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La cucina partenopea

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Lucio Musto
Lucio Musto
Viandante Ad Honorem
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vienimi a trovare e ne faccio un'altra in tuo onore... (questa qui, ahimé è finita...)

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Zadig
Zadig
Viandante Ad Honorem
Viandante Ad Honorem
blasel ha scritto:Ah, a proposito della 'nostra' cucina : l'antica ricetta per la parmiggiana di melanzane, tra gli ingredienti, prevede anche i pezzetti di cioccolato fondente. L'avete mai assaggiata preparata cosi?
no, e neanche quella senza cioccolato ma con due "g".

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Lucio Musto
Lucio Musto
Viandante Ad Honorem
Viandante Ad Honorem
Zadig ha scritto:
blasel ha scritto:Ah, a proposito della 'nostra' cucina : l'antica ricetta per la parmiggiana di melanzane, tra gli ingredienti, prevede anche i pezzetti di cioccolato fondente. L'avete mai assaggiata preparata cosi?
no, e neanche quella senza cioccolato ma con due "g".

e ti sei perso qualcosa, Zadigghe!... sia per i pezzetti di cioccolato che per la parmiggiana con due "g"!...
Dovrai necessariamente venirmi a trovare, in modo che io possa preparartela e colmare la lacuna.

E mi raccomando: vieni in buona compagnia!

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Zadig
Zadig
Viandante Ad Honorem
Viandante Ad Honorem
Lucio Musto ha scritto:
Zadig ha scritto:
blasel ha scritto:Ah, a proposito della 'nostra' cucina : l'antica ricetta per la parmiggiana di melanzane, tra gli ingredienti, prevede anche i pezzetti di cioccolato fondente. L'avete mai assaggiata preparata cosi?
no, e neanche quella senza cioccolato ma con due "g".

e ti sei perso qualcosa, Zadigghe!... sia per i pezzetti di cioccolato che per la parmiggiana con due "g"!...
Dovrai necessariamente venirmi a trovare, in modo che io possa preparartela e colmare la lacuna.

E mi raccomando: vieni in buona compagnia!
ho sempre mangiato parmigiane con una g sola...
Allora è possibile che con tre g sia ancora migliore, o no?
Se poi ci mettiamo del cioccolatttto sarà l'apoteosi del gusto...

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Lucio Musto
Lucio Musto
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Zadig ha scritto:
Lucio Musto ha scritto:
Zadig ha scritto:
blasel ha scritto:Ah, a proposito della 'nostra' cucina : l'antica ricetta per la parmiggiana di melanzane, tra gli ingredienti, prevede anche i pezzetti di cioccolato fondente. L'avete mai assaggiata preparata cosi?
no, e neanche quella senza cioccolato ma con due "g".

e ti sei perso qualcosa, Zadigghe!... sia per i pezzetti di cioccolato che per la parmiggiana con due "g"!...
Dovrai necessariamente venirmi a trovare, in modo che io possa preparartela e colmare la lacuna.

E mi raccomando: vieni in buona compagnia!
ho sempre mangiato parmigiane con una g sola...
Allora è possibile che con tre g sia ancora migliore, o no?
Se poi ci mettiamo del cioccolatttto sarà l'apoteosi del gusto...

con tre "g" non lo so, mai assaggiata nemmeno io, quelle con una g sola, dette anche parmensi hanno fama di un "lato B" eccellente, paragonabile a quello delle bolognesi.

Ma quella con due "g", la "parmiggiana di mulignane", fatta "comme a fio fis", è davvero una leccornia napoletana da assaggiare senz'altro.
Arricchita poi di frammenti di cioccolato amaro, diventa una delizia super.
Nelle varianti più elaborate invece (tipo quella con le melanzane dorate e fritte) per il mio gusto diventa invece troppo impegnativa e pesante, anche se da molti viene gradita.

La "Parmiggiana di mulignane" è un piatto assai semplice, e perciò difficile.
I piatti semplici si rivelano difficili perché offrono poche possibilità di aggiustamento "in corso d'opera",
e "si l'hai sgarrato, lèva mano!".
Cercherò di darne una ricetta "potabile" al più presto.

Per ora, offrirò quella dei "Purpetielli affogati" e la nobile variante "Purpetielli alla luciana" che,
oltre ad essere anch'essi un piatto facile e perciò delicato ed ostico, hanno anche l'inconveniente della materia prima
(i purpetielli veraci) parecchio costosa.
Per cui sbagliare, in questo caso... "è peggio ca se levà 'na mola!" (più doloroso che cavarsi un dente).

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Zadig
Zadig
Viandante Ad Honorem
Viandante Ad Honorem
minchia, eppure continuo a trovare ricette -anche napoletane- di parmigiana con una sola g!
Tipo questa: http://www.gingerandtomato.com/ricette-piatti-unici/vera-parmigiana-di-melanzane-napoletana/

(la presunzione che sia la miglior cucina l'ho trovata spesso, nel napoletano...).

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Lucio Musto
Lucio Musto
Viandante Ad Honorem
Viandante Ad Honorem
Zadig ha scritto:minchia, eppure continuo a trovare ricette -anche napoletane- di parmigiana con una sola g!
Tipo questa: http://www.gingerandtomato.com/ricette-piatti-unici/vera-parmigiana-di-melanzane-napoletana/

(la presunzione che sia la miglior cucina l'ho trovata spesso, nel napoletano...).
ed hai ragione, amico Zadig!... quanto hai ragione!...

Il napoletano è un dialetto difficile (forse per questo non è considerato "lingua" pur essendo diffuso in tutto il mondo?),
difficilissimo, spumeggiante e spesso aleatorio come lo spirito di quelli che lo parlano.

Renderlo per iscritto è sempre problematico, e anche sulle regole grammaticali più importanti
"ce appiccicamm' nu juorno si e 'n ato pure" (ci contestiamo un giorno si ed un altro... sempre si).

Ma in fondo, l'importante è capirsi no?... e allora:
" 'a 'ndò ce fa fallenza 'a grammàteca, ce aiutamm' co''e mmane!" (Dove la grammatica ci smarrisce ci aiutiamo con la gestualità)

Ma ecco qua: " E purpetielle affucate so' pronte!... jamm' a magnà!"

33
Lucio Musto
Lucio Musto
Viandante Ad Honorem
Viandante Ad Honorem
Purpetielle

Di polpi ce ne sono più di cento specie, dice il mio libro si scienze naturali edito da quel signore che fa pure, buonissime quelle!, le amarene sciroppate, ma noi a Napoli ne consideriamo solo cinque.
‘O purpo, ‘a purpessa, ‘o sinisco, ‘o moscardino e ‘o purpetiello.

Rapidamente:

‘O purpo è quello abbastanza grosso, da tre/quattrocento grammi fin oltre tre chili di peso, fornito di una doppia fila di ventose per ogni tentacolo. Il corpo è massiccio i tentacoli forti e brevi.
La “morte sua” è lesso. Ne parleremo diffusamente, perché merita un capitolo a parte.

‘A purpessa è un polpo di sabbia che si pesca di solito oltre i 100 metri di profondità. La si distingue per una borsa scura con verruche bianche e tentacoli esili decisamente lunghi.
Ha un buonissimo sapore, ma è tosta e coriacea. La difficoltà e lunghezza di cottura la rendono poco pregiata e poco interessante in cucina.

‘O sinisco è un polpetto marroncino chiaro con lunghi tentacoli ornati da una singola fila di ventose.
Saporito, coriaceo, di lunga cottura viene usato normalmente nelle insalate di mare, nelle zuppe, nei piatti misti in genere. Qualche volta viene spacciato anche per “purpetiello”… ma si tratta di appropriazione indebita (anche perché costa molto, molto meno).

Moscardini sono invece dei polpetti piccoli, bianchicci, dimessi. Coi loro corti tentacoli spesso arricciati a corona e la sacca compatta ed atticciata sono quelli che mostrano di essere: dei gregari. Merce di seconda scelta, dignitosa, adatta a sostituire il purpetiello nelle sue preparazioni ma senza pretese emulative. Sono buoni modesti e gradevoli… ma di serie B.
Nulla da criticare, purché siano pagati il giusto.

Purpetiello infine è il re di Mergellina e di Santa Lucia… cioè il re dell’universo.

Intenso nel colore, gagliardo nel movimento, guappo nella presenza, è un animale nato nobile e lo sa. Lui, è l’imperatore del mare, il piccolo sovrano che non deve chiedere nulla. Lui, è!

Piccolo, centocinquanta grammi al massimo, elegantissima doppia fila di ventose degradanti come le perle di un collier, proporzioni armoniche e grandi occhi neri, può essere vissuto fra gli scogli, sopravvivendo ad infinite insidie e trappole o aver trovato rifugio in una “mummarella”, i piccoli vasi di coccio che certi pescatori affondano, legate in lunghi rosari, alla base delle scogliere foranee. Rifugio ideale per questi piccoli principi del gusto, che assai volentieri le colonizzano… rigorosamente solitari, uno per mummera, e ne fanno la loro residenza.

Sin troppo evidente che, quando catturati, spuntano sul mercato un prezzo notevole… ma ne vale la pena!...
Sono buoni, sono belli, teneri, eleganti… un piacere per gli occhi ed un arricchimento per la tavola.
Per il palato poi… un boccone di afromosia in pignatiello!

Ed allora andiamola a preparare, questa squisitezza, raccontandola, come fanno nei libri di cucina cominciando dagli ingredienti:

due purpetielli veraci a testa (si possono usare anche i moscardini, ma già si è detto che andiamo in serie B)
uno spicchio d’aglio piccolo (sempre a testa)

due pomodori sammarzano perfettamente maturi (o cinque o sei pomodorini pizzutelli del Vesuvio o del “piennolo”, ma attenzione che qui rimangono le pellecchie e possono non piacere)

un pezzetto piccolo di peperoncino forte (possibilmente fresco e verde)

alcune foglie di prezzemolo, olio, sale.

Un tegame di coccio col coperchio di coccio o di vetro. Attenzione al tegame di coccio, che è fondamentale. Deve essere “giusto giusto” per accogliere i polpi il pomodoro ed il resto rimanendone riempito fino ad un dito, un dito e mezzo massimo dal bordo.
Il perché lo diciamo subito.
I polpi cuocendo si “arricciano” sui tentacoli, aumentando alquanto di volume, ma devono cuocere senza acqua aggiunta. Per cui un tegame troppo piccolo non riuscirebbe a contenerli, mentre in un tegame troppo ampio i liquidi sarebbero insufficienti compromettendo la corretta cottura.

Preparato l’occorrente metteremo nel tegame di coccio un cucchiaio scarso di olio a persona, gli spicchi d’aglio ed il peperoncino mentre avremo già pelato i sammarzano (sapete come si fa, vero?... tuffati per un minuto in acqua bollente la pelle viene via molto facilmente) e li avremo tagliati grossolanamente e messi nel colapasta a perdere il liquido in eccesso.

Sul fuoco dolce faremo imbiondire l’aglio, ma solo un poco per non caricare troppo l’odore.
subito giù i purpetielli per un rapido stordimento. Vanno girati rapidamente (immediatamente cambiano colore e poi tenuti coperti per un minuto o due.
Riaperto il tegame aggiungiamo i pomodori o i pomodorini che abbiamo preparato ed i soli gambi del prezzemolo. Un pizzico (poco) di sale fino, una rapida rimescolata e di nuovo coperti.

La cottura del purpetiello verace, ed anche quella del moscardino è breve. Un quarto d’ora, venti minuti al massimo.
Se avete invece comprato (o vi siete fatti imbrosare) coi sinischi, dovrete pazientare anche cinquanta minuti per trovarli mangiabili, e forse dovrete aggiungere anche un poco di acqua… mi raccomando bollente!.

Solo qualche minuto prima della presunta fine della cottura si scoperchia, si controlla il sale, si aggiungono le foglioline di prezzemolo finemente tritate, si controlla la cottura. Una rapidissima rimescolata al tutto ed ancora incoperchiato. Qualche altro minuto, e spegnete il fuoco.

Ancora qualche minuto che il bollo piano piano si estingua… e i purpetielli affogati possono andare in tavola… rigorosamente nel loro tegame. Vanno serviti insieme al proprio sugo su una fetta di pane abbrustolito ancora caldo .

Una variante interessante, che fa risparmiare un polpo a persona, consiste nell’usare il sugo per condire gli spaghetti, o meglio, le linguine.
In questo caso io aggiungo ancora un poco di prezzemolo tritato ed un filo d’olio di oliva proprio a crudo direttamente sui piatti. Il purpetiello sarà appoggiato, trionfante, al centro della porzione di pasta.

Ultima variante:
Al momento in cui si mettono i purpetielli nell’olio, ci si possono aggiungere qualche oliva nera di Gaeta snocciolata e qualche cappero sottosale lavato nell’aceto e strizzato.
In questo caso avremo i “Purpetielli alla Luciana”, specialità del Borgo Marinaro, in fiero e nobile antagonismo coi “Purpetielli affogati (affucati)” che sono quelli in ricetta e sono rivendicati da Ciro a Mergellina.

Buon appetito a tutti!


Lucio Musto . 17 ottobre 2011
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Blasel
Blasel
Banned
Banned
Caro Lucio, che vuoi che aggiunga a quanto sapientemente espresso da te? Avendo vissuto (per breve tempo) a Parma, so bene cosa voglia dire chiamare 'parmigiano' un oriundo, diciamo che equivale a chiamare 'sardegnuolo' un nativo di Ichnusa.

Forse, anzicche' parlare di 'parmiggiana', dovremmo, nel pomeriggio in collegio, parlare di 'pajata' e 'coda alla vaccinara', ma allora discuteremmo della cucina trasteverina...

35
Zadig
Zadig
Viandante Ad Honorem
Viandante Ad Honorem
ANZICCHÈ? Pure qui con una consonante in più?
Non badi a spese, eh? ;)

Non parlare della cucina trasteverina (che, semmai, è quella romana, o ebraica romana, visto che Trastevere è un quartiere di Roma) perchè la pajata non mi piace. E neanche tanto la cda alla vaccinara...

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Lucio Musto
Lucio Musto
Viandante Ad Honorem
Viandante Ad Honorem
Zadig ha scritto:

Non parlare della cucina trasteverina (che, semmai, è quella romana, o ebraica romana, visto che Trastevere è un quartiere di Roma) perchè la pajata non mi piace. E neanche tanto la cda alla vaccinara...

No Zadig!... non farmi piangere!....

"Turiddu al Testaccio"... la bettola giuso vicino a "Mario" (il ristorantino "in"), e i suoi "Rigatoni co' 'a pajata" serviti sul tavolaccio di legno e la tovaglietta di carta-paglia!... Un mito senza rivali!...
come non celebrarne il ricordo fra le cose più travolgenti da gustare a Roma?...
eppure a Roma si mangia da Dio!... "La Rampa", "Mario a Via della Vite", il "Matriciano cu le palle da fora" dietro Piazza Risorgimento, il caratteristico ed unico "Nuraghe Sardo" ormai chiuso, le "tavernelle" giù in fondo a via Palisperna, Il "Fontanone" sulla via di Ostia e "dal Negri" proprio sul lungomare ad Ostia, il già citato (ma Zadig dice ormai decaduto) "la Foresta" sui Colli Albani ed il suo consimile "Re Baffone", La "Taverna di Nino" a Marino e mille e mille altri posti d'incanto, per la robusta pancia di un moschettiere in Carriera...

Roma di sogno, Roma di ricordi incantati, Roma di indimenticabili emozioni

Ma come fa, amico Zadig, a non esaltarti una coda alla vaccinara cotta secondo i crismi sacri?... e "du' buccolotti alla Giulio Cesare", il "Caviale abruzzese", il Maialino alla brace (la "M" maiuscola non è un refuso di stampa) con le cappelle di porcini arrostite sotto, proprio dove cola il grasso, la faciolata... quella semplice, di cui daremo la ricetta qui, come gradita ospite della cucina Napoletana...

Io non sono un mangione, né particolarmente goloso; ma se mi chiedessero: "Un motivo per cui ti dispiace morire", risponderei senz'altro.
"Per la mancanza delle gambe sotto la tavola, alla tavola con gli amici, a gustare un piatto cucinato per amore... possibilmente anche saporito!"

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Kleana
Kleana
Viandante Storico
Viandante Storico
Signori, io apro questo thread con l'acquolina in bocca e voi mi disquisite sulle doppie consonanti!!? Io, semmai, voglio le doppie porzioni delle doppie ricette!!!!! rotolarsi dal ridere rotolarsi dal ridere rotolarsi dal ridere

Se proprio dovete farlo, almeno sotto scucite una ricettuola La cucina partenopea - Pagina 2 2504199820

Prego continuate pure Sorriso Scemo

38
Lucio Musto
Lucio Musto
Viandante Ad Honorem
Viandante Ad Honorem
Zadig ha scritto:minchia, eppure continuo a trovare ricette -anche napoletane- di parmigiana con una sola g!
Tipo questa: http://www.gingerandtomato.com/ricette-piatti-unici/vera-parmigiana-di-melanzane-napoletana/

(la presunzione che sia la miglior cucina l'ho trovata spesso, nel napoletano...).

Per scrupolo di coscienza, sono andato a leggermi la ricetta che tu segnali della "vera parmigiana napoletana"

da "ginger and tomato", il cui nome è di per se tutto un programma.

Devo innanzi tutto dire che non mi stupisce il termine "parmigiana" con una sola "g". I napoletani sono ossequiosi
per natura, e la signora ha ritenuto di tradurre ogni termine in perfetto italiano... con ovvie conseguenze.

Riguardo alla ricetta, devo dire che ci può stare, anche se si tratta di uno di quegli "appesantimenti" che dicevo, anzi proprio quello che citavo delle melanzane dorate e fritte, anziché solo fritte.
Anche il sugo, fatto con la passata, per me è troppo pesante, e toglie al piatto quel gusto leggero che più gradito è in estate, quando peraltro il basilico si trova, fresco e profumato.

Ed infatti anche l'uso del basilico che fa la signora, a mio avviso è inappropriato. Venti minuti a sobollire nella salsa... e che ne rimane dell'aroma di basilico?...
A mio avviso il basilico va invece messo a crudo, in quantità abbondante e non solo alcune foglie, quando si compone la teglia, direttamente sopra alle fette di fiordilatte.

Per il resto, concordo e plaudo all'autrice della ricetta.

39
Lucio Musto
Lucio Musto
Viandante Ad Honorem
Viandante Ad Honorem
Kleana ha scritto:Signori, io apro questo thread con l'acquolina in bocca e voi mi disquisite sulle doppie consonanti!!? Io, semmai, voglio le doppie porzioni delle doppie ricette!!!!! rotolarsi dal ridere rotolarsi dal ridere rotolarsi dal ridere

Se proprio dovete farlo, almeno sotto scucite una ricettuola La cucina partenopea - Pagina 2 2504199820

Prego continuate pure Sorriso Scemo

Piccola!... ma se ti ho data ora quella dei purpetielli affogati!

Se fai la buona, domani un'altra, leggera e saporita... la faciolata alla romana!

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Blasel
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Banned
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Caeo Lucio dei libri della e sulla cucina napoletana sono pieni le librerie e gli scaffali degli amici dell'autore o dell'autrice, come ad ese,pio quello di Jane Carola, moglie di Armando, oppure il "Frienno magnanno" dell'amico Gianni deBury.

La tua autrice commette doppio sacrilegio, (una sola g), la prima indorando in precedenza le mulignane, poiche' nella sacra ricetta napoletana cio' non e' previsto, solo nelle province adiacenti ed in altre citta' c'e' questo tipo di preparazione (tanto caro ai miei suoceri, che, per l'appunto erano tosco-pugliesi) ed il secondo quello di utilizzare la passata ed in essa cuocere il vasonicola, che invece va' aggiunto, proprio come sulla pizza 'margherita' rigorosamente a crudo.

I nostri avi si agitano nelle loro tombe. nascondersi nascondersi

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Lucio Musto
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blasel ha scritto:Caeo Lucio dei libri della e sulla cucina napoletana sono pieni le librerie e gli scaffali degli amici dell'autore o dell'autrice, come ad ese,pio quello di Jane Carola, moglie di Armando, oppure il "Frienno magnanno" dell'amico Gianni deBury.

La tua autrice commette doppio sacrilegio, (una sola g), la prima indorando in precedenza le mulignane, poiche' nella sacra ricetta napoletana cio' non e' previsto, solo nelle province adiacenti ed in altre citta' c'e' questo tipo di preparazione (tanto caro ai miei suoceri, che, per l'appunto erano tosco-pugliesi) ed il secondo quello di utilizzare la passata ed in essa cuocere il vasonicola, che invece va' aggiunto, proprio come sulla pizza 'margherita' rigorosamente a crudo.

I nostri avi si agitano nelle loro tombe. nascondersi nascondersi

Le ho rilevati anche io questi "sacrilegi" che tu evidenzi, nel mio commento (messaggio n° 38, poco sopra), ma poiché sono un moderato di natura li ho declassati a livello di "imperfezioni"! La cucina partenopea - Pagina 2 552431809 La cucina partenopea - Pagina 2 552431809

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NinfaEco
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Viandante Ad Honorem
Viandante Ad Honorem
Kleana ha scritto:Signori, io apro questo thread con l'acquolina in bocca e voi mi disquisite sulle doppie consonanti!!? Io, semmai, voglio le doppie porzioni delle doppie ricette!!!!! rotolarsi dal ridere rotolarsi dal ridere rotolarsi dal ridere

Se proprio dovete farlo, almeno sotto scucite una ricettuola La cucina partenopea - Pagina 2 2504199820

Prego continuate pure Sorriso Scemo


Quoto.
L'ho sempre detto io che Kleana è una donna intelligente. La cucina partenopea - Pagina 2 73990920


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Zadig
Zadig
Viandante Ad Honorem
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Lucio Musto ha scritto:
Zadig ha scritto:

Non parlare della cucina trasteverina (che, semmai, è quella romana, o ebraica romana, visto che Trastevere è un quartiere di Roma) perchè la pajata non mi piace. E neanche tanto la cda alla vaccinara...

No Zadig!... non farmi piangere!....

"Turiddu al Testaccio"... la bettola giuso vicino a "Mario" (il ristorantino "in"), e i suoi "Rigatoni co' 'a pajata" serviti sul tavolaccio di legno e la tovaglietta di carta-paglia!... Un mito senza rivali!...
come non celebrarne il ricordo fra le cose più travolgenti da gustare a Roma?...
eppure a Roma si mangia da Dio!... "La Rampa", "Mario a Via della Vite", il "Matriciano cu le palle da fora" dietro Piazza Risorgimento, il caratteristico ed unico "Nuraghe Sardo" ormai chiuso, le "tavernelle" giù in fondo a via Palisperna, Il "Fontanone" sulla via di Ostia e "dal Negri" proprio sul lungomare ad Ostia, il già citato (ma Zadig dice ormai decaduto) "la Foresta" sui Colli Albani ed il suo consimile "Re Baffone", La "Taverna di Nino" a Marino e mille e mille altri posti d'incanto, per la robusta pancia di un moschettiere in Carriera...

Roma di sogno, Roma di ricordi incantati, Roma di indimenticabili emozioni

Ma come fa, amico Zadig, a non esaltarti una coda alla vaccinara cotta secondo i crismi sacri?... e "du' buccolotti alla Giulio Cesare", il "Caviale abruzzese", il Maialino alla brace (la "M" maiuscola non è un refuso di stampa) con le cappelle di porcini arrostite sotto, proprio dove cola il grasso, la faciolata... quella semplice, di cui daremo la ricetta qui, come gradita ospite della cucina Napoletana...

Io non sono un mangione, né particolarmente goloso; ma se mi chiedessero: "Un motivo per cui ti dispiace morire", risponderei senz'altro.
"Per la mancanza delle gambe sotto la tavola, alla tavola con gli amici, a gustare un piatto cucinato per amore... possibilmente anche saporito!"
la cucina romana tipica, quella del quinto quarto, proprio non mi piace, a cominciare dalla trippa.
Quella romana ebraica invece sì.
La coda la tollero, ma no mi fa impazzire.
Però qui si parla di cucina napoletana...


(che roba è il caviale abruzzese?)

E questa ricetta della parmiGiana va bene? http://ricette.dialettando.com/ricette/2006070614562013594357.lasso

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Zadig
Zadig
Viandante Ad Honorem
Viandante Ad Honorem
NinfaEco ha scritto:
Kleana ha scritto:Signori, io apro questo thread con l'acquolina in bocca e voi mi disquisite sulle doppie consonanti!!? Io, semmai, voglio le doppie porzioni delle doppie ricette!!!!! rotolarsi dal ridere rotolarsi dal ridere rotolarsi dal ridere

Se proprio dovete farlo, almeno sotto scucite una ricettuola La cucina partenopea - Pagina 2 2504199820

Prego continuate pure Sorriso Scemo


Quoto.
L'ho sempre detto io che Kleana è una donna intelligente. La cucina partenopea - Pagina 2 73990920


Ovvio: Kleana (oltre a puppare la banana) ha il bollino di qualità.

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Blasel
Blasel
Banned
Banned
Il link summenzionato e' riferito a "Simonelli editore" che non e' partenopeo e non e' in vernacolo.

46
Lucio Musto
Lucio Musto
Viandante Ad Honorem
Viandante Ad Honorem
blasel ha scritto:Il link summenzionato e' riferito a "Simonelli editore" che non e' partenopeo e non e' in vernacolo.

quale, scusa?... mi sono perso il conto... Ginger and Tomato?... e ci mancherebbe che fosse napoletano!... sai quanta pernacchie se fidasse e accucchià cu chell'etichetta?

47
Kleana
Kleana
Viandante Storico
Viandante Storico
Lucio Musto ha scritto:
Kleana ha scritto:Signori, io apro questo thread con l'acquolina in bocca e voi mi disquisite sulle doppie consonanti!!? Io, semmai, voglio le doppie porzioni delle doppie ricette!!!!! rotolarsi dal ridere rotolarsi dal ridere rotolarsi dal ridere

Se proprio dovete farlo, almeno sotto scucite una ricettuola La cucina partenopea - Pagina 2 2504199820

Prego continuate pure Sorriso Scemo

Piccola!... ma se ti ho data ora quella dei purpetielli affogati!

Se fai la buona, domani un'altra, leggera e saporita... la faciolata alla romana!

Attendo con anZia commosso


Zadig ha scritto:
NinfaEco ha scritto:
Kleana ha scritto:Signori, io apro questo thread con l'acquolina in bocca e voi mi disquisite sulle doppie consonanti!!? Io, semmai, voglio le doppie porzioni delle doppie ricette!!!!! rotolarsi dal ridere rotolarsi dal ridere rotolarsi dal ridere

Se proprio dovete farlo, almeno sotto scucite una ricettuola La cucina partenopea - Pagina 2 2504199820

Prego continuate pure Sorriso Scemo


Quoto.
L'ho sempre detto io che Kleana è una donna intelligente. La cucina partenopea - Pagina 2 73990920

Ovvio: Kleana (oltre a puppare la banana) ha il bollino di qualità.

Sorriso Scemo Sorriso Scemo Sorriso Scemo

48
blugipsy
blugipsy
Viandante Storico
Viandante Storico
melanzate a funghetto
zucchine a'scapece
insalata di rinforzo
sasicce e friarielli
i roccocò
la (mitica) pastiera

paccheri o'scarpariello

300 g di filetto di pomodoro
400 g di paccheri
olio extravergine di oliva
1 spicchio d’aglio
peperoncino
pecorino
basilico fresco
sale

In una padella fate soffriggere olio, peperoncino e aglio e quando quest’ultimo è diventato biondo, aggiungete il filetto di pomodoro. Tenete sul fuoco per un quarto d’ora. Nel frattempo, cuocete i paccheri al dente e, una volta scolati, passateli in padella e conditeli con abbondante pecorino. Girate il tutto per qualche minuto finché il sugo non si amalgama bene alla pasta e, prima di servire, aggiungete qualche fogliolina di basilico e un filo d’olio a crudo.

:ç-*:

49
Lucio Musto
Lucio Musto
Viandante Ad Honorem
Viandante Ad Honorem
.


I ragù

Diciamolo subito. Il vero ragù napoletano celebrato dai nostri nonni come pietanza irrinunciabile dei giorni di festa, il ragù delle poesie di Eduardo, il ragù coprotagonista a teatro e sullo schermo della celebre “Sabato, domenica e lunedì”, non esiste più.
E non esiste più da parecchio tempo.
Io stesso non credo di averlo mai assaggiato, né l’ho visto mai preparare. In casa si raccontava che mio padre lo sapesse fare ed anche il nonno di mia moglie, Don Enrico, pare lo facesse egregiamente… Ma si tratta solo di ricordi raccontati in favore di grandi uomini per amore celebrati.

I perché della perdita di questa ricetta e di della bella tradizione conviviale credo siano molteplici, legati forse alle moderne diete, ai frenetici ritmi della vita di oggi, all’invasione di nuove e più sbrigative pietanze forestiere, ma soprattutto, penso, alla scomparsa della materia prima.

Per il ragù alla napoletana infatti ci voleva la conserva di pomodoro, e quella, non si fa più!
Per amor di documentazione, ma soprattutto per spiegare il “ritmo esistenziale” in cui poteva nascere il ragù, ed alimentare la popolazione di una volta, diciamo una parola sulla “conserva” di pomodoro, vanto ed orgoglio delle massaie e frutto di una intera estate di attenzioni.

Si preparava dunque la conserva cominciando con lo scegliere i pomodori sammarzano (ma i napoletani più poveri si adattavano a varietà meno prestigiose) perfettamente sani e del tutto maturi.
Cotti di una breve cottura con una “’ndecchia” (piccola quantità segreta e personale) di acido salicilico preso in farmacia e pochissimo sale, venivano passati nel passaverdure (più recentemente nell’apposita macchinetta brevettata) e ridotti in salsa.
Questa veniva distribuita in appositi larghissimi piatti di terraglia smaltata, da esporre poi al sole sui lastrici solari delle abitazioni (pochissime case a Napoli hanno il tetto; si preferisce la copertura a terrazzo ovvero si lascia semplicemente a vista la guaina catramata nera che d’estate, col sole a picco, diventa rovente!)
Qualche giorno di esposizione al sole, ed il volume della salsa si riduceva alla metà ed anche meno.
ed allora da due o più piatti se ne faceva uno solo, ed altra salsa andava ad occupare i piatti liberati.
il procedimento continuava praticamente per tutta l’estate ed il piatto di raccolta (tenuto anch’esso sempre al sole, si arricchiva di sempre nuovi apporti di salsa nuova a diluire un poco le precedenti
aggiungendo profumo fresco a prodotto che andava maturando.

Dopo l’ultima aggiunta, la massa densa veniva lasciata ancora almeno una settimana o due esposta al sole, quotidianamente rimestata con cura, finché la massaia decideva che la “conserva” era pronta, bruna di colore, profumata e sapida.
Conservata in grandi barattoli di vetro o di coccio smaltato bianco (uguali a quelli per le melanzane sott’olio…) e protetta da un filo d’olio, avrebbe generato i ragù festivi di tutto l’anno.

Si vede bene che già alla genesi del ragù c’era attenzione, pazienza, devozione ed amore.

Subito dopo la guerra, sullo stile americano, nacque la conserva industriale, essiccata alla svelta in forno e commercializzata in grandi contenitori di lamiera zincata: “ ‘A conserva d’o buattone”, si diceva, ed il pizzicagnolo la vendeva sfusa, su fogli di carta oleata.
Ovviamente, era già tutt’altra cosa.
Ripeto sono cose raccontate, anche se la conserva l’ho vista ancora fare in qualche paesino dell’interland di Napoli, quand’ero ragazzo; ma non so molto altro.

Lessi una volta delle preparazione del ragù in un vecchio libro, delle otto e più ore dei cottura di un pezzo di carne di manzo o di annecchia che non saprei individuare nei nuovi tagli, gli aromi, la sugna, l’aggiunta graduale della conserva, la parsimoniosa diluizione della salsa, della squisitezza del risultato di tanta paziente opera… ma se non la sappiamo fare, che ne parliamo a fare?... per ingannare lo stomaco?...

Parliamo allora di un altro ragù, più vicino a noi, più urbano, più “realizzabile”.
Ha un nome suo, che è tutto un programma… ed una minaccia.

Si chiama “il ragù del guardaportortone”, e trova la sua giustificazione nel fatto “ca sul’isso ‘o ppo’ ffa”, solo lui lo può fare poiché, bloccato per ore ed ore nella guardiola (di norma parte integrante della casa del portiere) ne può sorvegliare la lenta e lunghissima cottura, con frequenti rimescolamenti ed eventuale aggiunte di piccolissime quantità di liquido. Perché il ragù deve sobollire piano rimanendo sempre denso, ma senza attaccare (troppo) sul fondo del pentolone.
Un minimo di bruciaticcio invece ci stà bene, perché conferisce al sugo quel leggero sapore di “antico” che tanto lo contraddistingue. Sentore che, con riferimento ad una nota storiella, ha anche un nome; si chiama “il sapore della buonanima”.

Ed andiamo a farlo, questo ragù “povero” e moderno. Il ragù degli ziti domenicali (a Napoli la pasta bucata, lunga, liscia, da spezzare con le mani al momento di lessarla si chiama “ziti” e non “zite” come nel resto d’Italia… dove e quando si trovano; le penne no, sono un’altra cosa, quelle sono le figlie degeneri dei “maltagliati”, ma questo è un altro discorso).

Ci vuole un pentolone, grande, perché non è possibile fare un ragù per due persone… ma tranquilli, il ragù si conserva per più giorni e senza (troppi) danni si può anche congelare. Possibilmente una pentola col fondo molto spesso o, ideale, una pentola di coccio.

La carne è quella povera, quella che poteva permettersi il guardaportone. Spezzatino misto di manzo e maiale, carni di secondo o terzo taglio, un po’ grassette (ma possibilmente non troppo) un po’ nervose come coperta, piccione, fiocco eccetera. Un poco di tendine di zampa, qualche tracchiolella (costine di maiale) magari un pezzo di coda e qualche salsiccia.

Tutti questi pezzi io li faccio rosolare in ondate successive in un poco di olio e di strutto dopo averle appena spolverate con quei preparati per arrosto che si vendono già pronti. Solo qualche goccio di vino bianco, di tanto in tanto, per sciogliere i sapori che vanno ad attaccarsi al fondo.

“Stordita” la carne, nel condimento metto le verdure: cipolla, aglio, carota, poco sedano, qualche bacca di ginepro, salvia e timo fresco, tutto passato nello sminuzzatore manuale o elettrico.
Lascio appassire le verdure, eventualmente occorra aggiungendo ancora vino bianco, per una diecina di minuti. Il profumo mi invoglia a proseguire.

Aggiungo una prima bottiglia di passata di pomodoro e faccio prendere il bollo. Quindi metto giù la carne. Aggiungerò ancora passata ed una scatoletta o due di doppio concentrato di pomodoro (o triplo concentrato quando riesco a trovarlo) ma con molta prudenza, facendo attenzione a che il bollo non scompaia mai del tutto, ma non arrivo alla raffinatezza di riscaldare a parte il pomodoro prima di aggiungerlo; cerco solo di evitare bruschi choc termici che disturbano la cottura della carne. Aggiungo anche due o tre foglie d’alloro intere, ma è gusto mio personale.

Il gioco è fatto. Ora basta che il sugo sobollisca leggermente per due, tre ore, rigirato qualche volta che non attacchi sotto, ed il ragù dirà lui stesso, cambiando colore e tipo di bollore quando è pronto.

Ben oltre la metà cottura (diciamo dopo un’ora e mezza) va controllato il sale. Di solito occorre aggiungerne un pizzico, ma siate parsimoniosi; nell’ora, ora e mezza che ancora manca al fine cottura evaporerà ancora acqua e la sapidità aumenterà.

E’ questo il momento del tocco del maestro. Uno, due o tre cucchiaini di cacao amaro in polvere possono essere aggiunti all’intingolo e, udite udite!, anche un cucchiaino o due di zucchero, se al gusto avete l’impressione che ci sia ancora un retrogusto di acidità del pomodoro.
La passata di pomodoro è acida di natura e di additivi, ma l’acidità scompare con la cottura. Se è ancora acidula dopo un’ora e mezzo di cottura… beh!, un “aiutino” bisogna darglielo!

A fine cottura, i pezzi di carne saranno ancora interi o solo parzialmente sfaldati, ma comunque morbidissimi e cedevoli alla forchetta. Così devono essere.
Serviranno a guarnizione del piatto di ziti.

A Napoli, ai miei tempi, usava così:
Gli ziti, spezzati a mano (mi raccomando di usare anche i pezzetti triangolari chiamati “unghie”) e cotti al dente, scolati e messi nella zuppiera di coccio (Trucco: scolate la pasta raccogliendo l’acqua nella zuppiera per riscaldarla) saranno “sporcati” con qualche mestolo di ragù, e portati in tavola.
Solo li la Padrona di casa farà i piatti, ci aggiungerà parmigiano o pecorino grattugiati secondo il gusto del singolo commensale, quindi il sugo ed il o i pezzi di carne a decorazione.
Se possibile, l’immancabile foglia o ciuffetto di basilico… e buon appetito.

Un ultimo tocco. Talvolta si arricchisce il ragù con la ricotta. E qui ci sono varie “scuole di pensiero; secondo alcuni va messa così, bianca, in fase di “sporcatura” della pasta, secondo altri va emulsionata con un mestolo di sugo, secondo altri va servita a tavola al naturale, ed ognuno se ne serve a gusto proprio. Fate come vi pare.
A me, se il ragù è fatto “comm’a fio fis”, mi va bene comunque, ma se il ragù è “carne c’a pummarola”, non c’è ricotta che lo possa salvare!




Lucio Musto 25 ottobre 2011
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PS - Se, e dico se, dovesse putacaso avanzare un poco di pasta, è sacrilegio buttarla via.
A sera, saltata ed arrosticata in padella con un goccio d’olio… è ancora più buona!... e se non ce la fate proprio, domani, con l’aiuto di qualche uovo sbattuto ed un poco di formaggio grattugiato e magari un pezzetto di fiordilatte, si può realizzare una “frittata di maccheroni”… ‘a fa scetà ‘e muorte!” (da risvegliare i morti!)



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