Utilizzando una chiave di lettura strutturalista, e cioè partendo tal presupposto che la lingua del soggetto in questione ( suddivisa in langue e parole, appunto) funzioni come un sistema ( insieme interconnesso che risponde a proprie leggi interne) di significati differenziali ( ogni significato ha un senso perchè sensifica un altro segno e questo reciprocamente, ovvero nessun significato ha senso senza la presenza degli altri significati del sistema, diversi da lui) ho abbozzato una interprezione. Tale interpretazione tiene conto del fatto che nessun sistema è una monade ma risponde a sollecitazioni esterne e interne.
La ricerca è condizionata dal fatto che le condizioni sperimentali artefanno il dato, riservando maggior spazio d'esprimibilità alla dimensione logico formale della lingua. Tale asse è in questo caso fortemente simbolizzato, direi anzi costellato da figure archetipiche: mostri primordiali, totem e tabù capaci di imbrigliare lo stimolo interno ed esterno nei suddetti origami.
Ma veniamo ad esempi pratici.
Invito poi i presenti a segnalare qui altri vocaboli sconcertanti e altre chimere linguistiche,
per sottoporle alla pubblica analisi.
E' mia ferma convinzione che l'istituzionalizzazione uccida la scienza e che la sua vita consista invece nell'apertura della ricerca.
Veniamo quindi ai dati
Silentio ha scritto:eh, quanto lo rimpiangi questo thrend....
Ricorda sempre: per star meglio si finisce per star peggio!
Ed ora, che devi contrastare gli attacchi di un'arpia femmina, rimpiangi quei bei tempi in cui c'era questo disservizio...
Thrend: neologismo derivato dalla fusione di Trend ( tendenza, moda per estensione) e Thread ( discussione fatta da più post). Non sembrerebbe a primo acchito ma uno sguardo non frettoloso ne svela il senso, arcano molto arcano, ovviamente ma presente, nonostante non sembri->threand=tendenza dei post che formano una discussione ad andare tutti nella stessa direzione ( conformarsi delle opinioni, io flammo tu flammi, siamo tutti un po’ pecore).
Arpia femmina: prestito linguistico ( o meglio plagio bell'è buono)
Disservizio: il senso di tale termine è contestuale. Trattasi della trasposizione di un termine tecnico utilizzato nel settore pubblico, prevalentemente in quello dei trasporti.
Per comprendere tale traslazione, occorre tenere presente l’intero lessico personale del soggetto.
Per delucidare
Silentio ha scritto:
Per alcuni è un acquisto come tanti, c'è chi l'auto la cambio una volta l'anno per il solo gusto di avere l'ultimo modello, cosa ben diversa da qualsivoglia passione per i motori.
Ma quella sarà la mia auto, quella che ho tanto sudato per avere e che tratterò con passione e scrupolosa premura (manutenzioen ordinaria, straordinaria, tagliandi, ed anche qualche vezzo tuning per svecchiarla negli anni futuri).
E' importante, lo capisci? mi permetterà finalmente di spostarmi, di sentirmi libero.
E la passione verso questa futura auto è tanto più forte quanto la necessità di fare un buon acquisto, di provarla, testarne le prestazioni, i consumi, la comodità.
Oramai, è ciò che mi rimane di valore ed a giusto o torto, non posso lasciarmi in un acquisto sbagliato. Qualora dovvessi scoprire che ha un motore ciofeca o peggio ancora che dovessi spostarmi col timore che mi rimanga a piedi, non riuscirei a reggere al colpo. Mi sentirei ingannato in rapporto a come io mi do all'auto (pensa, la lavo pure io, puah, non permetto a dei fediti spazzoloni di violentare la sua carrozzeria).
Silentio ha scritto:
Certo che no. Attraverso le riviste dedicate è molto più semplice farsi un'idea delle potenzialità di quell'auto e non rimanerne delusi. Poi, oggi sono tutte proggettate per durare più o meno 150-200mila km (ahimè non come una volta). Tutto sta a noi, con una una buona manutenzione (tagliandi secondo le scadenze prefissate), una guida corretta (non accellerare quand'è fredda, spece se dotata di turbocompressore) ecc ed ecc ed ecc, difficilmente ci deluderà. Secondo te, un'arpia femmina è così affidabile?
Nell’esempio sopracitato, il termine disservizio, legato al malfunzionamento del mezzo di trasporto pubblico appare in tutta la sua chiarezza come collegato alla metafora donna-macchina. Il termine arpia compare invece accostato al temine femmina, cioè alla connotazione di genere biologico che contraddistingue la donna. Ma ciò non va sopravvalutato, trattandosi di un prestito linguistico. La donna è come una macchina, come vuole il più classico e ritrito immaginario da camionista. Come la macchina, la donna eroga servizi. Se è una donna privata, esige manutenzione… e in questo caso presenta connotati negativi rispetto alla macchina in strictu, non essendo garantito lo sforzo manutenzione-buon funzionamento. Se invece si tratta di un mezzo di trasporto pubblico, chi ne usufruisce non ha l’onere della manutenzione e può serenamente poggiare le chiappe sul sedile una volta pagato il biglietto. Ben capirete, che intendo per donna autobus.
Nello specifico Don dovrebbe limitarsi di un disservizio, nella misura in cui rischia di ottenere un servizio, ovvero lamentarsi che un auto che funziona gli ha dato un passaggio gratis perché una volta salito potrebbe guastarsi.
Da notare il ricorrere di metafore inanimate (carcassa ad esempio) o non animate ma movibili per mano altra (macchina) attribuite alla donna. Entrambe le immagini, benche lamentino mnalfunzionamenti non concernenti il corpo fanno leva su di esso: il disservizio è dovuto a un malfunzionamento, cioè ad un insubordinazione dell'auto nei confronti del suo guidatore tramite l'interiorità che ha conseguenze in termini di "guida".
..... sottoponete prego altri dati incongrui,vocaboli sconcertanti e chimere linguistiche alla pubblica analisi.
e tu...li hai presi i fazzolettini almeno?
Lo sai che effetto ti fanno certe cose......