marimba ha scritto:
Non possiamo perdonare quelli a cui abbiamo fatto un torto, perchè ogni loro sguardo ci ricorda la nostra colpa.
Domanda serissima: ci credi?
Io no. Non l'ho mai visto accadere nella vita. In genere chi fa reali cattiverie è perchè può portarne il peso, o perchè non capisce che ha fatto, o perchè ciò che ha fatto rientra nei suoi schemi morali.
La mia domanda è un altro modo per dirti di darmi un motivo per crederci, viste le cose del mio passato che mi sono state fatte dalla persona a cui più tenevo. Io sinceramente lo immagino invece felice e trionfante, perchè ha una grande intelligenza e non si fa scrupoli ad usarla per uccidere e per manipolare la realtà in modo da trovarsi rispetto ad essa nella giusta posizione.
marimba ha scritto:*
Dunque ci sono diversi spunti, ma colgo solo questo: [b]il nemico serve alla nostra identità.
Con la mia solita mania di sdrammatizzare, da qualche altra parte avevo scritto:
ci serve un nemico che ci mantenga vivi, ci serve un amico che ci mantenga felici, ci serve un amico ricco che ci mantenga. Fermandoci alla prima questione,
il nemico è utile, direi che è un fatto consolidato, da diversi punti di vista. Da quello storico: le tribù romane si sono unite contro i latini, il Lazio si è unito sotto Roma contro gli Etruschi, l'Italia si è unita contro le altre nazioni e così via. Il mondo sarò finalmente unito solo quando arriveranno gli exraterrestri ad invaderci...
Dal punto di vista sociale: il nemico a volte è fra di noi, ma lo si proietta all'esterno per renderlo visibile, per assolverci, per caricare su di lui le colpe nostre e della società. Il ladro è un nemico, ma è il frutto della diseguaglianza sociale. L'immigrato è un nemico, perchè non lo si vuole accettare e regolarizzare.
Dal punto di vista psicologico la cosa è analoga. Il nemico è dentro di noi, ma lo si vuole vedere fuori, identificandolo con l'altro, chiunque esso sia. E quindi, serve alla nostra tranquillità, perchè avere un nemico è spesso una ragione di vita, aiuta a fortificarci, come una vaccinazione che ci inocula un male piccolo per affrontarne uno grande. VIVA IL NEMICO, insomma.
E se non c'è, bisogna inventarselo. Attenti ai comunisti, ad esempio. Sono dappertutto.
Mi permetto un asterisco
*Aggiungo soltanto una constatazione: se l'identità è forte, benchè essa costituisca essenzialmente un sistema di differenze di senso, non ha bisogno del nemico.
Il nemico è tanto più necessario, quanto più l'identità è debole.
Concordi?
In questo senso, la stessa bandiera della bontà si presta ad essere intesa non come fedeltà al bene in se stesso, ma come affermazione agonistica di se necessaria a fronte di una negazione vissuta come potenzialmente annullante. L'identità che si afferma buona cioè si afferma per contrasto, come se la realtà di ciò che è fosse vincolata al riconoscimento dell'identità cattiva che detiene una posizione di potere.
Sogno_infranto ha scritto:
il male ha sempre un limite infatti,spetta a chi agisce per il bene(esempio la vita,l'amore) riconoscere quei limiti e superarli
Perchè il male ha sempre un limite?
Qual'è il limite del male?
The Royal ha scritto:
Alla radice iniziale della manifestazione della realta' esiste soltanto il bene, e cioe' l'amore: a-mors: ovvero con alfa privativo senza morte
[/quote]
Cribbio... tu lo sai che io ho scritto una poesia intitolata a- mor
te.... e questa cosa manco la sapevo?
Sono intelligente mio malgrado credo, se lo facessi apposta sarei un idiota come spesso mi capita.
Il bene che cos'e': e' semplicemente la definizione di un atteggiamento morale ed esistenziale che consiste nel valorizzare con gli atteggiamenti e l'intressamento cio' che sorge in quanto parte della realta' ontologica manifestantesi. L'amore, appunto e' la condizione morale prima di questa situazione [...] La radice originaria della realta', altro non puo' essre che il bene, il quale, per manifestare se' stesso altro non ha potuto fare che moltiplicarsi e frantumarsi nei mille aspetti della realta': se si fosse autodistrutto avrebbe contraddetto se stesso. [...] Che cos'e' la cattiveria: e' semplicemente la perpetrazione e perpetuazione di un atteggiamento soverchiante nei confronti di un'altra persona. Ora: se tale atteggiamento e' una fase temporanea, nella coscienza del'attuatore semplicemente riemergera' quell'impulso benevolo originario che lo porta al ravvedimento, ma se la perpetuazione diventasse permanente allora avremmo la cosiddetta dannazione eterna. Che cos'e'. E' la cristallizzazione eterna appunto della perpetrazione della distruzione vissuta pero' permanentemente nella coscienza con il rimorso di un mancato amore:una situazione angosciante e spaventosa vissuta da spettatore sperimentante il rimorso, ma non atto a distruggersi:se potesse distruggersi lo farebbe subito per sottrarsi a quel supplizio spirituale. E la dannazione eterna, e' l'altra faccia della bonta': l'infinitudine ontologica e l'eternita' del bene e della bonta' cristallizzati in un'azione di distruzione che pero' non va nel segno: e' come una sgradevolissima vetrina che il dannato fosse obbligato a guardare nella propria vergogna eterna con il bene che continuamente lo rimprovera. Dunque i buoni sono i buoni e sono in sintonia con la sapiritualita' delle motivazioni ultime della realta' ed hanno solo bisogno di amare, anche i cattivi nei casi piu' nobili. Ma non e' che abbiano bisogno dei cattivi:la mansuetudine e' una dimensione aurea della coscienza. Viceversa i cattivi, cioe' i deviati spirituali rispetto al bene hanno bisogno dei buoni poiche sono proprio loro, i buoni quei modelli che consentiranno la loro salvazione. Se i cattivi cristallizzeranno permanentemente la loro deviazione, si dannerranno per sempre all'ombra di una bonta' eternizzata al di sopra delle loro teste.
Da un punto di vista logico il tuo ragionamento costituisce un sistema ben funzionante. Mi lascia però perplessa il presupposto dato come assioma di partenza secondo cui il bene è l'origine di tutto. Con un trucchetto filosofico, potrei chiederti cosa ha frantumato il bene in tutte le cose esistenti, perchè tale cose necessariamente se non fosse presente un altro principio estraneo al bene ed antagonista, avrebbero dovuto al contrario essere parte già in principio del bene stesso.
1- Se fossero parte del bene stesso ci troveremmo di fronte ad un monismo ontologico e morale che nega l'esistenza del male, a meno che esso non sia parte del bene.
2- Se non fossero state parti del bene ma risultanti da una sua frantumazione, allora avrebbe dovuto presistere a tutte le cose, accanto al bene anche il male come principio originario. E qui si va verso un manicheismo ontologico e morale.
Recupero il punto 1. Se ragioniamo dal punto di vista della logica classica questo ragionamento è contraddittorio e quindi fallace: il male che è l'opposto del bene non può esserne pare (principio di identità e pricipio di non contraddizione). Però, se utiliziamo la logica moderna il discorso cambia: accanto al principio di non contraddizione infatti c'è quello di contraddizione, e ciò determina un ampliamento del principio di identità. In tal caso, il male come opposto potrebbe essere parte del bene. Tale principio logico cattura il reale. Nella vita degli uomini la contraddizione è la realtà e le distinzioni sono una struttura secondaria di ordine astratto, sorta per necessità di orientamento.
Cosa ne consegue? Che preesiste un unico principio generatore, come tu dici, ma che tale principio è indiviso e non connotato: sia bene che male succedono alla distinzione e non esistono prima. Nel momento in cui esistono sono distinti e opposti.
Il loro valore esistenziale e la loro stessa esistenza come significati dipendono dal loro essere opposti.
Sono riuscita a farmi capire? Tu vai molto indietro, io vorrei fare un ragionamento molto più banale sul dopo.