Mi sono un po' perso... ma mi pare che fossimo arrivati a stabilire che è eticamente accettabile ciò che non ci fa soffrire.
E la percezione della sofferenza è in relazione al nostro grado di compartecipazione.
Il principio di fratellanza: "non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te" esiste da che mondo è mondo. Come pure "la mia libertà finisce dove inizia la tua e viceversa".
Diciamo le stesse cose con parole diverse.
Xmanx che propugna il suo credo dettandolo con razionalismo (scientificamente provato è il suo timbro di qualità) si scontra con Euvitt che ugualmente con razionalismo sostiene il suo non-credo (empiricamente dimostrato ed è la sua referenza).
E dall'incontro-osservazione di questa relazione, rileviamo ciò che non si può definire fratellanza.
Con Fragolina e Sergio sostanzialmente si affrontano i temi evidenziando gli stessi contrasti del credo-non credo, ma in questo caso si è invece al cospetto di ciò che riconosciamo come fratellanza.
Questi due sottoinsiemi, in ulteriore relazione tra di loro, definiscono in sintesi cosa professiamo quando intendiamo l'etica: ovvero l'occasione d'incontro dove ognuno a turno, possa manifestare il proprio credo.
Anch'io credo nel m'io padre onnipotente, che credo morrà assieme a me.
Più l'ego è accentuato, più l'etica ne è intaccata.
Pensate al peccato originale che simboleggia l'orgoglio.
Pensate all'orgoglio proprio, per noi che in media possediamo 10.000 oggetti cadauno. In rapporto con gli aborigeni, che mediamente di oggetti, ne posseggono 10.
Ognuno si fa custode del proprio segreto e orgogliosamente (e gelosamente) lo rivela solo agli adepti che si sacrificheranno per noi (generalmente sono familiari, amici e conoscenti. Forse qualcosa toccherà pure ai posteri).
Perciò oggi io mi reinvento e mi dico panenteista.
Hakim... dove sei?
In cosa diamine ti sei reincarnato oggi?
Io in una sfogliatella.