lisandro ha scritto:Massimo Vaj ha scritto:Quando ci si restringe alle zone di reciproca comprensione ci si accontenta di trovarsi di fronte il già conosciuto. Naturalmente la conoscenza, così come la certezza, può essere comunicata solo quando è falsa, ma questo non significa che il provarci sia sempre inutile, perché a volte si apprende anche dagli errori commessi da altri...
Riprendo da questo tuo ultimo commento soffermandomi sull'espressione evidenziata, che alla mia maniera interpreto non del tutto valida. Mi viene da pensare che le certezze che ognuno comunica sono scaturite dall'introiezione di un concetto, che poi l'individuo filtra, imita, dandone la propria versione.
Ed è in questo processo che sono del tutto vere. E' nell'evoluzione da oggetto ad altro oggetto, tramite soggetto che applica una scelta (selezione), che scaturisce la realtà una ed ineluttabile.
Insomma c'è bisogno della casualità dei reagenti per tramandare un'azione (comunicazione) che tra tutte le infinite possibilità scaturibili, ne seleziona l'unica che può assurgere al fine di determinare la realtà che per il mio gusto qualifico vera e giusta.
Ogni affermazione costituisce necessariamente un degradare dalla causa essenziale, ragione d'essere di quella affermazione, verso gli effetti che sono determinati da questa causa. Per questo ogni affermazione è anche una limitazione. Tutto ciò che si afferma e determina lo fa attraverso una forma che è anche il contorno di un limite. Limite che significa anche imperfezione relativa. La verità è soggetta a questo avere limiti, così come la realtà che è sinonimo di verità. Una falsità è niente di più che una vera bugia. In questo insieme movimentato e limitativo il comunicare obbedisce alla stessa necessità di degrado.