusa in una piccola teca di vetro, il corpo di Gesù che a volte ci si intravvede dentro, ed a volte non riesci a percepirla che come un pezzetto di sudario vuoto.
Li, sull’Altare, in attesa di me.
Ho pensato di consumare la mia ora di adorazione, stasera, nel ricordo dei morti. Di tutte quelle persone che nel corso di una lunga vita mi hanno sfiorato, lasciandomi addosso una piccola traccia di se, alle quali ho forse lasciato a loro un frammento di me.
Non so bene come si preghi per i morti; non so nemmeno che senso abbia. Loro, i guasti da buttare nella misericordia di Dio li fecero nel loro tempo, ed ora certo non peccano più.
Voglio pregare Dio per qualcosa che è nelle sue mani?... per far apparire più lievi quelle mancanze?... mi da un’idea di tentata corruzione, questo, e lo trovo sciocco…
Mi limiterò a presentare quei ricordi a Dio, ed a dire: “Signore, hanno donato qualcosa anche a me, ed io quel qualcosa te lo offro adesso, quando ancora ne usufruisco, almeno nel ricordo…”
E questa è la mia preghiera iniziale: Signore, anche loro furono uomini, io lo testimonio…
Poi comincio la mia rassegna, e cerco di farlo ordinatamente. Comincio da dove ho speso la più parte del mio tempo, in ufficio, e passo in rassegna i colleghi con cui ho avuto a che fare, e che non ci sono più… lascio che come fotogrammi di un film i mie ricordi si dipanino lentamente.
Mi concentro un attimo, e mi sembra di essere Ulisse nell’Ade… una folla grande, che sembra sterminata, si profila nell’ombra. Figure indistinte per lo più, gente che ricordo benissimo, ma solo in una immagine, in riferimento, in un atteggiamento, in una parola… gente di cui non conosco o non ricordo nemmeno il nome affollano lo sfondo, ondeggiando quete come onde di un lago… e più da presso figure più nitide, da meritare un attimo di pensiero, uno straccio di sensazione… quello appariva sempre agitato, quello flemmatico, quello lo ricordo per uno sgarbo, quell’altro per un sorriso, un piccolo aneddoto di lavoro, una mania, una caratteristica buffa o bizzarra… troppo poco per definire una conoscenza, decisamente troppo per considerarli degli sconosciuti…
Di gran parte di tutti questi nemmeno so se siano veramente passati a miglior vita o ancora calchino le strade del mondo… ma non conta, per me.
Per me sono stati vivi solo per un attimo, quello di cui mi hanno lasciato traccia nella mente, e che comunque non ho saputo afferrare nella mia considerazione, me li sono lasciati sfuggire fra le dita.
Signore, te li presento così come posso, polvere di una vita che avrei potuto vivere diversamente, occasioni che mi hai dato e non ho afferrato, embrioni abortiti, semi caduti su terreno inadatto e troppo poco fertile…
Quasi d’improvviso prendo coscienza di altre figure; più grandi, nette, consistenti. Colleghi, amici, dirigenti con cui ho avuto rapporti prolungati, articolati… incontri e scontri, collaborazioni e dispetti, simpatie ed invidie… piccole cose di piccoli uomini, certo, ma comunque frammenti di vita… Persone e personaggi di cui ho perso le tracce nel limo del tempo, ma che ancora rivedo nelle loro attività quotidiane, e nel loro rapportarsi con me.
Li ricordo nel mio stare attento a non turbare la loro sensibilità, nel loro sistematico ignorare la mia… Signore, lo so di non essere oggettivo, ma non porto alcun rancore; ti prego, sii benigno con loro, adesso, e quando muoiono al mondo.
Fra tanta folla sterminata poche figure emergono silenziose, in paziente attesa della mia attenzione. Gli amici ed i colleghi che sono morti e che meriterebbero almeno una preghiera personalizzata, come saluto… Ma sono troppi lo stesso, ed allora dovrò contentarmi di sussurrare mentalmente il loro nome (scoprendo che non per tutti lo ricordo!) ed aggiungerci una carezza, una stretta di mano, un bacio, un sorriso, a seconda i casi… e per tutti un arrivederci a presto.
Alla fine, e li ho lasciati volutamente per ultimi, quei pochissimi, una diecina in tutto o poco più che ricordo ogni volta che entro in una chiesa.
Marino, Ugo, Beppe, Antonio, Natalie, Giovanni, Liliana, Papilino e Papilone… Renato, Mario… scusatemi, stasera non ho tempo di ricordarvi al Signore!... stasera devo ricordare gli altri!... me ne distacco con uno sforzo, ma in fondo ho ricordato anche loro…
Dopo l’ufficio, passo in rassegna i parenti, lasciando gli amici per ultimi.
Naturalmente di questi ricordo molte cose di più, soprattutto le personalità, quasi sempre i volti, tanto che saprei riconoscerne le fotografie, il come, il quando ed il quanto li ho avuti vicino, i rapporti che abbiamo intessuto fra noi… naturalmente sono di meno, altrimenti non potrei uscirne…
E degli amici poi… il caleidoscopio delle immagini e delle figure mi abbacina e mi travolge, e grandissima è la tentazione di abbandonarmi alle reminiscenze di tanti momenti vissuti realmente o solo sognati… no. Devo scuotermi, non sono qui per questo!... non per vagare inutilmente col pensiero. Io sono qui per parlare con Dio, per cercare risposte a quelle domande che non so formulare, e mi bruciano dentro.
Mi sforzo di fissare intensamente il pensiero su quella macchia bianca misteriosa circondata di raggi politi e luminescenti nella fioca luce della chiesa. Un pezzo di pane consacrato nel corpo del Cristo…
di che parli?.... cosa mi stai dicendo, che io non comprendo?... mi applico a svuotare la mente per fare spazio al messaggio divino, ma mi pare che la mente resti vuota e basta. Devo aver pazienza… devo fare un vuoto più vuoto, più puro. Cerco di non distrarmi, di rimanere immobile, di fermare anche il battito del cuore ed il respiro, chiudo le orecchie anche al silenzio ansante della grande aula.
Lentissimi passano i minuti ed io, paziente, fisso quell’immagine del mio Dio immensamente più paziente di me, e più immobile, preso in un’attesa più grande.
Qualche fruscio di passi rivela che altri stanno arrivando, per la loro ora di adorazione, ed io fra poco andrò via di qua, lasciando quell’Ostia sull’altare, immobile, a far compagnia ad altri che gli faranno compagnia; altri come me desiderosi di capire. Persone in cerca di risposte a domande inespresse.
Vedo in quel Cristo sull’altare me stesso vivo, ed in noi tutti che ci alterniamo su queste panche dell’adorazione le persone della mia meditazione.
Sono venute nella mia vita affacciandosi piano, dall’uscio.
Hanno sostato, vivendo con me qualche tempo; ci di più, chi di meno, più proficuamente scambiando doni con me, o in modo vuoto, superficiale, inutile…
Poi è finita la loro ora e sono svaniti, usciti dalla mia vita silenziosamente, così come sono entrati, lasciando solo una traccia, una firma, forse segnando una data… esattamente come farò io uscendo da questa chiesa, stasera…
Ma quale il significato?... quale il perché?... e dove l’insegnamento?... sento i secondi passare e la risposta è ancora là oltre le dita dell’intelletto, e non riesco ad afferrarla…
La mia via, la vita su quell’altare di quel Gesù Sacramentato… i nostri palpiti, le nostre firme…
è tutto lì, nel nostro vivere insieme, nel nostro conoscerci, nel comunicarci l’anima.
E quanto ho dato alle persone che mi hanno sfiorato?... quanto ne ho lucrato spiritualmente arricchendomi?... poco?, molto?, indifferenza?, passione?... non c’è peccato, non c’è interferenza.
solo opulenza o sterilità.
Se avrò vissuto una vita intensa, piena, “viva”, sarò pianta rigogliosa e frutto sontuoso, altrimenti sarò ramo rachitico e frutto scialbo…
Proprio come te, Signore, nella tua specie di pane benedetto vivente su quest’altare. Se molto ti offriremo, in questo breve passaggio nella tua casa vivrai glorificato, se la nostra sarà una presenza fredda e vuota anche tu, Ostia Benedetta, sarai sempre più pane e meno Dio.
Perché materia ed Amore hai voluto affidare nelle nostre mani. Grazie, Gesù.
Lucio Musto 12 aprile 2012
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Tentazione grande
Un’Ostia Consacrata, chiusa in una piccola teca di vetro, il corpo di Gesù che a volte ci si intravvede dentro, ed a volte non riesci a percepirla che come un pezzetto di sudario vuoto.
Li, sull’Altare, in attesa di me.
Ho pensato di consumare la mia ora di adorazione, stasera, nel ricordo dei morti. Di tutte quelle persone che nel corso di una lunga vita mi hanno sfiorato, lasciandomi addosso una piccola traccia di se, alle quali ho forse lasciato a loro un frammento di me.
Non so bene come si preghi per i morti; non so nemmeno che senso abbia. Loro, i guasti da buttare nella misericordia di Dio li fecero nel loro tempo, ed ora certo non peccano più.
Voglio pregare Dio per qualcosa che è nelle sue mani?... per far apparire più lievi quelle mancanze?... mi da un’idea di tentata corruzione, questo, e lo trovo sciocco…
Mi limiterò a presentare quei ricordi a Dio, ed a dire: “Signore, hanno donato qualcosa anche a me, ed io quel qualcosa te lo offro adesso, quando ancora ne usufruisco, almeno nel ricordo…”
E questa è la mia preghiera iniziale: Signore, anche loro furono uomini, io lo testimonio…
Poi comincio la mia rassegna, e cerco di farlo ordinatamente. Comincio da dove ho speso la più parte del mio tempo, in ufficio, e passo in rassegna i colleghi con cui ho avuto a che fare, e che non ci sono più… lascio che come fotogrammi di un film i mie ricordi si dipanino lentamente.
Mi concentro un attimo, e mi sembra di essere Ulisse nell’Ade… una folla grande, che sembra sterminata, si profila nell’ombra. Figure indistinte per lo più, gente che ricordo benissimo, ma solo in una immagine, in riferimento, in un atteggiamento, in una parola… gente di cui non conosco o non ricordo nemmeno il nome affollano lo sfondo, ondeggiando quete come onde di un lago… e più da presso figure più nitide, da meritare un attimo di pensiero, uno straccio di sensazione… quello appariva sempre agitato, quello flemmatico, quello lo ricordo per uno sgarbo, quell’altro per un sorriso, un piccolo aneddoto di lavoro, una mania, una caratteristica buffa o bizzarra… troppo poco per definire una conoscenza, decisamente troppo per considerarli degli sconosciuti…
Di gran parte di tutti questi nemmeno so se siano veramente passati a miglior vita o ancora calchino le strade del mondo… ma non conta, per me.
Per me sono stati vivi solo per un attimo, quello di cui mi hanno lasciato traccia nella mente, e che comunque non ho saputo afferrare nella mia considerazione, me li sono lasciati sfuggire fra le dita.
Signore, te li presento così come posso, polvere di una vita che avrei potuto vivere diversamente, occasioni che mi hai dato e non ho afferrato, embrioni abortiti, semi caduti su terreno inadatto e troppo poco fertile…
Quasi d’improvviso prendo coscienza di altre figure; più grandi, nette, consistenti. Colleghi, amici, dirigenti con cui ho avuto rapporti prolungati, articolati… incontri e scontri, collaborazioni e dispetti, simpatie ed invidie… piccole cose di piccoli uomini, certo, ma comunque frammenti di vita… Persone e personaggi di cui ho perso le tracce nel limo del tempo, ma che ancora rivedo nelle loro attività quotidiane, e nel loro rapportarsi con me.
Li ricordo nel mio stare attento a non turbare la loro sensibilità, nel loro sistematico ignorare la mia… Signore, lo so di non essere oggettivo, ma non porto alcun rancore; ti prego, sii benigno con loro, adesso, e quando muoiono al mondo.
Fra tanta folla sterminata poche figure emergono silenziose, in paziente attesa della mia attenzione. Gli amici ed i colleghi che sono morti e che meriterebbero almeno una preghiera personalizzata, come saluto… Ma sono troppi lo stesso, ed allora dovrò contentarmi di sussurrare mentalmente il loro nome (scoprendo che non per tutti lo ricordo!) ed aggiungerci una carezza, una stretta di mano, un bacio, un sorriso, a seconda i casi… e per tutti un arrivederci a presto.
Alla fine, e li ho lasciati volutamente per ultimi, quei pochissimi, una diecina in tutto o poco più che ricordo ogni volta che entro in una chiesa.
Marino, Ugo, Beppe, Antonio, Natalie, Giovanni, Liliana, Papilino e Papilone… Renato, Mario… scusatemi, stasera non ho tempo di ricordarvi al Signore!... stasera devo ricordare gli altri!... me ne distacco con uno sforzo, ma in fondo ho ricordato anche loro…
Dopo l’ufficio, passo in rassegna i parenti, lasciando gli amici per ultimi.
Naturalmente di questi ricordo molte cose di più, soprattutto le personalità, quasi sempre i volti, tanto che saprei riconoscerne le fotografie, il come, il quando ed il quanto li ho avuti vicino, i rapporti che abbiamo intessuto fra noi… naturalmente sono di meno, altrimenti non potrei uscirne…
E degli amici poi… il caleidoscopio delle immagini e delle figure mi abbacina e mi travolge, e grandissima è la tentazione di abbandonarmi alle reminiscenze di tanti momenti vissuti realmente o solo sognati… no. Devo scuotermi, non sono qui per questo!... non per vagare inutilmente col pensiero. Io sono qui per parlare con Dio, per cercare risposte a quelle domande che non so formulare, e mi bruciano dentro.
Mi sforzo di fissare intensamente il pensiero su quella macchia bianca misteriosa circondata di raggi politi e luminescenti nella fioca luce della chiesa. Un pezzo di pane consacrato nel corpo del Cristo…
di che parli?.... cosa mi stai dicendo, che io non comprendo?... mi applico a svuotare la mente per fare spazio al messaggio divino, ma mi pare che la mente resti vuota e basta. Devo aver pazienza… devo fare un vuoto più vuoto, più puro. Cerco di non distrarmi, di rimanere immobile, di fermare anche il battito del cuore ed il respiro, chiudo le orecchie anche al silenzio ansante della grande aula.
Lentissimi passano i minuti ed io, paziente, fisso quell’immagine del mio Dio immensamente più paziente di me, e più immobile, preso in un’attesa più grande.
Qualche fruscio di passi rivela che altri stanno arrivando, per la loro ora di adorazione, ed io fra poco andrò via di qua, lasciando quell’Ostia sull’altare, immobile, a far compagnia ad altri che gli faranno compagnia; altri come me desiderosi di capire. Persone in cerca di risposte a domande inespresse.
Vedo in quel Cristo sull’altare me stesso vivo, ed in noi tutti che ci alterniamo su queste panche dell’adorazione le persone della mia meditazione.
Sono venute nella mia vita affacciandosi piano, dall’uscio.
Hanno sostato, vivendo con me qualche tempo; ci di più, chi di meno, più proficuamente scambiando doni con me, o in modo vuoto, superficiale, inutile…
Poi è finita la loro ora e sono svaniti, usciti dalla mia vita silenziosamente, così come sono entrati, lasciando solo una traccia, una firma, forse segnando una data… esattamente come farò io uscendo da questa chiesa, stasera…
Ma quale il significato?... quale il perché?... e dove l’insegnamento?... sento i secondi passare e la risposta è ancora là oltre le dita dell’intelletto, e non riesco ad afferrarla…
La mia via, la vita su quell’altare di quel Gesù Sacramentato… i nostri palpiti, le nostre firme…
è tutto lì, nel nostro vivere insieme, nel nostro conoscerci, nel comunicarci l’anima.
E quanto ho dato alle persone che mi hanno sfiorato?... quanto ne ho lucrato spiritualmente arricchendomi?... poco?, molto?, indifferenza?, passione?... non c’è peccato, non c’è interferenza.
solo opulenza o sterilità.
Se avrò vissuto una vita intensa, piena, “viva”, sarò pianta rigogliosa e frutto sontuoso, altrimenti sarò ramo rachitico e frutto scialbo…
Proprio come te, Signore, nella tua specie di pane benedetto vivente su quest’altare. Se molto ti offriremo, in questo breve passaggio nella tua casa vivrai glorificato, se la nostra sarà una presenza fredda e vuota anche tu, Ostia Benedetta, sarai sempre più pane e meno Dio.
Perché materia ed Amore hai voluto affidare nelle nostre mani. Grazie, Gesù.
Lucio Musto 12 aprile 2012
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