Coraline ha scritto: Lucio Musto ha scritto:
aggiungi pure che quando dici una cosa, e magari ti sei anche sforzato per scriverla bene, un ditino alzato ti pare troppo poco come approvazione ed un pollice verso una inaccettabile ingiustificata bocciatura.
Considera che mediamente il numero delle persone che si limita a leggere, e che dunque approva o disapprova solo nella sua testa, è di molto superiore a quello di coloro che si pronunciano. Dunque, forse, scrivere per il piacere puro di comunicare, senza aspettarsi ritorni in termini di consenso, sarebbe la cosa migliore da fare per evitare che le proprie aspettative vengano disintegrate dal primo che passa.
Giustissimo, e quoto completamente, ma…
si, e no.
Da sempre (il sempre è naturalmente relativo) io scrivo soprattutto per me stesso, e nemmeno tanto per il piacere di scrivere quanto per l'esigenza di fissare pensieri, idee, emozioni che mi sgorgano dall'anima.
Il più delle volte innescate, ispirate e sollecitate da eventi esterni a me stesso che mi pungolano e mi urgono. Ovviamente questo mi gratifica in sé, e mi basta.
Ma altre volte scrivo anche per gli altri, per comunicare un sentimento, per formulare una richiesta, per manifestare un disagio...
Oppure, ed è questo il caso di intervento nelle discussioni, per la voglia di affermare una mia posizione, un mio parere, una mia conoscenza.
In questi casi si, il dialogo me lo aspetto, in contraddittorio come in condivisione, perché lo scopo di questo scrivere è proprio quello di andare avanti, di progredire in reciproco arricchimento, facendo un passo per uno, ognuno contribuendo in qualcosa,donando il proprio parere, il proprio sapere...
se parlo solo io e l'altro tace, ovvero se ripetutamente provo a spiegare il mio dire e non ci riesco, o l'altro si rifiuta di intendermi e va da solo per la sua strada, allora semplicemente abbandono ("luciomustizzo" secondo un neologismo di BIGbossSTIGAZZI).
Se dialogando non c'è dialogo, che dialoghiamo a fare?... torno ai fornelli!
Infine scrivo semplicemente per ringraziare, o per insegnare. In questo caso il ritorno è facoltativo, e spesso superfluo.
16 marzo 2012