Faust ha scritto:Mancando quest'alternativa culturale, l'inutilità biologica si manifesta come depressione.
Che ne pensate?
Io penso che forse tu abbia ragione.
Infatti, per reintrodurre l'alternativa culturale di cui parli, ma anche come inno alla libertà dell'individuo, credo che prima o poi avrete il piacere di leggere il mio manifesto pro-suicidio (e ovviamente pro-eutanasia, essendo io uno colmo di solidarietà per il prossimo e che gradirebbe lo fossero anche gli altri con lui, a ruoli invertiti).
Non so tuttavia se si tratti di una malattia della società del benessere. Una cosa è certa: oggi se ne parla di più perché essendoci benessere dato per scontato (nutrimento, dimora, ecc.), il malessere risalta di più. Oltre al fatto, secondo me non secondario, che il fatto di non dover pensare alla propria sopravvivenza come in altre parti del globo ancora accade, rende più complicato distogliere il pensiero da certe cose che provocano depressione. Poi viviamo in una società dell'apparire, per cui ogni punto di debolezza che faccia parte dell'essere dev'essere più o meno mascherato. Come diceva il re dell'imomobiliare, "Per avere successo è basilare proiettare un immagine di successo".
Magonzo ha scritto:idea suggestiva, ma piuttosto confusa e indimostrabile...
Perché "indimostrabile"?
Proprio come tu sei riuscito a confutarla con l'esempio della depressione post parto, analogamente potrebbe essere avvalorata da altri esempi. Direi che rientra nel campo del dimostrabile.
nella tua ipotesi, la depressione post parto sarebbe la confutazone definitiva della teoria, dato che tutto si può dire tranne che quelle sia una fase di inutilità biologica...
Ottima obiezione.
ci può essere un calo dell'autostima e, conseguentemente, dell'umore complessivo in ragione del decadimento biologico, ma questo non esaurisce affatto la casistica depressiva;
Hai ragione, però si potrebbe vedere la depressione come uno stimolo indotto da un determinato fattore - esterno o interno - che provoca una reazione del soggetto: sulla base delle reazioni del soggetto - se questi riesce a reagire positivamente e superare la depressione o entra in crisi depressiva, in fatidico "tunnel" -, indica se questo sia più o meno portato alla sopravvivenza dopo l'incontro (o lo scontro) col fattore che ha provocato lo stato depressivo.
Preciso che non sto dicendo di accoppare chi entra in crisi depressiva, ma propongo solo una lettura sulla sua capacità di sopravvivere alla malattia chiamata depressione.
ci sono persone "depresse" nell'ordinario che si esaltano in circostanze straordinarie (e pare sia il caso di molti leader del passato...);
Beh, Hitler e Napoleone più che depresse erano complessate, direi.
beautiful stranger ha scritto:Sono d'accordo con Magonzo: a parte i casi di depressione senile o in conseguenza di gravi malattie, che hanno carattere marginale,
Ecco la classica "giovane d'oggi" che mette i vecchi da parte.
io credo che questa malattia colpisca prevalentemente soggetti teoricamente nel pieno della forza vitale e della "produttività", persone giovani, spesso di successo, che di cose da fare ne avrebbero eccome.
Posso chiederti come mai credi ciò?
Poi, se tutto il discorso di Faust vuol significare che è legge di natura che il più debole (anche psichicamente) soccomba a vantaggio dell'organismo più forte, sappiate che non intendo abbandonare il mio posto di lavoro, benchè moderatamente depressa, a vantaggio di nessun disoccupato psichicamente più efficiente
Come direbbe Brunetta (un altro con complessi di altezza, oltre ai due di sopra e al Cavalier Berlusconi): fannullona!