Speciale per Silena
per non farti avvilire, ti passo una ricetta che, invece, non puoi praticamente sbagliare.
Basta che ci mtti programmazione, fantasia, tempo e pochi soldini.
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A ‘nzalata ‘e rinforzo
Irrinunciabile, nella tradizione del “Cenone” natalizio, questo piatto umile e festoso accomuna tutti i napoletani in attesa dell’evento mistico della Natività.
Su umili deschi o in sfarzose tavolate, alla Vigilia di Natale, l’insalata di rinforzo a Napoli esige il suo posto di regina incontrastata, riconosciuta più del tradizionale ed ahimé sempre più caro capitone, gradita più delle sin troppo caloriche “ciòciole” tenace e diffusa più del Panettone invasore.
Onnipresente, tradizionale che più di tradizione non si può, innumerevoli volte preparata con cura e presentata con orgoglio, questa regina della tavola conserva tuttavia ancora alcune sacche di mistero, alcuni inesplorati golfi di scaramanzie antiche, alcune poco conosciute curiosità.
A cominciare dal nome: perché insalata “di rinforzo”?... io conosco tre possibili spiegazioni, ma non so se siano vere o arbitrarie, né so se ce ne siano altre, altrettanto possibili, più o meno documentate.
“Di rinforzo”, perché la cena della Vigilia, a Napoli rigorosamente vietata alle carni, è per definizione “di magro”, allegramente sorvolando sulla constatazione che il cefalo ed il capitone, i pesci di rito, sono fra gli animali più grassi che consolino le nostre tavole, che la frutta secca, noci, mandorle, nocelle e nocciole, pistacchi, datteri e canditi, radunati tutti sotto il generico appellativo di “ciòciole”, sono delle vere bombe energetiche, ed i dolci natalizi fra i più ricchi di zucchero…
Insalata ricca quindi atta a “rinforzare” la cena povera della vigilia… una spiegazione ragionevole certo se risaliamo ad altri tempi, quando a Napoli la denutrizione era di casa e davvero il “cenone” era poca cosa, ed una qualche aggiunta di sapore era oltremodo gradita.
Ma quelli erano altri tempi, tempi che non conosciamo se non negli antichi ricordi romanzati delle sceneggiate, malinconici, quando non deprimenti…
Fortunatamente oggi quei tempi sono passati, e l’appellativo può trovare una spiegazione molto diversa. “Di rinforzo” nel senso che “viene rinforzata” e “si rinforza”!...
Infatti oggi l’insalata di rinforzo avanza, sempre, ed al giorno di Natale ci troviamo con la gioiosa pietanza consumata solo in parte, o appena piluccata.
Ma nessun napoletano penserebbe di buttar via l’insalata di rinforzo come fa con gi altri avanzi del sin troppo opulento “Cenone di magro”!... buttare via l’insalata di rinforzo porta jella!... una specie di maledizione che ti sei cercato con le tue mani!... “ ‘a ‘nzalata ‘e rinforzo” è il simbolo testimone di benessere, attrattore di ricchezza, efficace alla bisogna quanto e più delle lenticchie di capodanno nei confronti delle monete!... ed il popolo napoletano oltremodo scaramantico e superstizioso, a queste cose ci sta attento assai!...
Ed allora ecco che di giorno in giorno l’insalata viene riacconciata in nuova presentazione, “rinforzata” col rifornimento degli ammennicoli consumati il giorno prima, aggiunta dell’olio ed aceto che lentamente assorbito, la rendono sempre più sapida e corposa nel gusto, conservando e diffondendo la gioiosità della festa.
L’insalata di rinforzo è essa stessa un simbolo del Natale!
La terza spiegazione che ho del nome di questa leccornia natalizia è la più banale, e semplicemente significherebbe insalata “rinforzata”, cioè arricchita di ammennicoli vari, per renderla più gustosa, più attraente, colorata e festosa…
Ed allora siamo al punto in cui dobbiamo dire come viene fatta, quest’insalata, anche se dare una “ricetta” qui è più azzardato che altrove, vista la duttilità della pietanza e la inesauribile fantasia della gente partenopea… ma almeno forniamo qualche linea guida!
Di base, ci vuole il cavolfiore. Bianco naturalmente nell’uso antico, ora viene accettato anche verde, violetto, o il cavolo broccolo “Romanesco” tanto caro agli estimatori di frattali (notate come, per l’effetto dell’aceto, in un paio di giorni il delizioso ortaggio cuspidato vira il suo colore dal verde brillante ad un bianco panna molto gradevole).
Quale che sia il cavolo va lessato intero e tenuto “al dente” anche perché destinato a sopportare rimaneggiamenti per più giorni… di solito fin quasi a capodanno… per essere posato tronfio e maestoso al centro del più importante “piatto da portata” in ceramica presente in famiglia.
La presenza dell’aceto sconsiglia altri materiali e per la sua funzione di festosità e di addobbo che gli compete richiede il massimo della visibilità.
Il cavolfiore è decorato, spesso completamente ricoperto di acciughe salate disiliscate e tenute immerse per almeno un giorno in olio di oliva. Ne guadagneranno in morbidezza, perderanno un po’ di sale e saranno meglio protette dall’inevitabile ossidazione.
Questo eburneo trofeo striato di nocciola porta in cuspide l’elemento distintivo del piatto: una papaccella rossa forte astutamente fissata con uno stuzzicadenti a due punte; una infilzata nel diavoletto rosso ed una nell’angelo bianco.
Cos’è una “papaccella”?... mi permetterò di spiegarlo per il mio eventuale lettore non partenopeo.
Le “papaccelle” verdi, rosse, forti o dolci, sono dei peperoni di taglia modesta, sei sette centimetri di diametro al massimo, di forma globosa e molto rincagnata, particolarmente sodi ed adatti ad essere conservati conzati sotto aceto. La loro “morte” naturale è nell’insalata di rinforzo o aggiunti a pezzi nella padella della carne di maiale ormai quasi a cottura.
Come cuspide dicevo del cavolfiore della ‘nzalata di rinforzo, ce ne vuole una piccola, rossa e forte… è quasi d’ obbligo, come la “mela ‘n bocca ‘o puorco”… di cui parleremo un’altra volta.
Piantato il centro del monumento, tutto il resto del piatto è libero per la decorazione, affidata all’estro artistico del preparatore che cercherà di farne una composizione il più sgargiante ed appetitosa possibile. Con quali ingredienti?...
Ancora papaccelle ed altri peperoni sott’aceto o sott’olio, tenuti interi o tagliati a listarelle o in altre forme, olive di ogni tipo e colori, funghetti sott’olio, verdure sott’aceto, cetriolini, carciofini, carotine, cipolline…
E perché no?... Natale è celebrazione di un evento passato ma anche immagine di attualità come il Presepe a Napoli ci insegna, prodotti della nuova globalizzazione e contaminazione culturale…
Ed allora chi più ne ha più ne metta! pannocchiette di mais, cuori di palma, punte di asparagi conservati in scatola, granellini di mais, germogli di soia e, come si suol dire… tutto quanto fa spettacolo.
Una ‘nzalata di rinforzo squillante di colori, elegante di disegno, accattivante di profumi… probabilmente non sarà squisitissima. alla vigilia di Natale, ma porterà tanta allegria in più… ed è quello che deve fare!
Il sapore lo conquisterà poco alla volta, da domani, quando l’altezzoso aristocratico trofeo centrale sarà diviso in più modesti fiocchetti di verdura ed andrà a mescolarsi con gli altri ingredienti, capperi e carotine, funghetti acidulati ed olive conze… ed i pochi filetti di acciughe sopravvissuti.
Domani la nostra insalata sarà migliore, quando gli aromi dei molti ingredienti si saranno fusi in casto connubio ad assumere nuovo gusto, una nuova identità.
Diventerà più buona, la nostra insalata, come più buone sono le cose fatte in comunione d’intenti, in ricerca di armonia, e se possibile, di perfezione.
Lucio Musto 27 dicembre 2011